“Gioco d’azzardo. Fattispecie delittuose, criminalità organizzata, ludopatie e diritto europeo” di Laura Piras

Avv. Laura Piras, Lei è autrice del libro Gioco d’azzardo. Fattispecie delittuose, criminalità organizzata, ludopatie e diritto europeo edito da Giuffrè Francis Lefebvre: quale disciplina penale riceve, nel nostro ordinamento, il gioco d’azzardo?
Gioco d'azzardo. Fattispecie delittuose, criminalità organizzata, ludopatie e diritto europeo, Laura PirasMi preme innanzitutto, ringraziarvi per questo spazio, che non solo mi permette di fare conoscere la mia opera, ma che mi lusinga enormemente per l’inaspettato interesse prestato al mio lavoro che ha visto la luce durante il periodo di lockdown.

Bisogna tenere presente, in primo luogo, che la maggiore difficoltà che ho incontrato nella redazione di questo testo, relativa ad un argomento così attuale eppure così complesso, ha riguardato proprio la frammentazione delle fonti. Ciò nel senso che, sia a livello nazionale che internazionale, la materia è parcellizzata in varie leggi, statali o regionali, o comunque in direttive comunitarie.

Il problema fondamentale, sul punto, tuttavia, è che tali fonti normative non sono mirate alla specifica regolamentazione del gioco; anzi, spesso, la materia è trattata e, dunque, regolata, da norma inserite in leggi finanziarie.

Sotto il profilo codicistico, infatti, ed in maniera più sistematica, la materia è regolata dagli artt. 718 e seguenti del codice penale. Ma si ricorda che le fattispecie ivi previste hanno natura meramente contravvenzionale. La conseguenza è che la disciplina fornita dal nostro codice sostanziale serve a risolvere delle ipotesi, per così dire, meno gravi.

Ecco perché, nel tempo, si è resa necessaria, anche in ragione del modificarsi del gioco e delle sue estrinsecazioni pratiche, una disciplina specifica che riguardasse anche il gioco telematico ed, in generale la punizione di tutte quelle condotte relative ad attività organizzate all’esercizio illegale del gioco, come, quelle previste e punite dall’art. 4, L. n. 401/1989.

Sulla base di tali fonti di natura statale, si innesca poi tutta la legislazione regionale, ben più specifica, che si occupa, per lo più, di “contenere” il gioco sul territorio. In particolare, stabilendo le dimensioni delle sale gioco, ad esempio, o la distanza dai c.d. “luoghi sensibili”, come scuole, chiese, parchi o, addirittura, banche ed istituti di credito che possano fornire denaro contante per il gioco.

Esiste un gioco d’azzardo non vietato?
Certamente. In Italia solo lo Stato può esercitare legalmente il gioco d’azzardo.

Vi è una previsione legislativa, contenuta nell’art. 1, D. Lgs. n. 496/1948 che dispone proprio che l’organizzazione e l’esercizio dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici per i quali venga corrisposta una ricompensa di qualunque natura e per la cui partecipazione sia richiesta una somma di denaro sia, per l’appunto, riservata allo Stato.

Vorrei fare, sul punto, una piccola precisazione. Ed infatti, dobbiamo distinguere il gioco d’azzardo “non vietato” dal gioco d’azzardo “legalmente disciplinato”.

Conosciamo bene, quest’ultimo: il gioco d’azzardo legalizzato. Si tratta di tutti quei giochi che lo Stato esercita direttamente o indirettamente, come ad esempio il Lotto, l’Enalotto, la vendita di Gratta e vinci, le lotterie, o i giochi legati alle ”macchinette” delle sale gioco.

È da considerarsi non vietato, seppure in astratto lo sia, e quindi costituisce una deroga alla disciplina penale, proprio per la natura insita al tipo di gioco, l’esercizio del gioco d’azzardo all’interno delle case da gioco presenti sul territorio nazionale o sulle navi da crociera in fase di navigazione.

Ebbene, in Italia ci sono quattro Casinò: quello di Saint Vincent, quello di Campione d’Italia, quello di Sanremo e quello di Venezia. In esse il gioco si svolge regolarmente, come detto, in deroga alle previsioni codicistiche.

Con riguardo alle navi da crociera, la ragione per cui lo Stato Italiano ha ritenuto di voler “permettere” un’eccezione alla regola di cui agli artt. 718 e seguenti del codice, è da rinvenirsi nella necessità di non penalizzare tale settore turistico dal punto di vista economico. Subirebbe, infatti, ingenti danni ove non si potesse svolgere il gioco, atteso che in tutte le navi da crociera di qualunque bandiera vi sono Casinò.

Quali sono i titoli abilitativi per il gioco lecito?
Premesso, come già detto, che il gioco d’azzardo è appannaggio statale, deve però considerarsi che l’organizzazione e l’esercizio del gioco d’azzardo pubblico è affidato al Ministero delle Finanze che può effettuarne la gestione o direttamente o tramite concessionari. Si pensi, ad esempio, al gioco del Lotto o dei “Gratta e vinci”, i quali sono assegnati a società affidatarie.

Affinchè, tuttavia, tali soggetti (persone fisiche, ma per lo più giuridiche) possano risultare concessionarie del gioco pubblico, sono necessari dei titoli abilitativi.

Si tratta, innanzitutto, della licenza del Questore, prevista dagli artt. 86 e 88 del Testo Unico di pubblica sicurezza, che viene concessa in esito alla verifica della sussistenza di particolari requisiti oggettivi e soggettivi in capo al richiedente.

Il secondo titolo è rappresentato dall’autorizzazione comunale, rilasciata dal Sindaco, che prevede specifiche restrizioni o modalità di estrinsecazione dell’attività di gioco.

Ancora, sono richiesti dei nulla osta dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ex art. 38, L. 388/2000, riguardanti gli apparecchi e i congegni individuati dall’art. 100 T.U.L.P.S., per intenderci, si tratta delle “macchinette” che, normalmente si trovano nelle sale gioco.

Le stesse, nello specifico, devono essere dotate di certificazioni attestanti, da un lato, la loro conformità agli standard previsti dal ministero, e dall’altro, la loro messa in esercizio.

Infine, si è richiesta l’obbligatoria iscrizione degli esercenti il gioco pubblico all’interno di un registro nazionale. La stessa, peraltro, è imprescindibile non solo per i nuovi operatori, ma anche per quelli già in esercizio.

Quanto è vasto il fenomeno del “radicamento” mafioso nel settore del gioco lecito e illecito in Italia?
Inutile dire, perché appare facilmente comprensibile, come il settore del gioco d’azzardo solletichi l’appetito della criminalità organizzata in ragione degli ingenti guadagni ad esso collegati.

Nondimeno, si deve precisare che l’infiltrazione delle organizzazioni di stampo mafioso in questo ambito si manifesta in vari modi, sia attraverso la commissione diretta di reati di esercizio di gioco d’azzardo o esercizio abusivo di attività di gioco o scommessa, sia attraverso la commissione di reati connessi al gioco, con il fine precipuo di “guadagnare” attraverso il gioco. Si tratta, ad esempio, dei reati di usura, estorsione, riciclaggio, autoriciclaggio, match fixing.

Cosa stabilisce la giurisprudenza più recente in relazione al disturbo da gioco d’azzardo e imputabilità?
In generale, vi è da dire che poca è la giurisprudenza di legittimità sul punto, perché, attesa la difficoltà di riconoscere il vizio di imputabilità connesso al disturbo da gioco d’azzardo, ancora la maggior parte dei procedimenti si conclude in primo grado con patteggiamenti, abbreviati e, raramente la difesa giunge ad affrontare un dibattimento.

Ad ogni modo, affinchè il disturbo da gioco d’azzardo possa costituire elemento scriminante della condotta criminosa, è necessario che lo stesso sia causa della condotta e sia necessariamente legato all’evento del reato. Per fare un esempio pratico, la Corte ritiene che vi sia immediata incidenza causale solo laddove il soggetto agente commetta il reato al fine di procurarsi con ogni modo il denaro per il gioco, non potendo resistere all’impulso di giocare. Si tratta, in questi casi, di una vera e propria patologia di cui soffre il soggetto e che dirige la sua attività criminale.

In che modo la legislazione vigente tutela i soggetti minorenni dal rischio del gioco patologico?
L’argomento minori e gioco è molto più complesso e pericoloso di quanto si pensi.

Oggi con la miriade di contatti tra il minore (alle volte poco più che bambino) e i demo o i giochi di ruolo che instillano la resistenza e la voglia di rischiare, nel giovane si crea una sorta di normalità nell’esercizio dell’azzardo.

Per questo motivo, la legislazione nazionale e internazionale, sul punto, è intervenuta in maniera piuttosto restrittiva, vietando qualunque tipo di pubblicità relativa al gioco nell’ambito di trasmissioni dirette ad un pubblico minore o all’interno di programmi in cui siano presenti minori.

Agli stessi è altresì vietato fare ingresso nelle sale gioco o giocare, in quanto è richiesta la tessera sanitaria per l’attivazione delle macchinette.

Nella prassi, nondimeno, si verifica piuttosto spesso, e ciò emerge da statistiche ho consultato, che i minori siano ammessi a giocare nelle sale gioco, contravvenendo alle disposizioni di legge.

Quali questioni solleva la compatibilità tra diritto europeo e diritto interno in materia di gioco d’azzardo?
Quest’ultimo argomento è molto “caldo”. Nel corso quasi dell’ultimo ventennio, infatti, la nostra Corte di legittimità si è scontrata con la Corte di Giustizia in materia di gioco d’azzardo. La quaestio è stata diretta ad accertare la compatibilità della legislazione nazionale con gli articoli 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

La cosa è di non poco conto, perché i principi di cui stiamo parlando riguardano le famose libertà “di stabilimento” e “di prestazione di servizi” all’interno dell’Unione Europea, principi cardine del Trattato. In poche parole, ciò che la Corte di Giustizia ha criticato alla legislazione italiana è stato che la stessa fosse eccessivamente restrittiva in ordine al gioco e alla possibilità che nuovi operatori di gioco esteri potessero prestare la propria attività in Italia.

Di contro, la Cassazione ha risposto, con un ordinamento ormai consolidato, che la ragione di tali restrizioni è fondata su ragioni di ordine pubblico, al fine di prevenire infiltrazioni criminali nel settore del gioco nonché tutelare il giocatore anche sotto il profilo della salute.

Diciamo, che lo Stato italiano nel tempo ha mirato a “proteggere” gli operatori nazionali anche se, il più delle volte la vera ragione, sottesa al divieto o alla restrizione, riguarda ragioni di natura economica, atteso che l’ingresso di nuovi operatori, magari stabiliti all’estero farebbe “migrare” ingenti quantità di denaro in altri paesi, con la conseguente notevole perdita di entrate fiscali.

Laura Piras, avvocato penalista a Palermo, è autrice di testi in materia di diritto e procedura penale. Scrive per Giuffrè su Diritto&Giustizia e Il Penalista e collabora con Dike, ogni anno, per l’aggiornamento del codice annotato di procedura penale. Nel 2019 ha preso parte, con un proprio contributo, nel testo “Il Codice rosso” edito dalla Dike. Ha, inoltre, pubblicato con Key Editore, Il proscioglimento dell’imputato per particolare tenuità del fatto e Nuovi illeciti civili, abolitio criminis e depenalizzazione e, per La Nuova Giuridica, La nuova riforma del sistema penale.

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