“Gesù e la Sindone. Risposte scientifiche alle domande dei giovani” di Emanuela Marinelli e Marco Fasol

Prof.ri Emanuela Marinelli e Marco Fasol, Voi siete autori del libro Gesù e la Sindone. Risposte scientifiche alle domande dei giovani edito recentemente da Aracne. Innanzitutto: la Sindone è davvero il lenzuolo funebre di Gesù?
Gesù e la Sindone. Risposte scientifiche alle domande dei giovani, Emanuela Marinelli, Marco FasolSu questo pezzo di stoffa rettangolare, grande oltre quattro metri per un metro, si scorge una doppia figura umana, frontale e dorsale. Quest’uomo viene chiamato convenzionalmente “Uomo della Sindone”. Ma tutto fa pensare che si tratti proprio di Gesù. C’è una perfetta coincidenza tra le narrazioni dei quattro Vangeli sulla Passione di Cristo e quanto si osserva sulla Sindone, anche riguardo ai particolari “personalizzati” del supplizio: la flagellazione come pena a sé stante, troppo abbondante per essere il preludio della crocifissione (120 colpi invece degli ordinari 21); la coronazione di spine, fatto del tutto insolito; il trasporto del patibulum, la trave orizzontale della croce; la sospensione alla croce con i chiodi invece delle più comuni corde; l’assenza di crurifragio; la frattura delle gambe per accelerare la morte; la ferita al costato inferta dopo la morte, con fuoruscita di sangue e siero; il mancato lavaggio del cadavere per la morte violenta, che prevedeva la conservazione del sangue; l’avvolgimento del corpo in un lenzuolo pregiato; la deposizione in una tomba propria invece della fine in una fossa comune; il breve tempo di permanenza nel lenzuolo.

Prof. Fasol, il racconto dei Vangeli è storicamente attendibile?
Sì, è storicamente attendibile soprattutto per questi motivi: a) I manoscritti dei Vangeli sono antichissimi, risalgono anche a pochi decenni dagli eventi (Papiro 7Q5, Papiro Rylands, Papiro Bodmer II, Chester Beatty II ….) e sono più di quindicimila (5.300 manoscritti greci, 8 mila manoscritti latini, 2-3 mila in armeno, copto, siriaco …)! Tutti concordanti nel testo, anche se con errori ortografici degli amanuensi, errori che comunque non intaccano mai la sostanza dei racconti. Si pensi che per gli autori pagani abbiamo generalmente solo poche decine di manoscritti (11 per Platone, 1-2 per Tacito …) e a 400 – 600 anni di distanza dall’originale (per Platone 1.300 anni di distanza). b) Il sottofondo del testo greco dei Vangeli risente dell’aramaico (variante dialettale dell’ebraico, lingua scritta), la madre lingua parlata da Gesù. I Vangeli contengono 26 parole aramaiche, 130 parallelismi antitetici (stilema tipico dell’ebraico), 100 passivi teologici, assonanze e ripetizioni … tutte strutture morfosintattiche estranee al greco e tipiche di una predicazione unica e originale di Gesù. Denotano che i Vangeli sono stati scritti da testimoni oculari della predicazione aramaica di Gesù. c) La concatenazione degli eventi: ci concentriamo sulla risurrezione di Gesù, il cardine della fede cristiana. È accaduta davvero? Gli storici applicano il criterio della spiegazione necessaria: abbiamo una prima certezza storica: Gesù è stato crocifisso, lo confermano anche Tacito e Giuseppe Flavio, oltre a tutti i 27 libri del Nuovo Testamento. Poi abbiamo un’altra certezza storica: i discepoli a partire dal terzo giorno dopo la crocifissione, sono andati in tutto il mondo a predicare che quel crocifisso, morto e sepolto, come un perdente e uno sconfitto, era vero Dio! Un capovolgimento così improvviso e radicale, dalla tragedia del Venerdì Santo all’annuncio in tutto il mondo a costo della vita (molti sono morti martiri) esige come spiegazione che i discepoli abbiano davvero incontrato il Risorto, che ha spiegato loro le Scritture e ha dimostrato la propria vittoria sulla morte. Solo gli incontri personali del Risorto con i discepoli rendono comprensibile il capovolgimento dallo scoraggiamento del Venerdì Santo all’annuncio della Divinità di quel crocifisso. Se si togliesse la risurrezione non si capirebbe niente della storia successiva. Senza la risurrezione non si spiega la sequenza degli eventi.

Professore, nei Vangeli si parla della Sindone?
Sì, tutti e tre i Vangeli Sinottici riportano che il corpo di Gesù venne calato dalla croce, avvolto in un lenzuolo (Sindon) e posto nel sepolcro appartenente a Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del Sinedrio. Matteo precisa che la Sindone era kathará, cioè non solo “pulita” ma anche ritualmente “pura”. L’evangelista Giovanni usa invece altri termini, soudarion e othonia; il primo termine indica probabilmente un tessuto di dimensioni modeste, per avvolgere il capo, mentre il secondo è un plurale che allude ai teli che hanno avvolto il corpo del Signore defunto. Nel Vangelo di Giovanni si racconta poi dell’arrivo al sepolcro di Pietro e Giovanni il mattino della risurrezione: essi ritrovano i lini sepolcrali nella tomba ormai vuota.

Prof.ssa Marinelli, cosa hanno rivelato le più recenti ricerche condotte sulla Sindone?
La Sindone acquistata da Giuseppe d’Arimatea doveva essere un lino di grande valore, che forse si trovava presso il Tempio di Gerusalemme: tessuti di bisso, ovvero di lino finissimo, erano reperibili nel Santuario per le necessità delle vesti dei leviti sacerdoti e per i velari del tempio. Queste preziose stoffe provenivano anche dall’India. Nel pomeriggio dello Yom Kippur il Sommo Sacerdote si vestiva di pregiato lino indiano.

Interessante l’identificazione su campioni sindonici, da parte del genetista Gianni Barcaccia dell’Università di Padova, di notevoli tracce di DNA tipico delle popolazioni dell’India (38,7%). Il DNA dell’Europa è solo il 5,7%. Sono state trovate cospicue tracce anche di DNA mediorientale (55,6%).

La paleografa Ada Grossi sottolinea che l’uomo ricco di Lc 16,19 indossa vestiti di porpora e di lino finissimo: questi due, infatti, erano i più preziosi tessuti disponibili. Secondo la biblista Maria Luisa Rigato, il lino raffinato era quanto di meglio ci fosse come tessuto pregiato, carico di simbolismo: si trattava di un omaggio al Re dei Giudei.

Sulla Sindone c’è vero sangue?
L’aspetto delle tracce rosse evidenti sulla Sindone corrisponde ai caratteri delle macchie di sangue su stoffa. Gli studi condotti con tecniche avanzate su materiale prelevato nel 1978 hanno portato a risultati significativi: nel 1981 due scienziati statunitensi, il biofisico John H. Heller e il biochimico Alan D. Adler, e uno italiano, il medico legale torinese Pierluigi Baima Bollone, giunsero indipendentemente tra loro a dimostrare che le tracce rosse esistenti sulla Sindone sono formate da sangue.

Le macchie sono di un colore rosso vivo, apparentemente strano per il sangue antico; ma ciò si spiega con la presenza di bilirubina in gran quantità, indice che la persona da cui esso proviene poco prima della morte era stata fortemente traumatizzata. Inoltre nel sangue sindonico è presente metemoglobina, una forma di emoglobina fortemente ossidata, tipica del sangue antico.

Lo spettro Raman di una micro-sostanza posta su una fibra della Sindone ha rilevato la presenza di un composto derivato da biliverdina, un prodotto ossidativo del sangue. L’analisi “Energy dispersive spectroscopy (EDS)” del campione conferma la composizione. Un trauma produce biliverdina per la degradazione dell’emoglobina nel sangue. Pertanto risulta che l’Uomo della Sindone fu duramente torturato.

I fili di alcune zone adiacenti alle macchie di sangue sono rivestiti di una sostanza proteica giallo oro, che è risultata siero. Ciò è stato confermato anche dalle fotografie all’ultravioletto che mostrano aloni di siero, invisibili a occhio nudo, attorno alle tracce della flagellazione e ai margini dei coaguli di sangue.

L’immagine sindonica può essere stata prodotta con mezzi artificiali da un falsario artista?
L’immagine è un ingiallimento della stoffa dovuto a una degradazione del lino, che risulta ossidato e disidratato. Non è stata prodotta con mezzi artificiali. Non è un dipinto né una stampa: sulla stoffa è assente qualsiasi pigmento. Non è il risultato di una strinatura – una bruciatura superficiale – prodotta con un bassorilievo riscaldato: le impronte così ottenute passano da parte a parte, tendono a sparire, hanno diversa fluorescenza e non hanno le stesse caratteristiche tridimensionali della Sindone. Non è nemmeno il risultato dell’uso di pigmenti acidi, che avrebbero alterato la stoffa per uno spessore maggiore e avrebbero interferito con il sangue.

Neanche un genio come Leonardo da Vinci avrebbe potuto realizzare un oggetto complesso come la Sindone. Comunque, quando la Sindone viene consegnata alla famiglia Savoia (22 marzo 1453), Leonardo era ancora nella culla e la reliquia era in Francia da almeno un secolo. Nessuno è riuscito a riprodurre in laboratorio le caratteristiche dell’immagine.

Gli esperimenti più interessanti sono quelli che sono stati condotti presso l’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) di Frascati (Roma), dove alcune stoffe di lino sono state irradiate con un laser a eccimeri, un apparecchio che emette una radiazione ultravioletta ad alta intensità. I risultati, confrontati con l’immagine sindonica, mostrano interessanti analogie e confermano la possibilità che l’immagine sia stata provocata da una radiazione ultravioletta direzionale. Secondo alcuni scienziati, l’immagine presente sulla Sindone potrebbe essere stata causata dall’energia sprigionatasi all’interno del corpo di Cristo al momento della risurrezione.

Quando e come prende piede la teoria del falso medievale?
Nel 1389 Pierre d’Arcis, vescovo di Troyes, indirizzò all’antipapa Clemente VII una lunga lettera, in cui affermava che la prima ostensione della Sindone a Lirey, che egli diceva fosse avvenuta intorno al 1355, era stata fatta senza l’autorizzazione di Henri de Poitiers, suo predecessore come vescovo di Troyes. Questi aveva, perciò, provveduto a condurre un’indagine. Esperti teologi e uomini di fiducia gli avevano assicurato che la Sindone di Lirey non poteva essere autentica, perché se sul lenzuolo funebre di Cristo fosse stata visibile un’impronta, i Vangeli ne avrebbero senz’altro parlato. Inoltre, che essa fosse falsa lo aveva avvalorato la dichiarazione del pittore stesso che l’aveva dipinta. D’Arcis non portava però documenti e prove per le sue affermazioni, che ormai sappiamo infondate.

La teoria del falso medievale ha ripreso vigore nel 1988, quando la Sindone all’analisi radiocarbonica è risultata tessuta nello spazio d’anni tra il 1260 e il 1390 d.C. Nel 2017 è stato possibile ottenere dal British Museum i dati grezzi di quel test, che sono stati sottoposti ad analisi statistica da Tristan Casabianca, ricercatore francese, insieme a Benedetto Torrisi, docente di Statistica economica all’Università di Catania, Giuseppe Pernagallo, data analyst, e alla sottoscritta. I risultati sono stati pubblicati nel 2019 su Archaeometry, rivista dell’Università di Oxford. Questa ricerca conferma in modo inequivocabile la disomogeneità dei conteggi del radiocarbonio usati per la datazione, probabilmente a causa di un contaminante non rimosso dalle operazioni di pulizia preliminari. Lo schema campionario non fornisce una rappresentatività statistica del telo. L’eterogeneità tra le misure fornite dai diversi laboratori dipende dal punto in cui i pezzetti di tessuto sono stati tagliati. I dati grezzi mostrano chiaramente le disomogeneità dei risultati tra i tre laboratori. L’eterogeneità dei dati conduce ad affermare che la datazione del 1988 non sia corretta.

Perché la Sindone si trova a Torino?
Nel 1578 san Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, voleva andare in pellegrinaggio a piedi fino a Chambéry, in Francia, per venerare la Sindone e sciogliere un voto fatto per la liberazione di Milano dalla peste del 1576. Per risparmiargli la fatica e i rigori di un viaggio al di là delle Alpi, il duca Emanuele Filiberto di Savoia, che era proprietario della reliquia, fece trasferire il lenzuolo a Torino.

Qual è la posizione ufficiale della Chiesa sulla Sindone?
La teca metallica che custodisce la Sindone è coperta da un drappo ricamato su cui si legge: Tuam Sindonem veneramur, Domine, et Tuam recolimus Passionem, “veneriamo la Tua Sindone, o Signore, e meditiamo sulla Tua Passione”. La Chiesa, dunque, propone la Sindone come una reliquia autentica, per la quale esiste anche una festa liturgica, il 4 maggio. Ovviamente l’autenticità della Sindone non è un dogma di fede, quindi i cattolici sono completamente liberi di credere o non credere che sia appartenuta a Gesù; anche perché accettare che il venerato Lino sia il lenzuolo funebre di Cristo non ha niente a che vedere con la fede. Gesù è esistito come personaggio storico e la conservazione del suo telo funerario può benissimo essere ammessa da un ateo.

Professoressa, ha nuovi progetti editoriali in cantiere?
Il prossimo mese di giugno uscirà con le Edizioni Ares un mio nuovo testo, di cui sono curatrice e in parte autrice: “Nuova luce sulla Sindone”. Il volume conterrà altri interessanti risultati in merito alle ricerche, sia scientifiche che storiche, e alcune meditazioni spirituali. E già sto pensando a un altro libro…

Emanuela Marinelli è laureata in Scienze Naturali e Geologiche. Ha tenuto lezioni sull’Iconografia Cristiana alla LUMSA e sull’Iconografia di Cristo all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Ha scritto venti libri sulla Sindone. È Medaglia d’Oro al merito della Cultura Cattolica e Cavaliere della Repubblica. Marco Fasol, laureato in Filosofia e diplomato in Scienze Religiose, è docente e saggista. Le sue pubblicazioni riguardano l’attendibilità dei Vangeli canonici in base alle scienze storiche, la rivoluzione etica dell’amore cristiano rispetto all’eros greco, gli aspetti filologici dei vangeli apocrifi. Insieme hanno scritto Luce dal sepolcro (Fede&Cultura 2015) e Gesù e la Sindone (Aracne 2020).

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