
Nel 1575 il poema tassiano, allora chiamato Goffredo, aveva raggiunto un sufficiente grado di elaborazione per poter essere letto alla presenza di Alfonso II d’Este, ma nei due anni successivi il poeta lo corresse ampiamente, in parte accogliendo in parte respingendo le osservazioni fattegli da un gruppo di letterati e amici al cui giudizio aveva sottoposto l’opera. Durante la dolorosa permanenza nell’ospedale di Sant’Anna, il lavoro di revisione venne abbandonato, ma ormai il testo circolava autonomamente in varie edizioni non autorizzate, tra le quali quella curata nel 1581 da Angelo Ingegneri che trasformò il titolo in Gerusalemme liberata, poi consueto. Paradossalmente, il più scontento del successo di pubblico fu proprio l’autore, il quale continuò a ritenere il suo poema per vari aspetti non conforme alla temperie morale-religiosa che si stava affermando a seguito della Controriforma: anche per questo, Tasso non licenziò mai una redazione definitiva della Liberata e si accinse a un lavoro di riscrittura che portò alla Gerusalemme conquistata, opera pubblicata a Roma nel 1593 ma senza grande successo.
Il filo degli avvenimenti ricalca quello di un’opera dello storico Guglielmo di Tiro, Chronica rerum in partibus transmarinis gestarum (‘Cronaca dei fatti avvenuti oltremare’), resoconto autorevole sulle vicende delle crociate, già scelto da Tasso come riferimento al tempo della composizione giovanile dell’incompiuto Gierusalemme. Ma il poeta, sulla base delle teorie espresse nei suoi Discorsi, arricchisce questo filo narrativo con molti altri elementi. In primo luogo pone l’intera vicenda sullo sfondo di una lotta soprannaturale tra Dio e il diavolo, i quali intervengono in vario modo, anche col soccorso di angeli e demoni. Il diavolo tenta fra l’altro di disgregare l’unità dell’esercito cristiano facendo leva su due passioni: l’orgoglio e l’amore. L’orgoglio rende alcuni guerrieri cristiani ribelli all’autorità di Goffredo. L’amore, incarnato dalla bella e sensuale maga Armida, distoglie molti cristiani (tra i quali il valorosissimo Rinaldo) dal loro sacro dovere. L’impresa di Goffredo non consiste quindi solo nel combattere il nemico ma anche nel tenere unito il suo esercito: soltanto quando anche Rinaldo verrà strappato ai piacevoli ma peccaminosi ozi nell’isola incantata, dove è stato condotto dalla maga Armida, l’esercito cristiano potrà finalmente conquistare Gerusalemme.
Nella Gerusalemme liberata molti critici hanno riconosciuto forti contrasti, in primo luogo quello tra genere epico e genere romanzesco: il genere epico si fonda sull’esempio dei grandi poemi dell’antichità (l’Iliade, l’Eneide), quello romanzesco sull’esempio moderno di Ariosto, che rimane implicitamente attivo, sebbene esplicitamente venga negato. All’interno dell’opera si crea poi una tensione tra la ricercata unità del racconto, incentrato sull’impresa di Goffredo, e la sua varietà, le avventure individuali dei singoli guerrieri; su un altro piano, vi è un contrasto tra l’unità e la varietà dei luoghi, con Gerusalemme, centro fisso dell’azione epica, e una molteplicità di luoghi teatro di avventure di singoli personaggi: la selva di Saron, infestata dai demoni, la caverna di un mago, il giardino e il palazzo di Armida, ecc. A livello di contenuti, si riscontra un’opposizione tra i valori cavallereschi – la ricerca dell’amore e della gloria individuale, perseguita anche dai pagani – e i valori cristiani – l’ascetismo, la subordinazione all’autorità, la riconquista dei luoghi santi, ecc. Tasso, in ossequio alla nuova spiritualità controriformista, alla fine sembra mostrare la subordinazione dei valori cavallereschi a quelli epico-cristiani: tuttavia le contraddizioni irrisolte restano evidenti in molti passi, e ciò ha fatto sempre considerare la Gerusalemme un poema in cui vengono proposti personaggi dalla sensibilità o addirittura dalla psicologia già moderna, dai contrasti laceranti.
Lo stesso autore segnala, in una delle ottave del Proemio, un ulteriore contrasto, quello tra l’ammaestramento contenuto nel poema, che è austero e veritiero, e la sua forma invece retoricamente elaborata e in un certo senso falsa, come un «fregio» intessuto sopra la verità. Per giustificarsi, Tasso riprende un paragone coniato dal poeta latino Lucrezio: il contenuto etico del poema sarebbe paragonabile all’amara medicina che viene propinata al bambino malato grazie a un dolce sciroppo (la bella forma) che lo aiuti a inghiottirla: «Così a l’egro [‘malato’] fanciul porgiamo aspersi / di soavi licor [‘dolci sciroppi’] gli orli del vaso [‘bicchiere’]: / succhi amari ingannato intanto ei beve, / e da l’inganno suo vita riceve» (I, 3). Indirettamente però questa spiegazione mostra ancora una volta le difficoltà sentite da Tasso per conciliare elementi contraddittori. Di fatto, quasi tutti gli interpreti sin dal Cinque-Seicento (e soprattutto nel periodo romantico) hanno notato che il messaggio morale che ricaviamo dalla Gerusalemme liberata è ambiguo: essa celebra da una parte l’ascetismo cristiano e il valore guerriero, ma dall’altro i suoi versi più memorabili sono quelli che esaltano l’amore, la bellezza, il piacere.
Sulla base di quanto detto sopra, è importante sottolineare la valenza esemplare e insieme le contraddizioni dei personaggi del poema. Per esempio, i valori epico-cristiani si incarnano nella figura dell’eroe Goffredo di Buglione, uomo guidato da Dio, moderato e ricco di pietas (virtù già di Enea, in cui si sommano fede e umanità), con un fortissimo senso della propria missione; quelli cavallereschi invece si incarnano in Rinaldo, personaggio inventato da Tasso e presentato come antenato degli Este, giovane guerriero italiano valoroso ma anche irruento, indisciplinato e orgoglioso. Entrambi questi personaggi sono però necessari alla conquista di Gerusalemme: il loro rapporto è quello che lega la ragione all’istinto, con l’istinto che non deve essere spento ma subordinato alla ragione.
Emblema delle seduzioni del piacere è il personaggio della maga pagana Armida: nei canti IV e V del poema essa è l’abile e fredda seduttrice che inganna un gran numero di guerrieri cristiani i quali, per seguirla, abbandonano la guerra e finiscono prigionieri nel suo castello. Ma Armida viene a sua volta sedotta da Rinaldo (canto XIV) e, benché sembri che egli sia tenuto prigioniero dalla maga nella sua isola, in realtà entrambi lo sono del loro reciproco amore. Teatro della loro passione è il giardino del palazzo di Armida, la cui descrizione (contenuta nei canti XIV-XVI) costituisce uno dei brani più famosi del poema, e un esempio tipico di manierismo letterario. Si tratta di un luogo di delizie in cui si mescolano natura e arte magica, un luogo in cui i piaceri sensuali dell’età dell’oro si realizzano ma inquinati da un senso di caducità e di peccato. Solo dopo che Rinaldo si sarà affrancato dalle malie di Armida e avrà portato il suo contributo decisivo alla conquista di Gerusalemme, e solo dopo che Armida si sarà dichiarata «ancella» fedele del guerriero, sarà possibile per i due amanti riconciliarsi (almeno nel finale dell’opera così come si legge nelle edizioni attuali).
Il campo pagano accoglie anche numerosi guerrieri di grande valore: fra questi spiccano Argante e Solimano. Se il primo rappresenta il combattente indomito e feroce, il secondo appare molto più sfaccettato e non privo di una grandezza tragica: non a caso, sarà proprio sotto il suo sguardo che la battaglia finale per la conquista di Gerusalemme si rivelerà come un aspetto dell’«aspra tragedia dello stato umano» (canto XX), che coinvolge vincitori e vinti. Nonostante le differenziazioni ideologiche, quindi, il campo pagano si presenta ricco di eroi portatori di valori ‘multiformi’, che in parte sono venuti a mancare nell’‘uniforme’ campo cristiano.
In altri personaggi il contrasto tra etica e sentimento avrà come risultato un senso di malinconia. La malinconia caratterizza il personaggio del valoroso guerriero cristiano Tancredi, innamorato di un amore impossibile per la bella guerriera saracena Clorinda. E la malinconia si trasforma in tragedia nell’episodio forse più celebre della Gerusalemme liberata (canto XII), quando Tancredi affronta in duello un misterioso cavaliere e riuscirà alla fine a vincerlo. Il nemico, che fino ad allora ha rifiutato di dire il suo nome, chiede, in punto di morte, di essere battezzato. Togliendogli l’elmo per amministrare il sacramento, Tancredi scopre che il cavaliere è l’amata Clorinda. La cupa ombra di un destino ineluttabile e nemico dell’amore avvolge definitivamente i due personaggi.
Le tante novità nei contenuti e nella rappresentazione dei personaggi non devono far dimenticare la solida strutturazione della Liberata, che un critico come Ezio Raimondi ha paragonato a quella di una tragedia in cinque atti. Nel rispetto dei canoni classici, ma anche con un gusto tipicamente manieristico nella rielaborazione dei particolari, Tasso costruisce un poema che ha un centro preciso nel canto XIII, quando Dio stesso interviene per mutare l’andamento della storia, facendo finalmente trionfare l’esercito cristiano. Se si confronta la Gerusalemme liberata con l’Orlando furioso, si nota che le due strutture sono assai diverse non solo per dimensione (venti canti contro quarantasei), ma anche per l’assenza nella prima degli interventi espliciti del narratore. Per non turbare la verosimiglianza del racconto, nella Liberata gli interventi sono in genere impliciti oppure si configurano come esclamazioni patetiche, che accrescono l’effetto emotivo (un altro aspetto del gusto manieristico). L’innovazione tonale più importante rispetto al poema di Ariosto sta comunque nel fatto che Tasso rinuncia quasi a ogni traccia di comicità e ironia. Infine, al posto dello stile ‘medio’ del Furioso, nella Liberata si trova il già citato stile ‘tragico’ o ‘magnifico’, caratterizzato da una lingua insolita e suggestiva, con un lessico ricco di latinismi e arcaismi e con una sintassi asimmetrica e frantumata.»
(tratto dal Manuale di letteratura italiana medievale e moderna di Alberto Casadei e Marco Santagata, Laterza)
Riassunto
Canto I
Dio volgendo lo sguardo all’esercito crociato, che già da sei anni combatte in Oriente, vede i principi impegnati solo a inseguire fini personali e a trascinare senza slancio la guerra, dimentichi del sacro obiettivo, la liberazione del Santo Sepolcro. Manda allora l’arcangelo Gabriele all’unico eroe rimasto puro, Goffredo di Buglione, perché dia nuovo vigore ai cristiani. Su proposta di Pier l’Eremita, Goffredo viene eletto capo supremo e passa in rassegna le forze. A Gerusalemme il re saraceno Aladino minaccia i cristiani che sono in città.
Canto II
I crociati muovono verso Gerusalemme e i saraceni si preparano alla difesa. Aladino sottrae al tempio cristiano l’immagine di Maria e la porta nella moschea, da dove però sparisce. Per evitare rappresaglie l’eroina cristiana Sofronia e Olindo si accusano del furto. Condannati al rogo sono salvati dalla guerriera saracena Clorinda che certa della loro innocenza li fa esiliare. Alete e Argante, ambasciatori del re d’Egitto, giungono al campo cristiano per dissuadere Goffredo dall’impresa. Goffredo non si dichiara disposto a rinunciare.
Canto III
Nascono i primi scontri in cui si distinguono fra i cristiani Tancredi e Rinaldo, tra i pagani la vergine Clorinda e il feroce Argante. Dall’alto delle mura la principessa Erminia, figlia del re di Antiochia e prigioniera dei cristiani, mostra ad Aladino i guerrieri crociati. Ella è segretamente innamorata di Tancredi che però la ignora, perché ama non corrisposto Clorinda. Per questo amore Tancredi viene meno anche ai doveri di guerriero e nello scontro con Clorinda è smarrito e tremante, ma la salva da un cristiano che stava per ucciderla. Intanto Argante uccide Dudone, uno dei capi crociati.
Canto IV
Satana manda in aiuto dei pagani le schiere infernali per seminare discordie nell’esercito cristiano. La bellissima maga Armida, strumento del demonio, giunta al campo crociato, fa innamorare di sé i guerrieri, e fingendosi scacciata dal trono di Damasco e perseguitata, chiede aiuto a Goffredo.
Canto V
La presenza di Armida suscita gelosie e contrasti, accesi anche dalle rivalità per la successione a Dudone. Gerlando e Rinaldo ambiscono alla carica e Rinaldo in uno scatto d’ira uccide il compagno, che l’ha calunniato, ed è costretto a fuggire. Molti dei più valorosi guerrieri, contro la volontà di Goffredo, seguono Armida per aiutarla a riconquistare il regno e finiscono prigionieri nel suo castello fatato sulle rive del mar Morto.
Canto VI
Argante vuole risolvere con un duello le sorti della guerra. Viene scelto per difendere l’onore cristiano Tancredi. Il sanguinoso scontro dura sino al calare della notte, quando gli araldi lo sospendono. Tancredi, incantato e distratto dalla vista di Clorinda, è ferito. Erminia che assiste dall’alto è preoccupata per lui e, indossate le armi di Clorinda, esce da Gerusalemme per recargli soccorso. Sorpresa da una pattuglia di crociati e scambiata per la guerriera saracena è costretta alla fuga.
Canto VII
Erminia si rifugia presso i pastori e Tancredi, credendo di inseguire Clorinda, giunge al castello di Armida e diventa suo prigioniero. Così alla ripresa del duello con Argante si presenta il vecchio Raimondo di Tolosa. Colpito a tradimento da una freccia, il duello si trasforma in un combattimento generale in cui i cristiani hanno la peggio anche perché danneggiati da una tempesta scatenata dai demoni.
Canto VIII
Giunge al campo cristiano Carlo e racconta la fine del re danese Sveno, che doveva portare aiuti ed è stato ucciso in un agguato dal sultano dei Turchi Solimano. La spada del re deve essere data a Rinaldo. Si diffonde intanto la notizia del ritrovamento del cadavere di Rinaldo e la furia Aletto sobilla Argillano ad accusare Goffredo della morte dell’eroe. Scoppia un tumulto che Goffredo riesce a domare con l’aiuto di un angelo guerriero.
Canto IX
Solimano assale il campo cristiano aiutato da Clorinda e Argante, si scatena una grande battaglia alla quale partecipano le forze infernali, che Goffredo, con l’intervento provvidenziale dell’arcangelo Michele, riesce a scacciare, e con l’arrivo dei cinquanta guerrieri prigionieri di Armida, tra cui Tancredi liberato da Rinaldo erroneamente creduto morto, mette in fuga i saraceni.
Canto X
Il mago Ismeno conduce su un carro nella reggia di Aladino lo sconfitto Solimano. Nel campo crociato i cinquanta guerrieri raccontano la loro prigionia nel castello di Armida e la liberazione ad opera di Rinaldo.
Canto XI
I cristiani per propiziarsi il favore del cielo fanno una processione sul monte Oliveto. Goffredo ordina l’assalto di Gerusalemme, che viene sospeso per il sopraggiungere della notte.
Canto XII
Nella notte Clorinda e Argante incendiano la grande torre mobile usata dai cristiani come mezzo d’assalto. Durante l’azione Clorinda viene affrontata e uccisa in duello da Tancredi, che la riconosce dopo averla ferita a morte e ha solo il tempo di darle il battesimo ch’ella chiede. Il vecchio tutore Arsete le aveva infatti rivelato le sue origini cristiane.
Canto XIII
Ismeno getta un incantesimo nella selva di Saron, che fornisce ai cristiani il legno per le macchine da guerra. I cavalieri cristiani non riescono a superare i fantasmi che popolano il bosco e le loro forze sembrano insufficienti. Una terribile siccità aggrava la situazione. Goffredo invoca l’aiuto di Dio che manda la pioggia.
Canto XIV
Dio manda a Goffredo una visione indicandogli in Rinaldo il guerriero capace di sciogliere gli incantesimi della selva. Carlo e Ubaldo sono mandati in cerca di Rinaldo. Il mago cristiano di Ascalona racconta loro dell’amore di Rinaldo e Armida.
Canto XV
Sulla nave della Fortuna essi varcano le colonne d’Ercole e giungono alle isole Fortunate nel mezzo dell’Oceano, dove Rinaldo e Armida vivono dimentichi di tutto nel castello della maga al cui centro v’è un giardino di eterne delizie. Carlo e Ubaldo guidati dal mago di Ascalona vincono mostri e insidie dei sensi e
arrivano nel palazzo di Armida.
Canto XVI
Qui trovano Rinaldo schiavo d’amore, al quale mostrano la sua immagine riflessa nello scudo adamantino che ha dato loro il mago di Ascalona. La semplice immagine della sua degradazione e pochi rimproveri bastano a far ravvedere l’eroe che lascia il giardino incantato. Non valgono le preghiere e le seduzioni di Armida, che sola e disperata resta sulla spiaggia dell’isola e poi per vendicarsi raggiunge l’esercito egiziano che a Gaza si prepara all’attacco decisivo contro i cristiani.
Canto XVII
Armida giunge a Gaza e chiede aiuto al califfo d’Egitto. Rinaldo riceve dal mago di Ascalona una nuova armatura e da Carlo la spada del re Sveno.
Canto XVIII
Tornato al campo, Rinaldo confessa le proprie colpe a Pier l’Eremita che gli impone un rito di purificazione sul monte Oliveto. Purificato, Rinaldo è pronto a sciogliere gli incantesimi della selva di Saron. I cristiani possono ora preparare nuove macchine e con esse l’assalto finale a Gerusalemme. Inviano nottetempo nel campo egizio in avanscoperta la spia Vafrino e all’alba sferrano l’attacco che si conclude con l’ingresso dei crociati in città.
Canto XIX
Tancredi e Argante si fronteggiano in un duello decisivo; il saraceno muore e il cristiano sviene per le numerose ferite. Lo soccorre amorevolmente e lo salva Erminia. La battaglia infuria dentro le mura della città e Solimano e Aladino trovano riparo nella torre di David.
Canto XX
L’esercito egiziano giunge sotto Gerusalemme e all’alba del nuovo giorno Goffredo dà inizio alla battaglia finale. Rinaldo fa strage di nemici, uccide anche Solimano uscito dalla torre. Ritrova Armida che vuole ucciderlo, ma poi fugge e tenta il suicidio. L’eroe la dissuade e si riconcilia con lei invitandola a farsi cristiana. Lo scontro è sempre più cruento, anche Tancredi vi partecipa. Raimondo da Tolosa espugna la torre di David e uccide Aladino. Quando Emireno, capo dell’esercito egiziano è ucciso da Goffredo, la battaglia ha termine. Goffredo può porre il simbolo della croce sulla città riconquistata e raccogliersi in preghiera sul Santo Sepolcro.