“Geopolitica del Caucaso russo. Gli interessi e l’influenza del Cremlino e degli attori stranieri nelle dinamiche locali nord caucasiche” di Giuliano Bifolchi

Dott. Giuliano Bifolchi, Lei è autore del libro Geopolitica del Caucaso russo. Gli interessi e l’influenza del Cremlino e degli attori stranieri nelle dinamiche locali nord caucasiche pubblicato da Sandro Teti Editore: quale importanza strategica riveste la Ciscaucasia?
Geopolitica del Caucaso russo. Gli interessi e l'influenza del Cremlino e degli attori stranieri nelle dinamiche locali nord caucasiche, Giuliano Bifolchi“Il Caucaso del Nord, conosciuto anche come Ciscaucasia, ricopre un ruolo fondamentale nello scacchiere geopolitico euroasiatico essendo un ‘ponte’ naturale tra Europa e Asia e al contempo una ‘frontiera’ tra il mondo cristiano ortodosso e quello musulmano.

Questa regione, a livello geografico, si estende tra il Mar Nero e il Mar Caspio ed è collegata non solo con il vicino Caucaso meridionale (Azerbaigian, Armenia, Georgia), ma anche con l’Asia Centrale e con il Medio Oriente. L’importanza strategica è data quindi dalla sua posizione geografica che mette in relazione il Caucaso settentrionale con la regione centro asiatica e mediorientale che ricoprono a loro volta un ruolo significativo nello scacchiere geopolitico, nelle dinamiche delle relazioni internazionali contemporanee e nel mercato energetico.

È proprio il ruolo di connettore euroasiatico a risaltare la centralità strategica del Caucaso del Nord visto che questo ‘ponte’ e ‘barriera’ naturale è situato in un’area geografica, l’Eurasia, il cui controllo secondo la teoria dell’Heartland di Halford Mackinder e del Rimland di Nicholas J. Spykman potrebbe favorire l’egemonia di una potenza a livello mondiale.

Inoltre, l’accesso al Mar Caspio e al Mar Nero tramite la Ciscaucasia conferisce alla Russia la possibilità di controllare il mercato energetico delle pipeline che si è sviluppato nella regione caspica (a cui punta anche l’Unione Europea perseguendo la propria strategia di sicurezza energetica), di influenzare quei paesi come Ucraina, Georgia, Turchia, Romania, Bulgaria nella regione del Mar Nero (grazie anche all’annessione della Crimea avvenuta nel 2014) che ricoprono un ruolo strategico per l’Alleanza Atlantica e accedere al Mediterraneo attraversando lo Stretto dei Dardanelli.”

Quali sono le cause dell’annoso problema dell’instabilità regionale?
“L’attuale instabilità regionale fonda le proprie radici nel processo storico, politico, e socioculturale che ha caratterizzato la regione e negli interessi degli attori locali e internazionali. Innanzitutto, quando parliamo di Caucaso del Nord ci riferiamo a una regione caratterizzata da una forte eterogeneità linguistica ed etnica che agli inizi degli anni ’90, a seguito della caduta dell’Unione Sovietica, ha dato vita ai movimenti di indipendenza e a scontri interetnici che fondano le radici nella politica di gestione dell’area del periodo zarista e sovietico.

Potremo far risalire le radici della precarietà attuale al periodo imperiale zarista e alla famosa Guerra Caucasica (1817-1864) che vide le popolazioni locali opporsi all’avanzata russa in una guerra prolungata terminata nella parte orientale nel 1859 con la sconfitta e cattura dell’Imam Shamil e nella parte occidentale con la definitiva sconfitta delle tribù circasse nel 1864. Un conflitto che è stato immortalato nella tradizione letteraria e nella cultura russa grazie alle opere di Aleksander Pushkin Il prigioniero del Caucaso, di Lev Tolstoj Hadji Murat e di Mikhail Lermontov Un eroe dei nostri tempi.

Anche in epoca sovietica la regione nord caucasica rappresentò un problema per la gestione centrale di Mosca e infatti il suo assetto amministrativo territoriale venne cambiato negli anni con susseguenti spostamenti di gruppi etnici locali in favore della popolazione di etnia russa o cosacca, fattori che sono alla base degli scontri interetnici esplosi proprio a seguito della caduta dell’Unione Sovietica.

Al processo storico-culturale dobbiamo unire, però, gli interessi strategici delle potenze regionali e internazionali che hanno cercato di utilizzare il Caucaso del Nord in funzione anti-Cremlino o come elemento destabilizzatore della politica interna russa. In questa ottica potremo vedere le strategie propagandistiche e l’attività delle organizzazioni non governative sovvenzionate dai paesi occidentali con l’obiettivo di diffondere nella regione i principi del capitalismo e della globalizzazione e dai paesi orientali con lo scopo di far affermare l’Islam politico, il Salafismo, l’ideologia dei Fratelli Musulmani e quindi reclutare tra le giovani generazioni di musulmani dei futuri studenti per le loro madaris (plurare di madrasa, scuola) o università islamiche.”

Quali interessi geopolitici si scontrano nel Caucaso del Nord?
“La storia ci insegna come questa regione è sempre stata il teatro di scontro tra diverse potenze regionali che proiettavano nel Caucaso del Nord i propri interessi geopolitici e desideri di espansione. Così come in passato tra il XVIII e il XIX secolo si scontrarono a livello militare l’Impero zarista con quello safavide e ottomano, ai giorni nostri la Russia deve ‘difendere’ i propri interessi da una Turchia la cui politica estera risulta essere ambigua considerando il fatto che Ankara è pur sempre un paese membro dell’Alleanza Atlantica e ospita una delle basi militari NATO più importante nella regione euroasiatica, e al contempo bilanciare i propri rapporti con l’Iran i cui investimenti nella regione nord caucasica potrebbero non solo migliorare l’economia locale, ma rafforzare maggiormente la cooperazione Mosca – Teheran nello scacchiere mediorientale. Se la Turchia ha rappresentato e continua a rappresentare un partner economico importante nel Caucaso settentrionale grazie ai propri investitori e a una presenza significativa di Diaspora nord caucasica sul suolo turco, l’Iran negli ultimi anni sta rafforzando la propria strategia con accordi di cooperazione economica e scientifica che guardano allo scacchiere geopolitico caspico.

Il Caucaso del Nord è stato interessato anche dalla Belt and Road Initiative (BRI) o Nuova Via della Seta della Cina, in special modo a livello turistico, che ha portato alcuni investitori cinesi ad avventurarsi nella regione non sempre con risultati ottimali causa la diffidenza della popolazione locale e lo scontro con un sistema economico ancora basato in alcune aree montane sulle attività di artigianato a conduzione familiare.

Come visto in precedenza, anche i paesi del mondo arabo-musulmano sono presenti nelle dinamiche locali nord caucasiche, fattore che da un lato allarma il Cremlino preoccupato che nella regione possano diffondersi ideologie e versioni di Islam ritenute pericolose per la sicurezza e la stabilità nazionale, ma dall’altro permette alla Russia di mantenere vivo e saldo il proprio rapporto con l’ecumene islamica e rafforzare così la propria politica estera.

Il tutto fa da cornice alla cosiddetta ‘Nuova Guerra Fredda’ che vede opporsi la Russia all’Unione Europea e agli Stati Uniti, in special modo dopo la Crisi Ucraina del 2014, con l’Occidente interessato al Caucaso settentrionale per i problemi della sicurezza e per quel che riguarda i diritti delle popolazioni locali utilizzati nella dialettica politica e nella propaganda mediatica come arma di contrasto al Cremlino.”

Quale importanza geopolitica riveste per la Russia il Caucaso del Nord?
“Il Caucaso del Nord è in grado di influenzare la politica interna ed estera del Cremlino e, citando le parole di Aldo Ferrari, rappresenta la frontiera russa ‘nella quale si verifica la tenuta geopolitica del paese, verso l’interno e verso l’esterno.’.

Perdere la regione nord caucasica è impensabile per la Russia di Putin e rappresenterebbe l’inizio di una possibile dissoluzione sulla scala di quella avvenuta nel 1991 con la caduta dell’Unione Sovietica. Infatti, una instabilità regionale potrebbe avere ripercussioni negative in altre zone del paese come la Repubblica del Tatarstan e del Bashkortostan oppure la regione del Volga-Urali (a maggioranza musulmana) innescando un processo di disgregazione inesorabile. George Friedman, ex operativo della CIA e fondatore della agenzia di Intelligence privata Stratfor nonché attuale direttore di Geopolitical Futures, ha sempre sostenuto che per destabilizzare la Federazione Russa si possa sfruttare lo scontento della comunità musulmana nord caucasica e le divisioni etniche regionali.

In politica estera, il Caucaso settentrionale rappresenta il ‘grimaldello’ del Cremlino nelle dinamiche del mondo arabo-musulmano e anche il ponte verso l’Asia Centrale, regione facente parte dello spazio post-sovietico importante sia a livello strategico che per le risorse energetiche ambite da Europa, Stati Uniti, Cina, Turchia e Iran.

Nel mio libro analizzo il ruolo del Distretto Federale russo del Caucaso del Nord (DFCN), entità composta dalle repubbliche di Dagestan, Cecenia, Inguscezia, Nord Ossezia-Alania, Cabardino-Balcaria, Caraciai-Circassia e dalla regione di Stavropol. È interessante vedere come la strategia russa si sia evoluta e abbia segnato un vero spartiacque quando nel 2010 è stato creato il DFCN separato dal Distretto meridionale russo (durante l’organizzazione dei Giochi Olimpici Invernali di Sochi 2014) ed è stata approvata al Strategia di sviluppo socioeconomico del DFCN per il 2025 volta a creare più di 400 mila posti di lavoro, attrarre investimenti diretti stranieri (FDIs) e sviluppare il settore logistico e turistico attraverso la costruzione di infrastrutture dedicate e collegate al progetto Kurorti Severnogo Kavkaza (resort del Caucaso del Nord). Una strategia che ha visto negli anni lo stanziamento di ingenti finanziamenti economici e voluta dal Cremlino proprio per l’importanza geopolitica del Caucaso del Nord inteso anche come hub logistico euroasiatico (è in questa prospettiva che si devono interpretare i recenti miglioramenti del porto di Makhachkala in Dagestan sul Mar Caspio).

Stabilizzare la regione è fondamentale per Mosca e le direttive perseguite sono quelle della sicurezza attraverso l’organizzazione di operazioni militari delle forze speciali volte a eliminare la rete terroristica locale e i possibili collegamenti con quella internazionale e la realizzazione di infrastrutture che possano favorire il miglioramento socioeconomico e quindi elevare gli standard di vita nord caucasici.”

Quale ruolo svolge il terrorismo nella partita strategica relativa al Caucaso del Nord?
“Conosciamo il terrorismo nel Caucaso del Nord per lo più grazie ai media e al fatto che, a seguito della Prima Guerra Cecena (1994-1996), l’interesse internazionale si è focalizzato sulla instabilità regionale e sulla minaccia jihadista in loco. Tra i diversi attentati che sono stati organizzati sin dagli anni ’90 nella regione nord caucasica forse quello che ha destato più scalpore e ha avuto un maggiore impatto a livello locale e internazionale è stato l’attentato alla Scuola N.1 di Beslan nella Repubblica di Nord Ossezia-Alania avvenuto tra l’1-3 settembre 2004 e che ha visto la morte di 331 persone, tra cui molti bambini. Parlo di questo evento non solo perché ha avuto un significativo impatto mediatico e ha sottolineato l’allora incapacità o mancata preparazione delle forze di sicurezza russe nel gestire una tale criticità, ma anche perché a seguito di quanto è avvenuto a Beslan il Cremlino ha cambiato la propria strategia nel Caucaso settentrionale incentrandola in primis su una serie di operazione delle forze speciali volte a eliminare i membri delle organizzazioni terroristiche e, a partire dal 2010 focalizzandosi sullo sviluppo economico regionale in modo da incrementare gli standard di vita e le possibilità di accesso al mercato del lavoro riducendo contemporaneamente il reclutamento dei giovani tra le file del terrorismo.

Se in passato erano i guerriglieri ceceni la minaccia principale alla sicurezza regionale, nel 2007 venne creato Imarat Kavkaz (Emirato del Caucaso), organizzazione terroristica guidata dall’autoproclamato emiro Doku Umarov il cui obiettivo era quello di creare uno stato islamico nord caucasico dove far vigere la shari’a (legge islamica). Imarat Kavkaz raccolse lo scontento popolare costruendo una rete di cellule terroristiche in grado di realizzare attentati sia nel Caucaso del Nord e sia nell’intero territorio della Federazione Russa fino a quando nel periodo 2013-2015 le forze militari russe riuscirono ad eliminarne la leadership indebolendo notevolmente la capacità organizzativa e di reclutamento dell’organizzazione. Se l’indebolimento di Imarat Kavkaz ha rappresentato una vittoria strategica del Cremlino, è anche vero che il vuoto di potere ha permesso l’affermazione dello Stato Islamico grazie alla propaganda jihadista in lingua russa e ai successi militari che l’organizzazione guidata da Abu Bakr al-Baghdadi stava ottenendo in Siria e Iraq. Questi fattori, quindi, spiegano il perché nel periodo 2014-2015 diversi leader e membri illustri della rete terroristica nord caucasica hanno giurato fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi permettendo la creazione di Vilayat Kavkaz (Provincia del Caucaso) intesa a livello teorico come parte dello Stato Islamico.

Questa premessa è doverosa per comprendere il perché nel mio libro sottolineo come il terrorismo sia divenuto negli anni un attore geopolitico in grado di influenzare le dinamiche locali e la politica interna ed estera del Cremlino in una regione dove l’Islam rappresenta la confessione religiosa maggioritaria, quindi un elemento aggregante in grado di superare le divisioni etniche, ma anche un motivo di scontro tra la componente storica del Sufismo e quella moderna e in ascesa del Salafismo.

Il terrorismo ha un ruolo importante anche nella strategia di comunicazione inerente al Caucaso del Nord e ha permesso in passato, a seguito dell’11 settembre 2001, di includere le operazioni militari russe nella regione all’interno della ‘Guerra totale al terrorismo’ avviata dalla presidenza statunitense di George W. Bush. Oggigiorno il terrorismo rimane una minaccia vivente nel Caucaso settentrionale e un elemento destabilizzante anche se, ad onore del vero, le politiche regionali perpetrate dal Cremlino sin dal 2010 hanno permesso di ridurre notevolmente gli attentati e hanno portato un miglioramento delle condizioni socioeconomiche locali.”

Quali prospettive, a Suo avviso, per il Caucaso del Nord?
“Nel mio libro sottolineo in maniera quasi spasmodica l’importanza strategica del Caucaso del Nord. La strategia russa di contrasto al terrorismo e di sviluppo socioeconomico ha prodotto risultati positivi nel breve periodo, però gli interessi degli attori internazionali e regionali, la generale instabilità dell’intera regione caucasica (si pensi alla ripresa del conflitto in Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian avvenuto tra settembre e novembre 2020), e le questioni irrisolte di coabitazione tra diverse etnie locali potrebbero favorire un aumento della instabilità e delle violenza qualora la Federazione Russa fosse costretta a ridurre gli aiuti finanziari che annualmente eroga alle repubbliche nord caucasiche.

Questa eventualità dovrebbe preoccupare non solo la Russia, ma l’intera regione euroasiatica e quindi anche l’Unione Europea considerando che l’instabilità del Caucaso del Nord e il vuoto di potere potrebbero favorire un flusso maggiore di foreign fighters, armi e divulgatori della propaganda jihadista verso quell’Europa che soltanto recentemente è stata scossa dall’attentato terroristico condotto da un giovane ceceno ai danni di un insegnante francese nell’area di Parigi.

Molti di noi studiosi della regione nord caucasica e dello spazio post-sovietico ci domandiamo cosa potrà succedere al Caucaso settentrionale con la scomparsa di un leader carismatico e forte come l’attuale presidente russo Vladimir Putin che è riuscito negli ultimi due decenni a influenzare notevolmente le dinamiche locali ottenendo alcuni successi notevoli, ma anche le critiche delle organizzazioni internazionali per le politiche applicate. In questi anni è emersa nella regione la figura di Ramzan Kadyrov il quale da leader indiscusso della Cecenia e amico fidato di Putin ha avviato una scalata al potere nell’intera regione fondata sul nazionalismo ceceno, sull’Islam e sul patriottismo russo: qualora venisse a mancare il presidente russo, grazie anche al ruolo che Kadyrov ha voluto giocare come ‘campione dell’Islam’ in difesa dei musulmani e nella lotta contro il terrorismo, il leader ceceno potrebbe avviare un cambiamento nella regione perpetrando le proprie mire territoriali nelle repubbliche vicine del Dagestan e dell’Inguscezia.”

Giuliano Bifolchi, direttore di ASRIE Analytica, è dottore in Storia dei Paesi Islamici, si è laureato in Scienze della Storia e del Documento presso l’Università Tor Vergata di Roma ed ha conseguito il master in Peacebuilding Management presso la Pontificia Università San Bonaventura. Si occupa di Open Source Intelligence ed è specializzato nell’analisi della situazione politica, economica, sociale, culturale e della sicurezza dei paesi del Caucaso, dell’Asia Centrale, e del Medio Oriente.

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