“Geografia e antropocene. Uomo, ambiente, educazione” a cura di Cristiano Giorda

Geografia e antropocene. Uomo, ambiente, educazione, Cristiano GiordaProf. Cristiano Giorda, Lei ha curato l’edizione del libro Geografia e antropocene. Uomo, ambiente, educazione pubblicato da Carocci: quali prospettive apre l’introduzione del concetto di Antropocene nel campo degli studi geografici?
L’idea di Antropocene, pur avendo molti aspetti originali, si inserisce per la geografia in un campo già noto, sul quale i geografi riflettono e producono idee da tempo: lo studio delle relazioni tra ambiente e società umane. L’aspetto più originale dell’Antropocene consiste nell’affermare il ruolo dell’umanità come forza geologica. Questa affermazione rivoluziona l’intero fondamento della modernità, che consiste nella divisione rigorosa fra uomo e natura. Affermare che l’umanità trasforma la natura e la natura trasforma l’umanità ribalta completamente questa impostazione. Ci fa vedere che l’umanità e la natura non sono separabili. E infatti il concetto di ibrido viene oggi usato, in questa accezione, sempre di più.

Alla geografia si chiede di misurare, delimitare, rappresentare le diversità dello spazio geografico. Ma anche di interpretare, di spiegare i processi, di fornire modelli e rappresentazioni che aiutino a capire cosa sta cambiando.

È inevitabile chiedersi cosa sta succedendo al pianeta, quale equilibrio abbiamo sconvolto nel modo di rapportarci alla natura e dove ci porterà tutto questo. In qualche modo, la filosofia e la geografia tornano ad avere un forte interesse in comune, come alle origini: e questo interesse è il rapporto fra le società umane e la Terra, cioè l’essenza stessa dell’essere umani, che passa attraverso questo rapporto primordiale, consustanziale, con il pianeta, dal quale discende cosa siamo oggi e cosa diventeremo domani.

In che modo la geografia può contribuire in modo originale alla comprensione dell’Antropocene?
Penso che il primo contributo della geografia possa consistere nel «territorializzare» l’Antropocene, cioè nel mostrare che i processi dell’Antropocene si verificano e si differenziano in specifici sistemi territoriali. Il pianeta non è uniforme e non sono affatto uniformi le strutture con cui le comunità umane lo abitano. La geografia ci mostra che diversità e disuguaglianze dipendono dai territori e dalle loro relazioni. Queste relazioni fra territori comprendono sempre una dimensione materiale, basata sulla trasformazione delle risorse dell’ambiente, sul loro accaparramento e sulla loro mercificazione. Ma comprendono anche una dimensione culturale, politica, sociale: quella dalla cui visione delle cose e dalle cui scelte dipende il destino del mondo. Mentre le grandi narrazioni sull’Antropocene, fino ad oggi, si sono concentrate su processi generali, globali, la geografia può aiutare a vedere che quella scala globale è una generalizzazione molto semplice, che trascura il ruolo esternamente diverso che svolgono i territori e le comunità umane.

Come cambia l’Antropocene a sua volta la geografia?
Anche la geografia ha provato, soprattutto nel secolo scorso, a ridefinirsi intorno al dualismo fra natura e cultura, scienze naturali e scienze umane, dividendo strutturalmente la geografia fisica dalla geografia umana. Forse è giunto il momento di ripensare questa separazione, e di fare sia un passo indietro uno in avanti. Quello indietro consiste nel recuperare una visione e una narrazione più olistica e integrata del rapporto fra l’umanità e la Terra. Quello in avanti consiste nel portare questa visione nel campo della complessità, nell’insieme di approcci e teorie più avanzate del pensiero scientifico.

Nel suo cammino storico, la geografia può ricevere dall’Antropocene il supporto per ritornare a raccontare in modo originale il rapporto coevolutivo fra la specie umana e il suo pianeta, i modi con cui le attività umane interagiscono con gli ambienti terrestri, e allo steso tempo aiutare le persone ad apprezzare i luoghi e i paesaggi, ad interagire con l’ambiente in modo sostenibile e a capire le conseguenze che derivano dal nostro agire come individui e come specie. Infine, la geografia può fornire strumenti per affrontare le sfide dell’Antropocene, che sono le sfide centrali del mondo contemporaneo: il cambiamento climatico, le scelte energetiche, l’uso delle risorse naturali, l’urbanizzazione, la sicurezza alimentare, le migrazioni, le disuguaglianze economiche e sociali.

Cristiano Giorda è professore di Geografia umana e culturale e di Fondamenti e didattica della geografia presso l’Università degli Studi di Torino, fa parte del Consiglio nazionale dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia. Collabora con le case editrici Giunti e Loescher per la didattica della geografia. Ha pubblicato oltre 100 articoli scientifici. Tra i libri: Cybergeografia. Estensione, rappresentazione e percezione dello spazio nell’epoca dell’informazione (Tirrenia Stampatori, 2000), La geografia nella scuola primaria. Contenuti, strumenti, didattica (Carocci, 2006), Il mio spazio nel mondo, geografia per la scuola dell’infanzia e primaria (Carocci, 2014) e la curatela Educare al territorio, educare il territorio, Geografia per la formazione (Carocci, 2011).

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