“Genio in bilico. Testo, contesto, intertesto in Edgar Allan Poe” di Ugo Rubeo

Prof. Ugo Rubeo, Lei è autore del libro Genio in bilico. Testo, contesto, intertesto in Edgar Allan Poe edito da Mimesis: quale importanza rivestono, nella storia della letteratura americana, la figura e l’opera di Edgar Allan Poe?
Genio in bilico. Testo, contesto, intertesto in Edgar Allan Poe, Ugo RubeoQuella di Poe è una figura davvero unica nel panorama letterario americano: in un primo momento, è stato molto difficile farne accettare gli straordinari meriti da un establishment letterario che, all’indomani della sua morte, nel 1849, ne ha in pratica cancellato la memoria per circa settant’anni; più tardi, una volta superato quell’interdetto, la sua originalità di narratore, poeta, intellettuale e giornalista è progressivamente riuscita ad affermarsi, negli Stati Uniti, come nel resto del mondo. Al punto che oggi si può affermare che Poe è lo scrittore americano dell’Ottocento più seguito e per molti versi anche il più apprezzato dal grande pubblico; ricordava Italo Calvino, a questo proposito come per lui Poe fosse “una figura mitica”, una sorta di eroe culturale, grazie alla sua capacità di muoversi nei diversi generi e, all’occasione, di inventarne di nuovi, come ad esempio la detective story o anche certi sviluppi che hanno precorso la fantascienza. In questo quadro, va ricordato il grande apporto dato dalla cultura francese alla scoperta europea di Poe, a partire da metà ottocento, ovvero nel periodo in cui negli Stati Uniti di Poe nessuno parlava. Baudelaire prima, Mallarmé e Paul Valery poi hanno fatto sì che le opere di Poe − i suoi racconti e le sue poesie, come il romanzo e la sua saggistica − circolassero in traduzione dapprima in Francia e, di lì in tutta Europa, fino a riattraversare l’Atlantico, nel XX secolo, approdando di nuovo negli Stati Uniti. Per fortuna, molti degli stereotipi che hanno contribuito a rallentare il riconoscimento delle sue qualità − parlo del presunto alcolismo o dell’uso smodato di droghe − sono stati in larga parte ridimensionati, se non del tutto rimossi, ed è quindi finalmente possibile apprezzare appieno non solo le doti di una fantasia esplosiva come la sua, ma anche la sua capacità di controllo e di organizzazione del testo letterario, la sua ironia, il suo quasi sconosciuto umorismo, che invece certamente esiste.

Qual è la fisionomia intellettuale dello scrittore americano?
La poliedricità è con tutta probabilità l’aspetto che più colpisce di uno scrittore come Poe. Basta dare una rapida scorsa all’elenco dei suoi racconti − all’incirca una settantina − per vedere con quanta disinvoltura egli si muova, fin dalle sue prime opere, dal gotico all’indagine psicologica, dall’attenzione alle sue memorabili figure femminili ai deliri mentali, e ancora, dal racconto a sfondo scientifico alla beffa, dall’esotico alla sua passione per l’enigma. Da questo punto di vista Poe è estremamente moderno, nel senso che, anche in virtù della sua attività di giornalista e critico letterario è sempre aperto a cogliere il polso della situazione nei vari campi del sapere e a far leva sulla sua immaginazione per trasformarli in materiale per la sua narrativa. Ma Poe è moderno anche nel senso che, forse più di altri suoi contemporanei, egli è sempre pronto a rischiare, a essere se stesso anche quando forse sarebbe stata più opportuna una maggiore cautela. Il che, naturalmente, non gli ha certo giovato, quanto ad accettazione da parte del mondo dell’editoria, che pure doveva necessariamente frequentare. Direi che Poe era tendenzialmente uno spirito libero, che non amava troppo convenzioni e regole e questo non solo sul piano personale, ma anche su quello letterario; quella sua vivacità nell’attraversare i generi, nell’inventare nuovi percorsi, a volte nel ricorrere a stratagemmi come lasciare in sospeso il suo racconto, senza corredarlo di una vera e propria fine − tutte cose che si verificano nel suo romanzo The Narrative of Gordon Pym, come in parecchie altre occasioni − tutto questo, se vogliamo, è segno appunto di grande modernità, oltre che di indubbio coraggio.

In quale contesto culturale e politico si situa l’opera di Poe?
Poe, ovviamente, è uno scrittore della prima metà dell’Ottocento: contrariamente ad alcuni suoi grandi contemporanei americani, da Melville a Hawthorne, per esempio, Poe non arriva a vedere la Guerra Civile, anche se in alcune sue opere si avverte una sua certa preoccupazione in quel senso. Come i suoi due colleghi, tuttavia, Poe è stato spesso descritto come un “dark romantic”, un romantico pessimista si potrebbe dire, nel senso che egli non condivide l’euforia, che pure del romanticismo è una componente importante, muovendosi piuttosto nell’ambito dei risvolti oscuri del movimento, tra i quali il gotico, ad esempio. Questo significa che rispetto al movimento trascendentalista, che proprio in quegli anni rappresentava la corrente di pensiero egemone negli Stati Uniti, la posizione di Poe, come pure quelle dei suoi due colleghi, era decisamente eccentrica. Il che a sua volta ha fatto sì che parte dell’isolamento di cui un intellettuale come Poe ha sofferto fosse anche dovuto alla sua opposizione all’ottimismo e alla fiducia nella perfettibilità dell’uomo, che invece rappresentavano due caposaldi della filosofia trascendentalista di Emerson e dei suoi seguaci. Questo elemento ha poi avuto delle conseguenze importanti anche nel novecento, proprio perché la posizione eccentrica di Poe ha portato alla sua esclusione dal canone del cosiddetto “Rinascimento americano”, che è stata una delle teorie interpretative ad aver maggior seguito nella seconda metà del secolo. Superato anche questo secondo interdetto, a partire dagli ultimi due decenni del novecento, gli studi dedicati a Poe hanno attraversato un periodo di forte espansione, che ha portato alla situazione attuale di piena visibilità del genio di Poe, già descritta in precedenza.

Quali tratti caratterizzano la sua produzione?
Come in parte ho già detto, la produzione letteraria di Poe è straordinariamente diversificata e uno degli aspetti che ho tentato di mettere in evidenza nel mio libro è proprio quello legato alle diverse tendenze che emergono nella sua produzione più matura. Tra queste, un posto di primo piano merita la sua ultima opera di grande rilevanza, del 1848, che in realtà non è propriamente un’opera di fiction, ma un trattato pseudoscientifico intitolato Eureka: una cosmogonia, per essere più precisi, che Poe, in omaggio alla sua provocatorietà, ha voluto descrivere come un “poema in prosa”, per sottolineare con quel termine l’importanza che egli annetteva a questa sua opera. La cosa più curiosa è che, soprattutto in anni recenti, c’è stata una riscoperta di questo testo e una sorprendente rivalutazione della sua portata scientifica, che viceversa in passato non aveva suscitato grandi entusiasmi da parte di fisici, astronomi e scienziati in genere. Teorie come quelle del Big Bang, dell’unità tra spazio e tempo o addirittura quella dei buchi neri sembrano aver trovato spazio, seppur in forma rudimentale, in questo trattato di Poe e quindi sono poi state in parte confermate a livello scientifico. Un altro aspetto che caratterizza la sua produzione più matura e che pure non ha sempre ottenuto il risalto che merita è quello dell’ironia e dell’umorismo di uno scrittore che invece passa generalmente per essere incline alla malinconia o alle efferatezze del gotico. Poe, in realtà, ha scritto diversi racconti di tutt’altro genere, nei quali la sua scrittura è sottile, effervescente, fortemente satirica, come ad esempio “Gli occhiali”, “Il sistema del dottor Catrame e del professor Piuma”, o “Chiacchierata con la mummia”, per non ricordarne che alcuni. Quello che colpisce, anche in questo tipo di produzione meno nota è il costante controllo che Poe è in grado di esercitare sulla scrittura, la sua capacità di sintesi e l’abilità nel montaggio delle sue narrazioni: quell’amalgama di componenti della finzione che un estimatore di Poe come J. L. Borges chiamava il “sistema-testo”.

Quale fortuna ha avuto la sua opera?
Il successo maggiore ottenuto da Poe nel corso della sua vita è stato quello de “Il corvo”, la poesia pubblicata nel 1845, cui l’anno successivo egli dedicò il suo saggio più noto, intitolato “La filosofia della composizione”. A detta di molti, tuttavia, “The Raven” non è l’opera più riuscita di Poe, anche se la musicalità che egli è riuscito a dare ai suoi versi rimane uno degli aspetti più accattivanti di quella sua poesia, oltre naturalmente al soggetto stesso del brano, un corvo parlante che crea un effetto straniante all’interno d’una poesia intrisa di profonda tristezza e malinconia. Il secondo novecento ha il merito di aver messo in luce l’eccellenza dello scrittore nell’ambito del racconto: la narrativa breve, del resto è teorizzata da Poe come la misura che va incontro alle esigenze del pubblico in modo più completo. Un’opera breve, meno di un’ora di lettura è ciò che ci vuole, scrive Poe, per evitare che il lettore si distragga, cominci ad annoiarsi e quindi magari decida d’interrompere la lettura: sta allo scrittore eliminare questo rischio e, oggettivamente, occorre dire che Poe raramente contravviene e quella sua regola aurea. La popolarità di Poe in anni recenti, poi, si è enormemente ampliata grazie all’interesse della cosiddetta cultura popolare, o di massa, per le se sue opere: cinema, musica, classica e pop, fumetti, pittori e disegnatori del passato e di oggi, hanno tutti trovato in Poe una fonte di ispirazione davvero inesauribile. E, a proposito del corvo, come non ricordare che il nome della squadra di football di Baltimora, una delle città di Poe, è appunto “The Ravens”?

Ugo Rubeo, già professore ordinario di Lingua e Letterature Angloamericane presso Sapienza, Università di Roma, è membro della Poe Studies Association e autore di un primo volume, Agghiaccianti simmetrie (Roma, 2000), dedicato a The Narrative of A. Gordon Pym, oltre che di una serie di saggi su Poe e i suoi racconti. Tra gli altri suoi titoli, Mal d’America (1987), L’uomo visibile (1990), la traduzione e cura de La scena americana, di Henry James (2001) e quella di Parodie della fine. Letteratura e postmodernità (2015); con Giuseppe Di Giacomo, ha curato anche Il romanzo del nuovo millennio (2020). Il suo ultimo libro, Genio in bilico. Testo, contesto, intertesto in Edgar Allan Poe, pubblicato da Mimesis nel 2021, è uno studio complessivo dell’opera di Poe nelle sue diverse articolazioni.

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