“Galeoni e tesori sommersi” di Claudio Bonifacio

Dott. Claudio Bonifacio, Lei è autore del libro Galeoni e tesori sommersi, edito da Mursia. Quando si parla dell’epoca coloniale spagnola, il pensiero corre alle immense ricchezze in oro, argento e pietre preziose che dai porti delle Indie venivano imbarcate verso la madrepatria: è possibile quantificare i relitti che la Spagna ha lasciato nei mari di tutto il mondo e il valore del loro carico?
Galeoni e tesori sommersi, Claudio BonifacioRispondere questa domanda è molto difficile e complesso. Buon esempio è l’articolo pubblicato da me sulla Stampa del giorno 5 settembre 2023 dove do a conoscere una stima di 750 tonnellate d’oro e 26.000 d’argento nelle acque territoriali della Spagna. Però questo è un calcolo molto prudente. Il contrabbando fu molto elevato, e dato il carattere “occulto” dell’argomento è molto difficile conoscere cifre ufficiali. Per esempio, nel 1698 varò nella spiaggia cubana di Sibarimar il geleone Nuestra Señora de las Mercedes. Una volta recuperato quasi tutto il carico, il contrabbando fu semplicemente astronomico, particolarmente d’oro.

Circa il numero di relitti, direi che può perfettamente essere di 7.000, però anche qua bisogna considerare che nel secolo XVIII molte navi straniere potettero commerciare con vari porti delle colonie spagnole e quindi si possono riscontrare relitti in molti paesi del sud America e non solo.

Circa il valore attuale, indubbiamente è esorbitante (molti miliardi), però come valori mercantili ai prezzi dei metalli preziosi odierni, perché tali valori non sono riconosciuti dal punto di vista culturale. Per l’UNESCO non ci può essere fine di lucro su ciò che concerne il patrimonio culturale sommerso.

Per la sua attività, Lei ha coniato il termine «naufrologo»: a quali fonti attinge per le Sue ricerche?
La fonte principale per i secoli XVI e XVII è indubbiamente l’Archivio Generale delle Indie (AGI) di Siviglia con i suoi 42.000 incarti e per il secolo XVIII e XIX tanto il Museo Navale di Madrid come l’archivio della Marina Militare del Viso del Marqués con 140.000 che hanno documentazione di carattere militare sempre vincolata a imbarcazioni. Comunque per questi secoli ci sono pure documenti nell’AGI, però normalmente per navi mercantili.

Sempre a Siviglia esiste l’Archivio del Protocolli Notarili integrato nell’Archivio Provinciale, che ha circa 24.000 incarti. Quest’archivio ha svariati tipi di documenti, però anche assicurazioni di navi, contratti commerciali e accordi di nolo che possono essere molto utili. Documenti complementari si possono anche trovare nell’Archivio Generale di Simancas, presso Valladolid, che conta con più di 80.000 incarti.

Ci sono poi i vari importanti archivi nelle varie città ex colonie della Spagna, come Lima, Città del Messico, L’Avana, ecc.

Per terminare, a Siviglia esiste l’Archivio Storico della Camera di Commercio che ha circa 600 incarti anche vincolati a naufragi.

Quali sono stati i naufragi più eclatanti della storia coloniale spagnola?
Per le migliaia di perdite avute durante i 320 anni più attivi di colonizzazione spagnola (1500-1820), la maggior parte di esse fu per ragioni climatiche (direi un 96%). Queste perdite succedettero perché le flotte e i navigli in generale salpavano in ritardo rispetto al calendario degli uragani, che allora era in settembre-ottobre.

Gran numero di perdite ebbero luogo nel 1502 con 16 imbarcazioni perse tra Porto Rico e la Rep. Dominicana.

Nel 1554-55 Stati Uniti, alto mare, Spagna, Cuba e Portogallo circa 20 navi.
Nel 1589 Stati Uniti, alto mare, Portogallo e Spagna 25 navi.
Nel 1591 e 93 Messico, alto mare, Portogallo e Spagna 41 navi.
Nel 1605 con quattro ricchi galeoni nel Mar dei Caraibi. I quattro trasportavano qualcosa come 900 tonnellate di preziosi.
Nel 1622 Stati Uniti, Bahamas e Spagna 14 navi.
Nel 1631 Panama, Messico e Spagna 4 navi.
Nel 1641 Bahamas, Rep. Dominicana e Spagna 8 navi.
Nel 1656 Bahamas e Spagna 5 navi.
Nel 1660 Spagna 18 navi tra cui una ammiraglia di Genova con a bordo 1 milione di pesos (27 tonn.)
Nel 1702 nella baia di Vigo, Spagna 18 navi.
Nel 1715 Stati Uniti 11 navi.
Nel 1733 Stati Uniti e Bahamas 17 navi.
Nel 1750 Stati Uniti 15 navi.

Questa è una lista dei più eclatanti naufragi. Resta da considerare che molte delle navi che intrapresero la navigazione da Acapulco (Messico) per Manila (Filippine) scomparvero o naufragarono. Tanto nel viaggio d’andata come per il ritorno trasportavano metalli preziosi e le famose e pregiate porcellane cinesi.

Nel libro Lei denuncia la mancanza di volontà di recuperare questi immensi patrimoni che giacciono da secoli in fondo al mare: chi ne sono i responsabili?
Da circa 3.500 anni l’uomo si è dedicato a recuperare i carichi delle navi naufragate esistendo leggi ben definite. L’archeologo sub lo fa da 75 anni: quindi chi è il nuovo e in sintesi ultimo arrivato? La risposta è chiara! La battaglia sorse tra recuperatori e archeo-sub che d’improvviso si attribuirono certi diritti e squalificando i primi, quasi fossero pirati, con la definizione carica di eufemismo di “cacciatori di tesori”. La verità è che indubbiamente i due estremi dovrebbero unire le forze per contribuire a che finalmente molti musei navali vengano allestiti e che il grosso pubblico possa goderli, perché costui è nel fondo il vero proprietario di questi beni sommersi.

Resta poi un altro punto cruciale: che fine dovrebbero fare le migliaia di tonnellate di metalli preziosi? Indubbiamente una giusta e meritata parte a chi li recupera (viviamo in un mondo capitalista-mercantilista), ed un’altra parte sia destinata per fini sociali (molti dei paesi con ricchi relitti battono cassa). Nel 1993 il sub argentino Ruben Collado recuperò nel Rio de la Plata (Montevideo, Uruguay) parte del carico del vascello Nuestra Señora de la Luz naufragato nel 1752 in circostanze drammatiche spettando allo Stato il 50% del ritrovato. Ebbene: con questa parte venne costruita una scuola e comperato materiale per le forze della Prefettura Navale. Fu un buon esempio di uso sociale delle ricchezze giacenti nel fondo del mare.

Claudio Bonifacio dal 1981 si dedica professionalmente allo studio dei naufragi portoghesi e spagnoli. Ha partecipato a programmi televisivi e conferenze ed è stato collaboratore di varie riviste.

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