
Friedrich Spiro, pur nella sua breve vita, sperimentò già l’antisemitismo tedesco.
In effetti, il seguito della non lunga vita di Spiro fu fortemente segnato dal problema dell’antisemitismo. Negli anni ’40, pur in assenza di un esplicito divieto, le possibilità per un ebreo di accedere a una carriera pubblica, quindi anche all’insegnamento nella scuola e nell’università, erano assai limitate; e nel 1847 giunse anche un’espressa proibizione di legge. Ma a fronte della stretta conservatrice, scoppiò il ’48; e si aprirono nuovi spazi di libertà, fino alla costituzione del 1850, che all’articolo 12 eliminava ogni condizionamento religioso per la cittadinanza e le carriere pubbliche. Spiro, che nel frattempo sembra aver insegnato presso una scuola giudaica, intravede a questo punto la possibilità di divenire docente nella scuola superiore statale. Occorre ricordare che una tale professione era, all’epoca, assai prestigiosa: lo stato prussiano aveva investito molto nella formazione delle classi dirigenti, di cui il ginnasio umanistico era lo strumento principale; e all’interno del ginnasio il professore di greco e latino era figura di riferimento, su cui soprattutto si puntava nel processo educativo. Ciò potrà sembrare oggi quasi inconcepibile, ma spiega anche la grande fioritura della filologia classica nel mondo tedesco del XIX secolo: iscriversi a lettere classiche significava, in potenza, accedere a un importante ruolo sociale, assolvere nel modo più alto alla “missione dei dotti”; e le menti più brillanti non recedevano, allora, da una tale scelta, nella convinzione non solo di assecondare una personale passione ma anche di essere utili alla nazione. Ma torniamo a Spiro. Profittando del nuovo clima, nel settembre 1850 egli entrò nel “seminario pedagogico” berlinese diretto dal suo maestro Boeckh, una scuola di formazione degli insegnanti che si frequentava per alcuni anni, durante i quali si studiava e si faceva tirocinio nei licei, per poi entrare nei ruoli (si noterà, di passaggio, che presunte grandi novità pedagogiche degli ultimi anni hanno radici molto antiche); e Spiro cominciò, infatti, ad insegnare in un importante istituto di Berlino, lo Joachimsthalsches Gymnasium. Ma la presenza di tirocinanti di fede giudaica nei cruciali ginnasi umanistici suscitò i malumori della chiesa evangelica e degli ambienti più conservatori. Autorevole interprete di questi malumori si fece il nuovo ministro della pubblica istruzione Karl Otto von Raumer. Questi non aveva ovviamente il potere di abrogare l’articolo 12 della Costituzione, ma colse ogni possibile occasione per far prevalere su di esso una tendenziosa interpretazione dell’articolo 14, che poneva la confessione cristiana alla base di tutte le istituzioni statali in qualche modo connesse con l’esercizio della religione: con una accorta e capillare politica svolta a suon di decreti e circolari (anche questa, come si vede, è antica tradizione) impose quindi decisioni che ribadissero il carattere cristiano della scuola e del suo corpo docente. Di conseguenza, con decreto del 16 gennaio 1852, a Spiro fu riconosciuto il diritto ormai acquisito di frequentare il seminario pedagogico, ma gli si proibì l’insegnamento, tanto a livello di tirocinio quanto, in prospettiva, come professione. Il progetto di divenire professore della scuola pubblica era così tramontato, per lui come per tanti altri giovani ebrei. Alcuni, pur di accedere ai ruoli statali, scelsero di rinunciare alla fede dei padri e convertirsi – non pochi furono, in questi anni, gli “ebrei battezzati”, i Taufjuden. Non così Spiro. Per mantenersi, continuò ad assumere compiti retribuiti, specializzandosi soprattutto come compilatore di indici per opere altrui – attività dietro la quale si intravede peraltro il continuo sostegno del suo maestro Boeckh, che dovette stimarlo non poco. Ma, soprattutto, volle darsi al commercio, scegliendo comunque un campo in cui la sua cultura e la sua rete di relazioni accademiche potessero essere messe a frutto. Decisivo fu l’incontro con un altro giovane ebreo proveniente da Posen, Salomon Calvary. I due erano imparentati (rispetto a quanto esposto nel libro, ho reso noti alcuni nuovi dati in un articolo pubblicato in «Quaderni di storia» 83, gennaio-giugno 2016, pp.173-177); e anche Calvary, nonostante la sua ricca formazione accademica, non trovava spazio nei nuovi e più ristretti orizzonti dello stato prussiano. Il 15 maggio 1852 i due fondano così una libreria, la S. Calvary & Co.; e dopo la precoce morte di Calvary, sopraggiunta l’anno dopo, Spiro continuerà a dirigerla (per alcuni anni assieme ad un altro interessante intellettuale ebreo, Georg Michael Asher, figlio di un grande ed intraprendente libraio che riuscì alfine nell’impresa di accedere alla carriera accademica) fino al 1864, quando anch’egli morì, appena quarantenne.
Come e perché avvenne il passaggio di Spiro dalla filologia classica all’antiquariato scientifico, con la fondazione della S. Calvary & Co.?
Come dicevo, Spiro, non trovando spazio nel pubblico impiego, si diede a un’attività privata, ma ne scelse una in cui le sue capacità potessero essere pienamente utilizzate. Nella società tedesca dell’epoca, in cui – come abbiamo accennato – molto contava la cultura, grande era la richiesta di libri. In particolare, la presenza di una fascia relativamente ampia di professori di scuola ed università interessati a crearsi proprie biblioteche, e in grado di spendere per farlo, apriva nuovi spazi di mercato. Vi era insomma una crescente domanda di scritti specialistici. Da un lato si ricercavano opere uscite qualche anno o decennio prima che, per loro natura, erano state pubblicate in piccole tirature e occorreva quindi procurarsi di seconda mano, magari attingendo alle biblioteche private di professori messe in vendita dagli eredi; dall’altro, vi era tutta una richiesta di scritti nuovi a circolazione limitata, come i programmi dei ginnasi – occorre infatti ricordare che, ad accompagnamento degli annuari dei singoli istituti scolastici, era d’obbligo pubblicare, anno per anno, contributi scientifici scritti dai docenti, spesso di grande valore ma di non facile reperibilità. Friedrich Spiro, che era partecipe di questo mondo e competente in materia, e serbava contatti amichevoli con molti maestri e molti suoi ex colleghi, potè creare una rete grazie alla quale la Calvary presto si impose come la principale libreria scientifica antiquaria di Berlino e dell’intero mondo tedesco nel campo della filologia classica e delle scienze naturali, aprendosi peraltro ad una dimensione internazionale che sarà poi ancor più sviluppata dal suo successore, Georg Heinrich Simon, il quale resse la libreria fino al 1892. Nel breve spazio di questa intervista, non è possibile rendere conto di una serie di vicende (talora altalenanti) che caratterizzarono la storia della Calvary, e di cui si troverà dettagliata notizia nel libro. Basterà però dire che la Calvary divenne per un certo periodo la principale distributrice di programmi e dissertazioni e si lanciò anche nel campo dell’editoria, assumendo tra l’altro un ruolo di guida nel campo dell’informazione bibliografica sull’antichità classica (grazie ai fondamentali «Jahresberichte über die Fortschritte der klassischen Alterthumswissenschaft» diretti da Konrad Bursian); ma la dura concorrenza con le altre librerie e le grandi case editrici portò spesso a comportamenti criticabili (e aspramente criticati dai rivali) e a qualche disavventura. Simon non aveva peraltro lo status accademico di Spiro; e il giudizio che di lui diedero alcuni luminari del mondo accademico berlinese, legati ai grandi editori come Weidmann o Teubner, è talora sprezzante, e venato di un antisemitismo che a tratti si fa odiosamente esplicito. Dopo la morte di Simon, la Calvary accentuerà peraltro il suo carattere di libreria e casa editrice specializzata in Judaica, senza rinunciare del tutto a quell’antiquariato scientifico che era la sua vocazione originaria, finché sotto il nazismo non sarà forzatamente “arianizzata” – cioè sottratta ai suoi legittimi proprietari di fede mosaica e svenduta. Insomma, la vicenda di Spiro e della sua libreria è anche un pezzo di storia della società tedesca e delle sue contraddizioni, in cui è possibile ravvisare la parabola della sempre incerta integrazione ebraica fino al suo tragico fallimento.