“Forse non tutti sanno che a Napoli… Curiosità, storie inedite, misteri, aneddoti storici e luoghi sconosciuti della città partenopea” di Maurizio Ponticello

Dott. Maurizio Ponticello, Lei è autore del libro Forse non tutti sanno che a Napoli… Curiosità, storie inedite, misteri, aneddoti storici e luoghi sconosciuti della città partenopea edito da Newton Compton: quanti misteri serba la città partenopea?
Forse non tutti sanno che a Napoli... Curiosità, storie inedite, misteri, aneddoti storici e luoghi sconosciuti della città partenopea, Maurizio PonticelloÈ impossibile tanto classificarli quanto tenerne il conto: fin dalla sua fondazione, la città sorge da un mistero, e da quell’istante mitico il fil rouge non si è mai interrotto. Anche per questo motivo, considero Napoli una metropoli sopravvissuta alla modernità, cosa che, pur con le dovute differenze, già annotò Malaparte quando affermò che Napoli è una Pompei mai sepolta, l’unica città a non essersi inabissata nel naufragio del mondo antico. Ecco, perciò i misteri perdurano e… si nascondono in ogni angolo della città: essi sono veramente ovunque, sia nelle pietre che cantano melodie ancestrali sia nell’unione dei quattro elementi, che si manifestano nell’incantevole golfo dominato dal suo re androgino, il Vesuvio. E ancora: i misteri si celano pure nell’incredibile rapporto che i napoletani hanno con la morte – e non mi riferisco esclusivamente al culto delle anime senza nome, le capuzzelle –, e sono finanche nella stessa struttura a scacchiera della nuova polis, l’attuale centro storico, perché essa nacque dalla visione magica di Pitagora, che poi fu ripresa dall’architetto di Roma antica Vitruvio che la prese a modello di città perfetta, cosa che illustro dettagliatamente in un altro mio libro che s’intitola “Napoli velata”. D’altro canto, credere che a Napoli tutto il mistero si risolva nel grande enigma dell’affascinante Principe di Sansevero, Raimondo de Sangro, o è un errore o è puerile, e comunque fuorviante: infatti, c’è tanto di più, sia prima sia dopo. E basti pensare a san Gennaro, il cui prodigio è stato inserito in una speciale classifica del «Times» tra i primi dieci misteri più intriganti e conosciuti al mondo. Attenzione, però, le parole hanno sempre un senso, e non è un caso che parli di prodigio, e non di miracolo.

Qual è la storia di Partenope, la figura mitologica a cui la città deve il suo nome?
Prima di ogni altra cosa occorre una precisazione, perché qui è facile che ci si confonda: quando parliamo di Partenope, non dobbiamo pensare a una Sirena per metà donna e per metà con una coda di pesce! La Sirena che ha fondato la città, infatti, è tutt’altro poiché, pur essendo con fattezze femminili, è alata, ed è un’ancella della déa degli Inferi Ecate, non la maliarda pisciforme dei marinai che, con la Chiesa cattolica, diventò l’emblema della dissoluzione morale e del meretricio. Il simbolo delle Sirene, come tanti altri, è stato completamente invertito, e solo dall’alto Medioevo lo si collega a un essere che nuota negli abissi marini. Questo sovvertimento non è cosa da poco, anche perché i primi ad aver rimosso le proprie origini sono proprio i napoletani: questa falsa icona continua ad apparire ovunque, finanche come mascotte delle ultime Olimpiadi universitarie. Detto ciò, la città di Napoli gode di un particolare privilegio: i suoi miti e le sue leggende sono sempre connessi con la storia e con i ritrovamenti archeologici, nel senso che non manca mai una corrispondenza tra una narrazione divina, il territorio e la cultura partenopea, ed è un po’ come dire che qui, più che altrove, Terra e Cielo sono uno. La Sirena Partenope, nella sua narrazione principale, vinta da Odisseo, spiaggia sull’isolotto di Megaride – dove ora sorge il Castel dell’Ovo, non a caso di memoria virgiliana –, e morendo fonda la città che porta il suo nome. Insomma, Napoli nasce dal sacrificio di un essere divino: dalla trasmutazione di una morte. L’intuizione che la prosperità germogli dalla morte conduce a lidi ancora non del tutto esplorati. Soltanto alcuni secoli dopo, invece, più a est, fu fondata la città nuova che, in greco, si dice nea polis, cioè Napoli.

È vero che non esistono prove dell’esistenza di san Gennaro?
Dal punto di vista strettamente storico, non ce ne è alcuna: hai voglia a cercare, ma è tutto sbagliato, manipolato e anacronistico. In quel lontano anno 305 le cose non erano come ce le hanno raccontate le agiografie, specialmente in Campania, in cui non si registrarono le persecuzioni di Diocleziano il quale, tra l’altro proprio in quell’anno, era dimissionario. Tutte le leggende che riguardano san Gennaro provengono da diversi secoli successivi, e si pensi che il primo evento prodigioso dello scioglimento del sangue risale addirittura a oltre mille anni dopo la cosiddetta data della decapitazione: all’anno 1389. Nonostante ciò, però, bisogna essere cauti perché un fenomeno così complesso, come è il culto gennariano – che conta 25 milioni di devoti sparsi per il mondo! –, non può essere liquidato così, con un nulla di fatto, o ridotto alla sola mancanza di evidenze storiche, giacché il santo rappresenta l’anima profonda del Genius loci partenopeo e, di fatto, un abbraccio tra popolo e aristocrazia, uniti come un sol uomo attorno al medesimo gonfalone. Il capo della schiera infinita dei protettori di Napoli è il punto terminale di un passaggio epocale che parte dalla Sirena Partenope, passa per Virgilio il Mago e arriva fino a lui, san Gennaro, che sintetizza tutte le funzioni e i ruoli dei suoi due defensor civitatis precedenti. L’affascinante vicenda di san Gennaro è un incredibile mondo a sé, assolutamente un unicum, ed è ancora troppo poco conosciuta.

La figura di Raimondo di Sangro ha impresso la sua impronta nella storia della città: cosa si racconta sul principe di Sansevero?
Raimondo di Sangro è perseguitato da una leggenda nera che ne fa una sorta di stregone illuminato. Inoltre, il Principe sembra quasi una proprietà privata della massoneria partenopea che, con lui, rivendica le proprie origini ma, mischiando le carte, dimentica che il primo Gran Maestro fu anche il primo ad abiurare la compagnia e a cantarsi i propri fratelli. Sicuramente, Raimondo era un genio, un inventore e un alchimista, uno scienziato e un pioniere indiscusso in certi campi: nella sua epoca fu protagonista assoluto, e anticipò di almeno un secolo alcune scoperte scientifiche di rilievo. La sua figura è ancora avvolta nel mistero più fitto, e basterebbe recarsi alla Cappella di Sangro per capirne il senso, e lì ammirare ciò che la mente e l’anima del Principe hanno concepito: non esistono luoghi così in tutto il pianeta. Un consiglio: vedere per credere, e poi sbalordirsi. Il resto sono parole, e lui invece ci parla per simboli. Per quanto il Principe sia studiatissimo da sempre, è ancora possibile scoprire vicende e intriganti aneddoti inediti su di lui, come lo straordinario caso che, in questo libro, ho chiamato della “donna Albero”.

Nel Settecento la capitale del Regno borbonico vantava alcuni tra i maggiori primati europei.
Più che maggiori primati, in certi casi direi addirittura record assoluti. Molte delle supremazie e delle avanguardie borboniche, come invece si crede, non si limitarono al periodo del Settecento poiché si registrano eccellenze di ogni tipo fino al 1860, all’anno fatidico, cioè, dell’annessione del Sud. Di primati ce ne sono molti, tanti sono singolari e alcuni assai poco conosciuti: nel 1735, per esempio, nell’illuminato tentativo di frenare gli scarichi selvaggi delle industrie inquinanti, i Borbone misero a regime una grande innovazione istituzionale che fu fortemente precorritrice della moderna visione ecologista: nominarono una giunta di controllo che chiamarono “dei Veleni”, era composta da vari magistrati incaricati di scoprire i delitti dell’inquinamento e punirli. Due anni dopo fu inaugurato il primo lirico d’Europa, il Real Teatro di San Carlo, ben quarantasette anni prima della Scala di Milano e cinquanta prima della Fenice di Venezia. I Borbone intervennero portando innovazioni in ogni campo scientifico, sociale, economico e culturale. Si pensi che è borbonico finanche il Codice marittimo, il primo al mondo a gettare le basi del diritto internazionale della navigazione! Mi piace ricordare che, oltre ai diversi primati noti – come il primo tratto ferroviario italiano, gli otto chilometri della Napoli-Portici –, nel campo delle arti, nell’Ottocento il regno vantò anche il record per il numero dei teatri e dei conservatori, per la quantità di tipografie in esercizio e per il numero, elevatissimo, di pubblicazioni edite nella capitale. Si tratta di dati particolarmente significativi sul ruolo di propulsore culturale ed economico che aveva il Sud, prima di subire il saccheggio imposto dall’unità d’Italia, che l’ha depauperato anche delle proprie risorse intellettuali.

Quali sono alcuni dei più rilevanti personaggi storici legati alla città?
Napoli ha goduto il privilegio di essere, per secoli, una capitale d’Europa, ed è ovvio che per la città siano passati personaggi straordinari. In genere, però, ci si sofferma sui soliti noti come Masaniello, o i sovrani della casata dei Borbone, spesso mistificati. A mio avviso, invece, abbiamo avuto eccellenze in tutti i periodi, dalle sacerdotesse di Demetra, Cominia Plutogenia e Tettia Casta, al re Ladislao di Durazzo, che per primo provò a unificare la penisola italiana partendo da Napoli; dal pietrificatore di origini sarde Efisio Marino, all’ultimo dei taumaturghi, Antonio Cardarelli, fino alla cantante più applaudita negli Stati Uniti, Gilda Mignonette, della quale in questo libro sono riuscito a ricostruire la sua storia ancora censurata.

Tra quelli da Lei raccontati, quali ritiene siano i segreti di Napoli più affascinanti?
A parte l’enigma della fondazione della città, e il mistero dei tre supereroi che si sono passati il testimone della sua guida, non è possibile non rimanere affatturati da quella che fu definita Urbs sanguinum, ossia, a causa dell’elevatissimo numero di sante ampolle piene di sangue che si scioglieva o borbottava come un mistico ragù, la Città dei sangui; o sedotti dalla potenza di certi sacrari in cui, ancora oggi, pie donne adottano teschi anonimi e li lustrano chiedendo in cambio favori dall’aldilà, o numeri da giocare al lotto; o conquistati dai segni ermetici che si celano tra le pieghe di marmo della chiesa di San Domenico Maggiore o, ancora, intrigati da quello che parrebbe uno degli emblemi del Graal, che è stato ritrovato all’interno di Castel Nuovo, il cosiddetto Maschio Angioino degli aragonesi… Napoli è così, come ti giri, affondi le mani nell’arcano: basta aprire gli occhi, ascoltare le melodie che provengono dalle pietre come il canto sempre vivo della Sirena, e interrogarsi.

Maurizio Ponticello è autore di diversi libri, tra i quali: Napoli, la città velata; I misteri di Piedigrotta; I Pilastri dell’anno. Il significato occulto del Calendario; La nona ora. Per la Newton Compton ha pubblicato: Misteri, segreti e storie insolite di Napoli; Il giro di Napoli in 501 luoghi, Forse non tutti sanno che a Napoli…; Un giorno a Napoli con san Gennaro e Napoli velata e sconosciuta. Ha avuto vari riconoscimenti tra cui il premio Domenico Rea. È presidente della storica associazione di giallisti Napolinoir. Il suo sito è maurizioponticello.it

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