
di Pier Giovanni Guzzo
Carocci editore
«Questo studio si limita alle apoikiai greche d’Italia meridionale e di Sicilia fondate per volontà delle rispettive madrepatrie entro la fine del VII secolo: introducendo il fenomeno storico di questi stanziamenti con una breve analisi di quanto si conosce delle navigazioni verso Occidente di Greci, Ciprioti e “Fenici” dalla seconda metà del II millennio.
Questi antefatti sono stati ritenuti utili a comprendere continuità e discontinuità fra il periodo della protostoria e quello storico, nel quale esclusivamente si situano le apoikiai. Il termine cronologico superiore tende a separare i ritrovamenti effettuati in Italia (e altrove in Occidente) di prodotti “micenei” dai contatti e dagli stanziamenti, invece, di epoca storica (o quasi): proprio per questo, se ne è fatta menzione a scopo di evidenziarne la differenza. Il termine cronologico inferiore che si è posto allo studio è arbitrario, come qualunque limitazione all’analisi dei processi storici complessi (e quello degli stanziamenti greci fuori dalle rispettive madrepatrie continua nel tempo ben oltre il VI secolo). Tuttavia, è sembrato che l’impianto di Metaponto possa essere assunto come atto finale di una fase significativa del processo in esame. Nel corso del VI secolo non mancano in Italia meridionale e in Sicilia apoikiai: da Velia a Lipari, all’avventura di Dorieo. Ma Focei e Cnidi ripetono la scelta compiuta, quasi un secolo prima, dai Colofoni di fronte alla conquista della propria madrepatria da parte di popoli stranieri: Persiani, adesso, come Lidi in precedenza. Così i Samii ridottisi a Dicearchia per sfuggire il tirannico potere di Ligdami, rafforzato dai Persiani. Dorieo è protagonista, e causa, di imprese differenti da quelle che ci fanno riconoscere un’apoikia per definizione. Ma, principalmente, quello che è il quadro territoriale peninsulare ed insulare dell’Italia meridionale pare, alla fine del VII secolo, non più suscettibile di accogliere stanziamenti greci ulteriori rispetto a quanti già ve ne fossero stati impiantati: la distruzione di Siris, comunque la si voglia datare, è precedente sia all’esilio in Occidente dei Focei (che, quindi, sono costretti ad emigrare e non lo fanno di propria volontà) sia alle infelici avventure di Dorieo. Se ne deduce che le apoikiai di “prima generazione”, cioè quelle fondate direttamente dalle rispettive madrepatrie entro la fine dell’VIII secolo, con le più antiche delle rispettive sub-fondazioni, ritenevano ormai saturato lo spazio territoriale disponibile, non ammettendo quindi altri a condividerne le risorse. Velia si impianta, dopo l’infelice tentativo in Corsica, in “terra enotria”: segno che nessuna delle poleis già esistenti era disponibile a cedere parte del proprio territorio ai profughi; né Poseidonia le lasciò, poi, vita tranquilla (Str. 6, 1, 1). Altrettanto fecero i Cnidi occupando l’arcipelago delle Eolie, ormai deserte: conducendo attività di pirateria, anche se non si mancava di coltivare le terre agricole disponibili, ma sempre in quelle stesse isole.
La discussione procede distinta per apoikiai, seguendo grosso modo l’ordine cronologico ricostruito dei rispettivi impianti: pur all’interno di stirpi comuni, le quali sono state esaminate nei loro insiemi da Dunbabin e da Bérard, è parso che ogni polis sia stata protagonista della propria storia, anche nei casi nei quali vi sia stato intervento da parte di più antiche apoikiai. L’eccezione sembra essere costituita dal rapporto tra Zancle e Reggio, anche per l’alterno ruolo di dominanza fra le due città nel progresso del tempo. La scarsissima conoscenza entro il VII secolo che è oggi disponibile per Catane motiva la sua trattazione quasi in appendice a quella di Leontinoi, con la quale ha condiviso le iniziali vicende di fondazione nel coerente quadro dell’espansione calcidese in Sicilia orientale.
Un procedere del genere si presta all’immediata critica di aver frazionato un processo che si considera, invece, unitario: tanto che, in un filone di studi, le apoikiai d’Occidente sono studiate insieme a quelle di Oriente e del Mar Nero. È sembrato, intanto, che ogni ktisis abbia avuto caratteristiche sue proprie, pur se generalmente comprese all’interno della definizione della categoria, sia nel rapporto intrattenuto con gli Indigeni sia per quanto riguarda le proprie specifiche vicende, ad iniziare da quelle, pur se analoghe fra loro, che l’hanno motivata nelle rispettive madrepatrie. Inoltre, è ben lontano dall’ambizione di chi scrive comporre una “storia”: ci si riterrà soddisfatti se si troverà in questo lavoro un’ordinata (anche se di necessità soggettiva) esposizione di “evidenze”, talvolta accompagnata da semplici interpretazioni ed argomentazioni, utile a comprendere lo stato attuale delle conoscenze localizzate in un ben definito quadrante, non infimo, del Mediterraneo centrale.»