“Fisica per filosofi” di Carlo Cosmelli

Prof. Carlo Cosmelli, Lei, fisico, è autore del libro Fisica per filosofi edito da Carocci: in cosa consiste un approccio filosofico alla fisica?
Fisica per filosofi, Carlo CosmelliIl libro Fisica per filosofi è un libro particolare. Il fatto è che Fisica per filosofi non è un libro di Filosofia della Fisica o in generale di Filosofia della Scienza; vale la pena di ricordare come sia nato. Il seme di questo libro fu lanciato la sera del 12 luglio 2007, alla Sapienza, quando, nell’ambito dei caffè scientifici che avevo organizzato, scelsi di dialogare con Emidio Spinelli, illustre filosofo, su morale (lui) e termodinamica (io). Con decine di studenti che ascoltavano e facevano domande. Molti di questi erano studenti di Filosofia, preparati, intelligenti, parlavano con un linguaggio appropriato, eppure da alcune domande e commenti si capiva che la maggior parte di loro non aveva la benché minima idea di cosa fosse la Termodinamica, i suoi principi, le basi concettuali su cui si fondava. Questo mi preoccupava considerando anche che molti di loro avrebbero scelto l’indirizzo di Filosofia della Scienza, bellissimo corso con docenti eccellenti. Ora, una cosa mi era chiara: questi studenti leggevano Hegel. Ed io mi rifiutavo di accettare che una persona che legge e capisce gli scritti di Hegel abbia dei problemi a capire le leggi della dinamica di Newton. Quindi era un problema di preconcetti (del tipo: io la matematica, la fisica, non l’ho mai capita) e della mancanza di alcune nozioni di base della fisica, ma che poteva, anzi doveva essere superato. Come affrontare studi di Filosofia della Scienza partendo da zero, senza avere delle basi di Fisica Classica, Relatività o Meccanica Quantistica? Perché era chiaro che, se gli studenti avevano un problema con la Termodinamica, a maggior ragione avrebbero avuto problemi con la cosiddetta Fisica moderna. Per farla breve: da questo evento partì l’idea di creare il Corso Principi di Fisica che tengo alla Sapienza per gli studenti del Corso di Laurea in Filosofia, e, dopo più di dieci anni, di estrarne il libro di cui stiamo parlando.

Questo libro nasce quindi per dare agli studenti di Filosofia (ma non solo a loro) una base per avere un’idea di cosa sia la Fisica con alcune basi più formali rispetto agli ottimi libri di divulgazione che si trovano in commercio. Altrimenti si rischiava di avere persone che si limitavano ad affermare che “tutto è relativo” oppure “la Meccanica Quantistica dice che non posso sapere nulla del mondo”, o che non avevano la minima idea di cosa fosse la non-località della realtà.

In questo senso l’approccio filosofico consiste nel presentare i Principi della Fisica in maniera formalmente corretta, a parte qualche semplificazione, dedicando un grosso spazio alla discussione del loro significato, discussione che ovviamente deve essere fatta in lingua italiana, quindi tramite lo strumento per eccellenza utilizzato dai filosofi e da qualunque essere umano per acquisire e discutere informazioni e concetti. Inoltre mi era chiaro che per molte persone sarebbe stato utile ed interessante sapere, per ogni Principio scritto, fossero i Principi della Dinamica di Newton o quelli della Relatività Speciale di Einstein, che cosa intanto pensavano sull’argomento i filosofi coevi. Ecco perché alla fine di ogni capitolo del libro sono presenti gli inserti Storico-filosofici scritti da Paolo Pecere, filosofo dell’Università di Roma Tre, che lo rendono abbastanza unico nel panorama editoriale attuale. Abbiamo, per ogni capitolo, un fisico che parla di Fisica e un filosofo che parla di Filosofia della Scienza.

Quindi questo libro non è rivolto solo ai “filosofi”?
Assolutamente no. Questo libro è uno strumento per tutti i non fisici che vogliano avvicinarsi ai temi concettuali della fisica, in particolare di quella moderna, che non padroneggiano il formalismo matematico, spesso molto complesso, necessario per leggere e capire un qualunque testo di fisica, ma che vogliono leggere e capire la basi della Fisica che utilizziamo per descrivere il nostro universo.

Il desiderio di approfondire i temi della Fisica, in particolare di quella fisica molto particolare che è la fisica del XX secolo, quindi la Relatività Speciale, la Relatività Generale e la Meccanica quantistica, è comune non solo ai filosofi, ma anche a tutte quelle persone interessate alla scienza moderna che, dopo aver letto alcuni libri divulgativi, desiderano approfondire alcuni temi con un minimo di formalismo in più. Questa è la ragione per cui per ogni capitolo del libro (Meccanica, Termodinamica, Elettromagnetismo, Relatività Speciale, Relatività Generale, Meccanica Quantistica, Oggi) io presento i Principi della Fisica. I Principi hanno il vantaggio di non dover essere dimostrati, sono appunto dei Principi. Vanno letti e capiti, cosa spesso non facile. Questo è quello che ho cercato di fare. E vorrei dire di più sul cosiddetto “target”. Qualche anno fa ho tenuto un corso gratuito di Relatività e Meccanica Quantistica su di una piattaforma on line (Coursera). Era un corso molto semplice formalmente, simile a quello che tengo alla Sapienza. Ho avuto fino a 13’000 studenti di tutto il mondo, benché il Corso fosse tenuto in italiano. Mi sono reso conto che questa modalità interessava migliaia di persone che volevano sapere qualcosa di più della materia. E aggiungo anche che alcuni colleghi che insegnano nelle scuole superiori hanno l’intenzione di utilizzarlo come aiuto didattico. Questo perché i libri di testo ufficiali sono una summa molto estesa di formule, concetti, esempi per centinaia e centinaia di pagine che entrano spesso molto in dettaglio nei fenomeni trattati, cioè praticamente in tutto il panorama della fisica. Un panorama dei soli principi, semplice ma formalmente corretto può essere di aiuto nella comprensione globale di tutto il percorso che hanno fatto la Fisica e la Filosofia da Galilei fino ad oggi.

Fisica è il nome di un trattato di Aristotele: quale rapporto esiste tra fisica e filosofia e quale percorso hanno fatto queste discipline?
Vorrei rispondere con un paragone. Il rapporto può essere visto come lo stesso, ma cronologicamente opposto, di quello che esiste fra elettricità e magnetismo. Nel mondo ellenistico si conoscevano i fenomeni elettrici (i pezzetti di carta attratti da alcuni materiali strofinati) così come il magnetismo (i materiali “magnetici” provenienti da Magnesia, oggi in Turchia). E le descrizioni di questi fenomeni furono portate avanti come indipendenti fino alla metà del XIX secolo quando Maxwell scrisse le sue famose equazioni creando l’elettromagnetismo: quei fenomeni che sembravano due fenomeni diversi erano due aspetti diversi della stessa realtà. Parlando della fisica e della filosofia è successo il contrario: da una unione si è arrivati ad una separazione di fatto. Aristotele, filosofo, scrive vari volumi di Fisica, e Newton chiama il testo base della meccanica classica “Principi matematici della Filosofia naturale”. Per circa mille anni il fisico e il filosofo naturale coincidono con la stessa persona. Ma dalla fine del XIX secolo in poi il formalismo della matematica utilizzata per descrivere i fenomeni fisici diventa sempre più complicato, ed è sempre più difficile per un filosofo seguire gli sviluppi delle nuove scienze. Vale la pena, inoltre, di ricordare una nota pubblicata nel 1914 sul giornale Il Marzocco, in margine ad un incontro internazionale di Filosofi e Matematici, organizzato in Italia da Enriques (matematico) con la forte opposizione di Croce (filosofo). Senza che Croce sia nominato, il suo punto di vista è brevemente riassunto: «Mi par di sentire qualcuno dei miei lettori: che cosa diamine possono discutere insieme filosofi e matematici? Allegro convegno in cui gl’interlocutori non hanno nulla in comune che li interessi!».

Tale convincimento, molto diffuso in Italia, corrisponde fedelmente – purtroppo – all’ordinamento degli studi, con la separazione netta fra cultura letteraria e formazione scientifica. Quindi fra problemi formali e problemi culturali questo solco si è andato sempre più allargando, accentuandosi man mano che si andava avanti. Lo stesso Popper incorse in alcune disavventure formali nell’interpretazione della non località einsteiniana. E anche in ambito fisico l’estrema complessità del formalismo fa sì che anche fra fisici di diverse aree sia spesso impossibile un dialogo data la differenza fra i formalismi utilizzati e l’impossibilità di padroneggiarli tutti ad altissimo livello. Oggi spesso il fisico “produce modelli per validare le esperienza e fare previsioni sulle misure” (J. Dewey), tralasciando, talvolta per pura mancanza di tempo, l’approfondimento del significato intrinseco delle teorie e/o delle previsioni fatte. D’altronde sempre più spesso il filosofo moderno si occupa di temi che hanno a che fare con l’etica, la morale, con argomenti difficilmente o forse impossibili a formalizzarsi con formule matematiche. Di qui la inevitabile separazione fra le due categorie di studiosi.

Quale percorso storico-filosofico ha compiuto la fisica?
Vorrei dare una visione personale (da fisico). Fino alla fine del XIX secolo la fisica prova a descrivere fenomeni ragionevoli (palline che cadono, pianeti che ruotano intorno al Sole, corpi che si scaldano, calamite che si attraggono, onde luminose che viaggiano…) utilizzando teorie ragionevoli. In fondo quasi tutta la fisica classica può essere fatta a partire dalla famosa relazione F=ma scritta da Newton. Ma nel XX secolo ci si accorse (Einstein in primis, poi molti altri fisici) che la Fisica Classica in molti casi non funzionava. O era incoerente (l’elettromagnetismo) o proprio non riusciva a descrivere il comportamento di oggetti piccoli (gli atomi p.e.). La soluzione saranno le due teorie della Relatività e la Meccanica Quantistica, che risolvono (quasi) tutti i problemi. Ma c’è un salto logico: i principi relativi a queste teorie sembrano assurdi, non sono per nulla intuitivi e le modalità con cui si descrive la natura sono spesso spiazzanti. Vale la pena di ricordare, fra i tanti, due commenti sulla Meccanica Quantisitica, uno di W. Pauli: In questo momento la fisica è ancora una volta terribilmente confusa. In ogni caso è troppo difficile per me, e io vorrei essere un attore comico del cinema o qualcosa del genere e non aver mai sentito parlare di fisica (Pauli, 1925). E un commento di A. Einstein: L’idea che un elettrone esposto a radiazione possa scegliere liberamente l’istante e la direzione in cui spiccare il salto è per me intollerabile. Se così fosse, preferirei fare il ciabattino, o magari il biscazziere, anziché il fisico (Einstein 1924). E questi sono commenti di due persone che hanno vinto entrambe il premio Nobel per i loro lavori sulla Meccanica Quantistica! Il fatto è che queste teorie funzionano. Punto. Descrivono benissimo quello che osserviamo, possiamo utilizzarle per fare previsioni, e fino ad ora sono risultate sempre vere, quindi il fisico moderno, spesso, non sempre, si ferma qui. Gli ultimi grandi fisici che hanno dato la stessa importanza ai risultati fisico matematici delle nuove teorie e al significato da dare a queste teorie sono stati appunto i creatori della Relatività e della Meccanica quantistica. Bisogna dire che oggi c’è un ritorno alla ricerca della comprensione del significato più profondo, direi filosofico, del modello che abbiamo del nostro universo.

La meccanica quantistica non cessa di affascinare per la sua “eterodossia”: in che modo un approccio filosofico può contribuire ad una maggiore comprensione dei suoi principi?
Questo è un punto profondo e delicato che affronto, in parte nel mio libro. Semplificando al massimo si potrebbe dire che la fisica lavora con dei modelli, con delle formule che descrivono i modelli e con i numeri che se ne ricavano e che possiamo confrontare con quello che osserviamo oppure per prevedere osservazioni future.

Mentre la filosofia lavora con il linguaggio, come rappresentazione di alcune realtà, e con i significati da attribuire alle nostre parole. Ora, il punto è che le formule, per essere capite, DEVONO passare attraverso il nostro linguaggio. Questo passaggio non è per nulla banale né ovvio. Tanto per fare un esempio: il concetto di spazio-tempo come un oggetto unico è sicuramente un concetto difficile da visualizzare e da accettare per un essere umano di madrelingua occidentale. Questo stesso concetto è sicuramente più facilmente accettabile per un bambino di madre lingua giapponese in uno dei kanji più antichi, il MA: 間 , può avere il doppio significato di intervallo di spazio e di intervallo di tempo, assumendo l’uno o l’altro dei due significati a seconda delle situazioni. Per un piccolo giapponese sarà molto più semplice accettare che lo spazio e il tempo siano aspetti della stessa realtà.

Ma c’è qualcosa di ancora più profondo che non un semplice problema di interpretazione dei simboli linguistici.

Heisenberg, per esempio, si rifiutava di visualizzare gli eventi e gli oggetti del mondo subatomico, rifiutandosi a priori di attribuire un significato ad alcune parole che noi avremmo voluto utilizzare per descrivere lo stato delle particelle (p.e. posizione e velocità). Il suo famoso Principio di Indeterminazione non è banalmente l’impossibilità (per noi) di determinare con sufficiente precisione alcune proprietà di un certo oggetto. Il significato ultimo del suo Principio, nella versione del 1930, è il rifiuto di parlare di alcune proprietà degli oggetti microscopici, vale la pena di riportare le sue parole “Questa relazione di incertezza specifica i limiti entro cui si può applicare la descrizione di particella. Ogni utilizzo delle parole “posizione” e “velocità” con un’accuratezza che eccede quella data dall’equazione […] è senza significato, come l’utilizzo di parole il cui significato non è definito”. Questo approccio, dal mio punto di vista, è quanto di più filosofico si possa avere discutendo di una legge fisica.

A quali domande la fisica non ha ancora dato risposta?
Nell’ultimo capitolo del mio libro (Oggi) parlo anche di questo. La Scienza è andata molto avanti da Galilei in poi. Sappiamo tantissime cose e ne prevediamo altrettante. Ma di altre non ne sappiamo nulla, nel senso che ancora non sappiamo darne una descrizione formale. Per esempio ancora non sappiamo come descrivere un oggetto tramite la Relatività Generale E la Meccanica Quantistica. O utilizziamo una o utilizziamo l’altra ma ancora non abbiamo unificato le due, come era stato fatto per elettricità e magnetismo e come è stato fatto per Meccanica Quantistica e Relatività Speciale. E ancora non sappiamo cosa siano quegli strani oggetti che abbiamo ipotizzato per descrivere alcuni aspetti dell’universo, la Materia Oscura, l’Energia oscura. E non sappiamo perché nell’universo ci sia più materia che antimateria… E ad ogni teoria vorremmo essere in grado di attribuire un significato, supponendo che esista. Questi sono i problemi della cosiddetta fisica fondamentale. Ma ne abbiamo altrettanti in campi più applicativi. Per citarne uno: ancora non si è riusciti a costruire un calcolatore quantistico. Che non è, come molti pensano, solo un calcolatore più veloce. Un calcolatore quantistico permetterebbe di risolvere in poche ore problemi che con un calcolatore normale avrebbero bisogno di varie volte l’età dell’universo per esser risolti, problemi quindi irrisolvibili in pratica. E a che servirebbe un calcolatore del genere? Un esempio attuale: noi cerchiamo da decenni farmaci per malattie talvolta poco curabili (alcuni tumori p.e.). Ma la strada è lunga perché in molti casi è difficile, in pratica è impossibile, progettare un farmaco. Un farmaco purtroppo non è come un motore di formula 1 di cui si conoscono tutte le caratteristiche e che può essere progettato ad hoc con buone probabilità che le prestazioni siano vicine a quelle del progetto (non sempre…). Quindi si fanno ipotesi, poi si testano i vari farmaci, insomma è un processo molto lungo che per alcune affezioni non ha ancora portato a risultati. Il problema è che un sistema biologico è un sistema molto molto complesso, non siamo in grado di scrivere e di risolvere tutte le equazioni che descrivono questi processi, e anche se le scrivessimo non ci sarebbe il tempo per risolverle. Un calcolatore quantistico invece potrebbe essere programmato per calcolare in tempi ragionevoli gli effetti di un eventuale farmaco. Va detto che questa per il momento è ancora quasi-fantascienza; i calcolatori quantistici sono oggetti che si stanno sviluppando ora, con pochi qubit (bit quantistici) funzionanti, ma siamo confidenti che prima o poi si arriverà ad averne uno utilizzabile per calcoli e simulazioni complicate.

Per concludere direi che va tutto bene, ma che c’è ancora tanto da fare.

Carlo Cosmelli, fisico sperimentale, si laurea alla Sapienza con un magnetometro superconduttore per lo studio dell’emoglobina. Collabora con il gruppo di E. Amaldi sulla ricerca delle Onde Gravitazionali. L’anno di Ustica e di Reagan lavora negli USA, a Washington DC, al ritorno diventa ricercatore. Vince un concorso da Professore Associato all’Università di Salerno. Torna alla Sapienza dove crea un piccolo gruppo per studiare la non località della realtà macroscopica. Recita in “I Fisici” di Dürrenmatt, in “Vita di Galileo” e in un frammento di “Antigone” di Brecht. Per tre anni collabora con GEO&GEO, su RAI3. Negli ultimi anni si è occupato di computazione quantistica, decadimento doppio beta (esperimento CUORE, INFN – Gran Sasso), e rivelazione di fotoni tramite kids. È autore di più di 100 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali. Dal 2008 tiene il corso Principi di Fisica per un eroico drappello di studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza.

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