“Filosofia della religione” di Andrea Aguti

Filosofia della religione, Andrea AgutiFilosofia della religione. Storia, temi, problemi
di Andrea Aguti
Scholè

«Nel corso della storia del pensiero filosofico il tema della religione non ha mai cessato di avere un interesse, perché la religione offre una risposta a fondamentali interrogativi dell’uomo, come quelli se esista una potenza assoluta da cui dipende il nostro destino, se la vita, con le sofferenze a volte molto grandi che in essa dobbiamo sperimentare, abbia un senso e se sia ragionevole sperare in una vita dopo la morte. Questioni del genere, prima o poi, si affacciano alla mente di ognuno e il compito della filosofia è anche quello di riflettere in modo sistematico sulle risposte che a esse vengono date dalla religione.

Nell’epoca moderna, in modo particolare nella cultura occidentale, il tema della religione è divenuto problematico, perché il suo oggetto, sia esso chiamato “Dio”, il “divino”, il “sacro”, il “trascendente”… ha progressivamente perso di evidenza, al punto che atteggiamenti come l’ateismo o l’indifferentismo religioso, che in periodi storici precedenti sono stati largamente minoritari, appaiono oggi molto diffusi. Molti fattori hanno determinato questo passaggio: i conflitti religiosi moderni che hanno relativizzato la pretesa di verità di una religione determinata, il processo di secolarizzazione che ha ridimensionato la dimensione pubblica della religione e, quindi, anche la sua capacità di modellare culturalmente la vita individuale e collettiva, la visione scientifica del mondo che si è emancipata da questioni metafisiche e in certi casi conteso con successo alla religione l’interpretazione della realtà, la messa in discussione delle premesse che avevano tradizionalmente guidato l’elaborazione di una teologia filosofica. Proprio il periodo storico in cui il tema della religione è stato largamente problematizzato, e in cui si è realizzata una differenziazione senza precedenti tra filosofia e religione, è anche quello che ha visto la nascita della filosofia della religione, cioè della disciplina di studi che si pone il compito di riflettere in modo razionale sulla religione.

Un libro di filosofia della religione come quello che qui presentiamo deve tener conto del carattere problematico che il tema della religione ha assunto nel discorso filosofico della modernità, ma al tempo stesso non può far valere questo dato come un pretesto per eludere il compito di affrontare le questioni di fondo che il tema solleva a livello filosofico. Questo, invece, talora accade e i modi con cui questa strategia di elusione viene realizzata sono abitualmente due: concepire la filosofia della religione in chiave puramente storica, identificando di fatto la filosofia della religione con la storia della filosofia della religione, e riservare un’esclusiva attenzione alle questioni metodologiche ed epistemologiche che toccano la filosofia della religione in quanto disciplina autonoma. Ovviamente una prospettiva storica sulle origini e lo sviluppo della filosofia della religione è importante, perché consente di acquisire una conoscenza della varietà di modelli con cui il rapporto tra filosofia e religione è stato e può essere declinato, così come lo è una riflessione sul metodo e lo statuto epistemologico di una disciplina che ambisce a coniugare due grandezze (la filosofia e la religione) spesso concepite come totalmente differenti se non addirittura come incommensurabili. Abbiamo affrontato con una certa ampiezza entrambe le questioni nel primo capitolo del libro e speriamo di aver offerto elementi utili alla ricostruzione dell’una e alla comprensione dell’altra. Per il resto, abbiamo ritenuto opportuno affrontare quelle che a noi sembrano le principali questioni che il tema della religione solleva a livello filosofico: che cos’è la religione, in quale modo può darsi una giustificazione razionale della religione, come affermare in modo plausibile l’esistenza di Dio e la sua natura, come rendere compatibile l’esistenza di Dio con quella del male, come articolare razionalmente la pretesa di verità avanzata dalle religioni. Si tratta delle questioni che scandiscono, nei successivi capitoli, il percorso che questo libro offre e grazie alle quali, questo il nostro auspicio, il lettore potrà essere introdotto a una comprensione filosofica della religione.

Nel tenere legate questioni storiche e metodologiche con questioni di contenuto abbiamo cercato anche di lanciare un ponte tra un modo di fare filosofia della religione che è tipico dell’ambito “continentale” e un altro che è tipico dell’ambito “analitico”. Per quanto sia inevitabile riconoscere la specificità di modi differenti di impostare e svolgere il lavoro filosofico, ci sembra che la tradizionale distinzione fra “continentali” e “analitici” oramai non abbia molto senso e debba essere progressivamente superata per guardare piuttosto al contributo che entrambe le impostazioni sono in grado di offrire alla filosofia della religione. La filosofia della religione continentale può vantare una lunga tradizione che è assai significativa, ma allo stato attuale deve scontare anche una notevole frammentazione che è in gran parte dovuta proprio al prolungato e per molti versi estenuante confronto che essa ha svolto e continua a svolgere con la sensibilità moderna e post-moderna nei riguardi della religione, anche con quella più riottosa a svolgere le proprie tesi in modo argomentativo. Per contro, la filosofia analitica della religione possiede una tradizione decisamente meno lunga e articolata, ma oramai da un più di un trentennio mostra una vitalità di gran lunga superiore rispetto a quella continentale, che è attestata dal numero notevole e sempre crescente di pubblicazioni in questo ambito, ma soprattutto da due elementi: una discussione aperta in cui le varie posizioni si confrontano realmente mediante argomenti, invece di contrapporsi in base a parole d’ordine di varia natura o all’appartenenza a scuole filosofiche, e una sana ingenuità nel mettere a tema questioni centrali della filosofia della religione che a molti sembrano superate o politicamente scorrette. È il caso delle questioni che toccano l’esistenza e la natura di Dio o la teodicea o ancora la pretesa di verità delle religioni. In molti filosofi continentali della religione, anche italiani, non si può fare a meno di constatare una certa ritrosia ad affrontare simili questioni. Intendiamoci, la ritrosia ha le sue buone motivazioni, perché la complessità e l’oscurità di tali questioni è grande, ma l’alternativa di rifugiarsi nel lavoro di ricostruzione storica del pensiero di un autore o di più autori alla fine non è molto produttiva. D’altra parte chi decide di affrontare questioni di contenuto come quelle suddette si espone a dei rischi, perché è inevitabile che una loro trattazione apparirà insufficiente e discutibile sotto molti punti di vista, ma ci sembra che questo sia l’unico modo per tentare di rendere significativo il lavoro del filosofo della religione. In Italia chi si occupa di filosofia della religione in ambito accademico è già gravemente penalizzato per il fatto di non essere inserito in uno specifico settore scientifico-disciplinare e di essere talora considerato alla stregua di uno pseudo-teologo, non c’è bisogno che egli contribuisca da sé alla propria marginalizzazione.

Ciò vale tanto più per il fatto che nell’epoca attuale la religione è un tema che presenta un rinnovato interesse per molti nostri contemporanei e non soltanto a livello personale, bensì anche a livello pubblico, considerata la crisi di legittimità che investe altre visioni del mondo che pure sono state influenti nel passato. Una riflessione sul fenomeno religioso che non presenti il carattere confessionale della teologia, non lo frammenti in una molteplicità di prospettive spesso irrelate, come accade nelle scienze della religione, non assecondi la diffusa tendenza, soprattutto italiana, a declinarlo in chiave ideologico-politica o ancora non lo lasci al sensazionalismo mediatico o alle chiacchiere dei talk-show, appare oggi più che mai necessaria e soltanto il filosofo della religione è in grado di offrirla.»

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