“Filosofe, maestre, imperatrici. Per un nuovo canone della storia della filosofia antica” a cura di Maddalena Bonelli

Prof.ssa Maddalena Bonelli, Lei ha curato l’edizione del libro Filosofe, maestre, imperatrici. Per un nuovo canone della storia della filosofia antica pubblicato dalle Edizioni di Storia e Letteratura: quale ruolo hanno svolto le donne nella storia della filosofia antica?
Filosofe, maestre, imperatrici. Per un nuovo canone della storia della filosofia antica, Maddalena BonelliNon è facile stabilirlo con chiarezza. Più di 130 fonti antiche menzionano almeno una settantina di donne chiamandole “filosofe”. Di queste metà restano solo nomi, ma all’altra metà vengono attribuite dottrine filosofiche e, in pochi e fortunati casi, anche scritti filosofici giunti fino a noi. Purtroppo, però, le testimonianze sulle dottrine e sugli scritti delle filosofe antiche sono estremamente frammentarie e viziate da pregiudizi di genere (ricordiamo infatti che le fonti sono tutte maschili), motivi per cui resta difficile stabilire con chiarezza chi furono queste donne, che influenza ebbero sul loro ambiente e addirittura se gli scritti a loro attribuiti siano autentici.

Detto questo, almeno alcune di loro hanno esercitato un forte impatto sulla società del tempo e sullo sviluppo di alcuni percorsi teorici successivi: è il caso ad esempio delle Pitagoriche, il gruppo più nutrito di filosofe antiche, cui due comici del IV secolo a.C. dedicarono ben due commedie, segno di evidente fama; di Diotima, la sacerdotessa del Simposio di Platone, che ebbe grande influenza sul protofemminismo di un certo romanticismo tedesco e sul femminismo italiano del gruppo che, non a caso, si autodenominò «Gruppo Diotima». Per non parlare di Ipazia di Alessandria, oggetto di studi vivaci almeno da una trentina d’anni.

In che modo Aristotele teorizzava l’inferiorità della donna?
Sostanzialmente in due modi. Per prima cosa, pur riconoscendo che la donna appartiene alla stessa specie dell’uomo, inteso come animale razionale, Aristotele ha sostenuto la tesi secondo cui essa rimane per tutta la sua vita una eterna fanciulla, incapace di sviluppare la propria razionalità e di prendere decisioni autonome a causa del predominio della sua parte emotiva. In secondo luogo, teorizzando, per la verità in base alle teorie mediche dell’epoca, che nella generazione dei figli la donna fornisce la materia (cioè, il corpo) mentre l’uomo trasmette la forma (cioè, l’anima).

Quali prerogative assegna Platone alle donne nella Repubblica?
Nella Repubblica, com’è noto, troviamo la descrizione della città ideale che Platone immagina come alternativa alla polis del suo tempo, corrotta e piena di mali. La città ideale si basa tra le altre cose sull’idea che è in una delle classi che costituiscono la società, quella dei guerrieri, che debbono essere individuati e selezionati, dopo lunga e accurata educazione, i governanti della città, da identificarsi con i filosofi. Platone presenta una linea argomentativa rivoluzionaria che, se portata avanti con rigore, deve condurre ad accettare la conclusione secondo cui anche alcune donne, in base a una certa struttura della loro anima, possono essere candidabili al ruolo di guardiane della città e quindi a quello di filosofe-regine. Ma Platone non ebbe il coraggio di trarre questa conclusione a causa dei pregiudizi comuni circa la debolezza di forza e di competenza delle donne (pregiudizi in parte ancora presenti: si pensi alla famosa distinzione, oggi solo parzialmente superata, fra la cuoca e lo chef).

Quale ruolo svolgevano, all’interno della setta, le Pitagoriche?
Bisogna distinguere tra due generazioni di Pitagoriche: le Pitagoriche antiche, di età arcaica e classica, discepoli dirette di Pitagora, tra cui le donne della sua famiglia, come sua madre Pitai, sua moglie Teano, le figlie Myia, Damo e Arignote; e le Neopitagoriche di età ellenistica e imperiale, come Esara di Lucania, Perictione, una seconda Teano, ecc. Delle prime ci sono pervenute solo testimonianze indirette, ma risulta che fossero a tutti gli effetti membri della setta, particolarmente impegnate (soprattutto Teano) nel ruolo educativo delle altre donne pitagoriche. Le neopitagoriche costituiscono un caso più unico che raro poiché possediamo quattro trattati e dieci epistole a loro attribuiti, praticamente gli unici scritti di donne filosofe antiche giunti fino a noi. Quasi tutti questi scritti si occupano di economia domestica, vita familiare e matrimoniale e virtù femminili.

Quale importanza riveste, tra le donne pitagoriche, la figura di Esara di Lucania?
Il testo attribuito ad Esara di Lucania, che si intitola Sulla natura dell’uomo, è uno dei pochissimi testi attribuiti a filosofe antiche che si occupa di filosofia “in senso stretto”. Esso (di fatto un frammento di una cinquantina di righe) presenta un interessante parallelo tra anima, famiglia e città, che coniuga la teoria pitagorica dell’armonia di macrocosmo e microcosmo con la tripartizione dell’anima di Platone. Purtroppo, ancora una volta, sono molti i problemi che impediscono di considerare questo testo come un contributo di una donna realmente esistita alla filosofia antica. Per prima cosa, infatti, non possediamo alcuna notizia biografica su Esara; inoltre, uno dei manoscritti dell’opera riporta come nome dell’autore non Esara ma Aresa, un pitagorico lucano menzionato dal filosofo Giamblico; infine, il testo è considerato da molti studiosi (non da tutti, però) o come l’opera di un uomo che scrisse sotto pseudonimo o una contraffazione. Anche se l’opera non fosse di una donna, però, è comunque significativo che essa fu tramandata sotto il nome di una donna.

Cosa sappiamo di Diotima, la sacerdotessa che Socrate menziona nel Simposio?
Praticamente nulla, a parte la ricostruzione che ne dà appunto Platone nel Simposio. Per questo molti studiosi (ancora una volta non tutti) ritengono che Diotima sia una finzione letteraria che presenterebbe una prima versione della teoria platonica delle idee. Questa posizione è stata però messa in discussione alla fine del secolo scorso, quando per la prima volta sono stati analizzati con cura tutti gli elementi a favore e contro l’esistenza storica di Diotima, anche per capire se fosse possibile attribuirle la dottrina filosofica che si trova nel Simposio. Questo tentativo è stato contestato poiché complesso e audace; ma si tratta di un tentativo da cui non si può prescindere anche per la valutazione dello straordinario impatto che Diotima ebbe sugli studi femministi di cui si è già detto.

Che rapporto intratteneva con la scuola epicurea Pompeia Plotina, l’imperatrice romana moglie di Traiano?
Plotina, influente moglie dell’imperatore Traiano, aderì all’epicureismo, fatto noto solo perché attestato da due iscrizioni su pietra che sono state individuate e analizzate con cura solo relativamente di recente. Plotina quindi non fu una filosofa nel senso in cui produsse teorie o testi filosofici, ma lo fu in quanto amante della filosofia e seguace di una scuola filosofica, nel caso specifico epicurea. Fatto straordinario perché, se da una parte è noto che Epicuro e la ‘setta’ epicurea avevano aperto alle donne, è altrettanto noto che all’epoca di Plotina e in generale in età adrianea la scuola epicurea fu molto meno potente di quella stoica.

Ipazia di Alessandria tradizionalmente rappresenta l’unica donna filosofa dell’antichità, sulla quale è stato anche girato un film: in che modo questa donna si meritò un vero e proprio status di filosofa presso i contemporanei?
Ipazia fu una figura molto in vista nella turbolenta Alessandria del IV-V secolo dopo Cristo. Essa fu una matematica e una filosofa illustre, che forse fu a capo della celebre scuola neoplatonica di Alessandria. Insegnò filosofia, in particolare le dottrine di Platone e Aristotele, ed ebbe molti allievi che accorrevano da tutte le parti per ascoltarla; inoltre collaborò probabilmente con il padre, Teone di Alessandria, all’edizione e commento del III libro del Sistema Matematico di Tolemeo. Purtroppo, la sua fama deriva soprattutto dal fatto che fu orribilmente uccisa, in quanto pagana, da una setta cristiana probabilmente legata a “San” Cirillo di Alessandria. Gli studi degli ultimi trent’anni hanno cercato, e ancora cercano, di restituire a Ipazia la sua dignità di donna filosofa, indipendentemente dal suo esecrabile omicidio.

Maddalena Bonelli insegna Storia della filosofia antica presso il Dipartimento di Lettere, Filosofia, Comunicazione dell’Università degli studi di Bergamo. Ha scritto diversi articoli e libri, tra i quali Alessandro di Afrodisia e la metafisica come scienza dimostrativa (Bibliopolis 2001) e Leggere il Fedone di Platone (Carocci 2015). È membro del Consiglio direttivo di SWIP-Italia (Società italiana per le donne in filosofia).

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