“Febbre” di Jonathan Bazzi

«Ho l’HIV, sono sieropositivo: cosa significa? Ti faccio paura? Ti faccio schifo? Non è importante, non mi interessa. Sono stato arruolato a mia insaputa nell’esercito degli impuri, degli appestati, dei portatori di un male speciale».

Jonathan è un ragazzo di 31 anni, vive a Milano, è cresciuto in periferia – a Rozzano – e in un giorno come tanti di gennaio scopre di avere la febbre. Passano i giorni, le settimane, la febbre aumenta, diminuisce, aumenta ancora. La febbre non sparisce mai.

Dopo mesi di dubbi e paranoie, finalmente le risposte: test dell’HIV, Jonathan è sieropositivo.

È l’evento che cambia la vita del protagonista: un momento di smarrimento e di epifania, un punto di svolta che lo porta a relazionarsi con la sua stessa storia. Jonathan racconta Jonathan, la sua infanzia difficile, in una famiglia fatiscente come la casa in cui vive. Bazzi stende un tappeto su cui ripercorriamo i suoi trascorsi – la storia di Jonathan appunto – tra i palazzi di periferia e gli ostacoli della vita, che porteranno il protagonista a reagire, all’essere se stesso: sensibile, balbuziente, filosofico, omosessuale, empatico; insomma diverso, sbagliato per il suo contesto.

Jonathan Bazzi, classe ’85, sceglie la propria biografia come romanzo d’esordio: debutto riuscito, mette d’accordo critica e pubblico, con buoni risultati anche nel mondo dei premi – tra tutti la cinquina (sestina) allo Strega nel 2020.

La qualità che viene riconosciuta a Bazzi sta nella schiettezza, nella capacità di trasmettere la propria esperienza intatta, senza filtri e autentica. L’ulteriore capacità è di presentare una voce nuova, fresca, che sappia tradursi in immaginari attuali e in una lingua contemporanea. Bazzi e il suo romanzo sono effettivamente una buona sintesi dei tempi a cui appartengono: quello che spesso non si considera è la possibilità che non sia un pregio.

Il lavoro di Bazzi è certamente un prodotto eccellente: fin dalle prime pagine la fruizione è scorrevole, agile, che porta a consumare con voracità capitolo dopo capitolo. La presa sul pubblico è garantita: la storia, che già di per sé contiene una serie di interessanti elementi particolarmente adatti a far presa sul lettore, attraverso uno stile immediato riesce a creare un ponte di coinvolgimento emotivo che diviene legame. Del protagonista infatti ci si affeziona. Le componenti descritte in queste righe sembrerebbero dunque convergere verso il giudizio espresso all’unanimità nel mondo espanso dell’editoria italiana: Febbre è un piccolo capolavoro, che ha tuttavia ben poco a che fare con la letteratura. Il binario descritto e intrapreso dal romanzo si applica perfettamente a un altro settore, quello del marketing, non a caso più familiare ai prodotti che alle opere d’arte.

Febbre è un’espressione perfetta dei nostri giorni e un piccolo capolavoro, di marketing.

La storia – strettamente legata al vissuto personale dell’autore e quindi impossibile da criticare – si costruisce intorno alla autocommiserazione di un personaggio che sembra voler scrivere un diario, narrativamente semplice e ingenuo, che funga da sfogo e spinta a ripartire per la sua vita: i ragazzi madre, la durezza della periferia, la povertà, i tossici, l’assenza genitoriale, la fluidità di genere, l’abbandono scolastico, il sesso, il degrado urbano, l’omosessualità, il bullismo, la balbuzie, solitudine, la malattia… Gli ostacoli, alcuni più duri da affrontare, altri meno, vengono condivisi al lettore, senza una reale rielaborazione autoriale. Il lettore si ritrova nelle righe, si commuove, si rivede, anche in situazioni lontane dal suo vissuto. Il lavoro di Bazzi è quindi più simile a quello delle webstar, degli influencer, dei blogger: la vera originalità è che rappresenta uno sharing cartaceo, una traduzione culturalmente rilevante dei social network. Temi emotivamente caldi, momenti strappalacrime, un linguaggio colloquiale e una struttura semplice: sono strumenti in grado di ridurre il distacco tra chi scrive e chi legge, in una sovrapposizione empatica che trasporta fin dentro la storia. Il mix funziona, i consensi dei lettori, dei follower e degli addetti ai lavori non possono che fioccare: Febbre è un libro che fa bene a tutti.

Alessandro Refrigeri

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