“Fascisti d’America” di Federico Leoni

Dott. Federico Leoni, Lei è autore del libro Fascisti d’America pubblicato da Paesi Edizioni: come si articola la galassia di sigle della far-right americana?
Fascisti d’America, Federico LeoniLa destra radicale americana è un insieme molto meno omogeneo di quanto il grande pubblico sia abituato a pensare. All’interno dell’estrema destra ci sono state, e ci sono ancora, fratture e divisioni anche aspre: ci sono i nostalgici del Ku Klux Klan, i neonazisti, i suprematisti bianchi sostenitori del “realismo razziale”, la così detta alt-lite (con la sua retorica leggermente smussata), i miliziani paladini del diritto di possedere armi, eccetera eccetera.

Le varie fazioni hanno saputo mettere da parte le differenze quando si sono trovate davanti un candidato alla presidenza – Donald Trump – capace di portare alla Casa Bianca idee simili alle loro. Ovviamente questo non significa che Trump sia assimilabile a un neonazista, ma la sua retorica e i temi su cui più ha insistito nella campagna elettorale del 2016 hanno contribuito a dare agli estremi una platea che non era mai stata così ampia. Il fatto che le idee conservatrici più radicali abbiano contagiato anche cittadini “normali” è stato ampiamente dimostrato dall’assalto al Campidoglio del 6 gennaio scorso: tra gli arrestati, quel giorno, meno del dieci per cento era affiliato a organizzazioni estremiste strutturate. Significa che attraverso i social la retorica e i comandamenti della far-right hanno conquistato anche semplici americani pronti ora a scendere fisicamente in campo e a fare cose che probabilmente qualche anno fa non avrebbero fatto.

In che modo la vittoria di Obama ha dato nuovo slancio alla alternative right?
La vittoria di Obama è stata vissuta, in America e nel mondo, come un trionfo della lotta per i diritti civili e per l’emancipazione degli afroamericani. Per una parte minoritaria ma non trascurabile degli Stati Uniti, però, le elezioni del 2008 sono state un evento nefasto: l’inizio dell’Apocalisse, come ha detto qualcuno. L’ingresso di Obama alla Casa Bianca sembrava concretizzare alcune paure molto diffuse nel mondo della destra radicale. Barack Obama passava per un beniamino dell’élite culturale progressista, quella degli attori di Hollywood e dei magnati alla George Soros, dunque per un burattino in mano a fantomatici poteri forti intenzionati a conculcare i diritti dei “veri” americani utilizzando come leva, tra le altre cose, le politiche migratorie. A sette anni dagli attentati dell’undici settembre il secondo nome di Obama, Hussein, aveva un suono sinistro, e questo si legava alla crociata dei così detti birthers, convinti (a torto) che il neopresidente non fosse nato negli Stati Uniti e quindi non potesse essere eletto. Tra i birthers c’era anche Trump. Il ritorno alla Casa Bianca dei democratici, poi, alimentava i timori legati alla possibile approvazione di leggi più restrittive sulla vendita delle armi. Infine il colore, come non parlarne? Obama è nero, e questo è chiaramente un tema per tutte quelle persone convinte che la popolazione bianca sia minacciata e a rischio. Ma forse più delle parole contano i numeri: tra il giorno della vittoria di Obama e quello del suo insediamento, due mesi e mezzo dopo, sono stati commessi circa duecento crimini d’odio.

Quali sono le convinzioni più diffuse tra i membri della destra anti-sistema?
Il razzismo, il complottismo, i sentimenti antigovernativi, l’opposizione al femminismo, al multilateralismo e all’immigrazione. Questi sono alcuni degli elementi più frequenti nel mondo dell’estrema destra americana: tutte le organizzazioni della far right condividono almeno alcuni di questi principi, ma non tutti li adottano nella loro interezza. I Proud Boys, per citare uno dei gruppi più in vista negli ultimi tempi, sostengono di rigettare il razzismo, ma sono fortemente islamofobi, contrari all’immigrazione e nemici delle femministe. Breitbart News, notissimo sito del mondo alt-right, rifiuta l’antisemitismo, mentre i movimenti di ispirazione neonazista, ovviamente, lo considerano quasi come un dovere ineludibile. La alt-right ha margini molto sfumati, tanto che gli storici si dividono tra chi la considera un soggetto nuovo e chi ritiene sia semplicemente la versione modernizzata del Ku Klux Klan. La verità è che la alt-right è una realtà vivente, e quindi sfuggente.

Come si è evoluta l’estrema destra americana?
Ci sono due linee di tendenza importanti: una è quella segregazionista, sviluppata al sud e non solo, l’altra è quella antigovernativa e costituzionalista, sempre in conflitto contro un governo federale ritenuto corrotto e tirannico.

La destra razzista ha avuto la sua manifestazione più evidente e cruenta nello sviluppo del KKK, ma in realtà ha beneficiato di un appoggio popolare molto più vasto della ristretta cerchia degli incappucciati. Dal KKK si è passati al nazionalismo bianco prima maniera (1.0, come dicono i suprematisti di oggi), altrettanto violento, sanguinario e intransigente. Oggi il suprematismo è vivo e vegeto, ma è diventato più subdolo: ha imparato a utilizzare l’ironia, soprattutto su internet, come stratagemma per aggirare i taboo e introdurre temi un tempo impresentabili nel dibattito politico mainstream.

Le organizzazioni antigovernative hanno avuto una battuta d’arresto nel 1995, con l’attentato di Oklahoma City: l’America si rese conto che i sedicenti “Patrioti” non erano individui un po’ eccentrici con il pallino delle armi ma costituivano una minaccia concreta. Con il tempo le milizie si riorganizzarono: l’11 settembre dirottò l’attenzione delle autorità sul terrorismo islamico, l’elezione di Obama gettò benzina sul fuoco e adesso, anche grazie a internet, le milizie si ritrovano nutrite, organizzate e molto attive.

Come si esprime il suprematismo intellettuale?
L’highbrow white nationalism, che io ho tradotto con “suprematismo intellettuale”, è un movimento che pretende di dare fondamento scientifico alle proprie convinzioni razziste. È quello che si chiama “race realism”, realismo razziale, e cioè l’idea che il razzismo si basi su differenze biologiche concrete e inattaccabili e non semplicemente su sovrastrutture di carattere sociologico. Le teorie pseudoscientifiche del suprematismo intellettuale, in realtà, sono state ripetutamente smontate, ma i modi affettati di individui come Jared Taylor e Richard Spencer continuano a fare presa su chi è vulnerabile al canto delle sirene suprematiste.

Come sono organizzate le milizie d’America?
I miliziani, che come detto preferiscono chiamarsi Patrioti, fanno capo a una miriade di organizzazioni più o meno strutturate che agiscono a livello locale o nazionale. Le accomunano i sentimenti antigovernativi e la convinzione che le autorità locali, e in particolare lo sceriffo di contea, abbiano un potere maggiore di quello delle autorità federali. Per i patrioti Washington D.C. è un covo di corrotti, se non l’epicentro di un complotto mondiale teso a impoverire la classe media o addirittura a disarmarla e confinarla in appositi campi di concentramento. Le milizie difendono il diritto di possedere armi e si oppongono a qualsiasi tipo di gun control. Ai cortei pro Trump si presentano come difensori della libertà d’espressione, impugnando le armi con il pretesto di difendere i partecipanti da eventuali attacchi di contromanifestanti violenti. I Patrioti si definiscono tali perché sono convinti di difendere la Costituzione da coloro che vorrebbero corromperla. Non accetterebbero mai di essere definiti fuorilegge.

In che modo la destra radicale si avvale di Internet?
Senza internet non avremo la destra radicale così come la conosciamo oggi. Internet ha fornito alle organizzazioni estremiste il luogo ideale per mantenersi in contatto e reclutare adepti. Le idee alla base dell’ideologia dell’alt-right esistevano già prima dei social, ma veicolarle era difficile, soprattutto in un Paese grande e diversifica­to come gli Stati Uniti. Trollando personaggi noti gli estremisti hanno potuto sfruttare la platea, spesso molto ampia, di questi vip, insinuandosi nel dibattito grazie a meme ironici e a slogan apparentementi innocui. L’anonimato, così diffuso su internet, ha contribuito a spingere molti utenti verso l’estremismo, perché sul web il mondo è una realtà astratta e la retorica violenta appare come un peccato veniale privo di concrete conseguenze.

Come ha contribuito l’alt-right all’ascesa di Donald Trump?
L’Alt-right ha aiutato Donald Trump, ma è vero anche il contrario. L’alt-right, e in particolare Steve Bannon e Breitbart News, hanno fornito a Trump una comunità di militanti entusiasti e pronti a scendere in campo, oltre a una struttura allenata a colpire i Clinton e felicissima di farlo. Bannon, inoltre, ha saputo prendere le idee di Trump, efficaci ma poco strutturate, e inserirle in una visione più organica dell’America.

D’altra parte Trump ha fornito all’alt-right una platea che difficilmente avrebbe potuto conquistare altrimenti. I conservatori più radicali hanno avuto in passato altri “campioni”, penso per esempio a Pat Buchanan, ma nessuno di loro si è mai avvicinato seriamente alla Casa Bianca.

Ovviamente quello che è successo negli Stati Uniti dal 2016 in poi dipende anche da una tendenza che riguarda tutto l’Occidente, il risveglio delle idee identitarie non è limitato agli Usa. In America, però, queste idee hanno messo radici in un terreno particolarmente fertile, come se l’estremismo di destra si sia sviluppato negli anni proprio per accoglierle.

Cos’è QAnon?
QAnon è un’elaborata e delirante teoria del complotto che considera Trump un agente segreto in lotta contro una setta globale di satanisti impegnata a rapire bambini, estrarre il loro sangue e utilizzarlo nella realizzazione di un elisir di lunga giovinezza. Sembrerebbe un club per pochi squilibrati, ma in realtà ha conquistato un numero incredibile di persone, spesso insospettabili. Alle manifestazioni pro-Trump, in America, è impossibile non imbattersi in bandiere, magliette e adesivi che riportano la Q di QAnon. La sconfitta di Trump (che per gli anons è in realtà una truffa perpetrata da Biden) ha gettato nello sconforto molti degli affiliati, convincendo però molti altri del fatto che sia in atto una battaglia tra bene e male. QAnon è un altro fenomeno che deve molto, forse tutto, a internet: è sul web che gli anons condividono le informazioni, è solo sul web che una teoria così manichea può attecchire. La pandemia ha accelerato il processo, costringendo in casa molte persone che hanno scelto di passare il loro tempo davanti al computer. Le teorie del complotto esistono da secoli, ma credo che difficilmente si sia visto qualcosa di così strutturato, capillare e diffuso come QAnon. Alcuni degli adepti sono pronti a passare dalle parole ai fatti, il che rende QAnon anche molto pericoloso: l’Fbi l’ha definito una minaccia terroristica interna.

Quale futuro per la far-right americana?
L’estrema destra esisteva prima di Trump, l’unica certezza è che esisterà anche dopo di lui. Difficile, in questo momento, dire in che modo. Il Partito Repubblicano ha delle responsabilità nella deriva violenta del mondo conservatore, così come ce l’hanno i tanti commentatori che hanno sfruttato i vantaggi di una retorica estremista e divisiva. Una parte consistente dell’elettorato di destra resta fedele a Trump, il che spiega come mai i repubblicani siano così restii a liberarsi della scomoda eredità lasciata loro dall’ormai ex presidente. La sfida interna al partito si preannuncia come una delle cose più interessanti da seguire nei prossimi anni. Forse tra qualche tempo ci renderemo conto che il trumpismo sarà stata solo una parentesi, o forse, al contrario, ci accorgeremo che ad essere una parentesi sarà stata l’amministrazione Biden.

Classe 1977, Federico Leoni è caporedattore a Sky Tg24. Appassionato di politica e cultura statunitensi, ha seguito come inviato tutte le elezioni presidenziali americane dal 2008 in poi. Co-autore nel 2008 del saggio John McCain, tutte le guerre di Maverick (Utet), nel 2021 ha pubblicato Fascisti d’America (Paesi Edizioni)

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