
Ne tratta il libro False notizie… fake news e storia romana. Falsificazioni antiche, falsificazioni moderne a cura di Simonetta Segenni, edito da Le Monnier Università, che affronta il problema delle «iscrizioni in lingua latina prodotte in epoca postclassica, ma falsamente attribuite ai tempi dell’antica Roma».
Già Theodor Mommsen e i suoi collaboratori avevano distinto, all’interno del Corpus inscriptionum Latinarum (CIL), tra inscriptiones genuinae e inscriptiones falsae. In realtà, «nel novero delle falsae risultano comprese tipologie di documenti iscritti assai diversi tra loro. In primo luogo, infatti, esistono i falsi prodotti materialmente su pietra, metallo e altri materiali durevoli, ma anche, e soprattutto, quelli composti solo su carta, trasmessi unicamente dalle pagine di codici manoscritti e volumi a stampa.» Tuttavia, «la labilità e la soggettività del confine tra vero e falso risultarono ben chiare già allo stesso Mommsen, che aveva inizialmente concepito alcune categorie intermedie di giudizio, quali le inscriptiones suspectae, definite il «purgatorio» del CIL e poi successivamente abbandonate, forse in virtù di un tentativo di semplificazione del complesso piano editoriale del monumentale repertorio cartaceo». Sorprendono i «dati quantitativi sulla sua diffusione»: si calcolano, infatti, «circa 10.000 false iscrizioni latine»!
Il volume propone anche una riflessione «sul concetto di falsum e sul problema della falsificazione in età romana». I saggi ivi contenuti, infatti, «spaziano dal concetto giuridico di «falso» con considerazioni interessanti sulla repressione del falso in età romana, ai falsi tituli, testimoniati già in età antica, alla diffusione di notizie false che orientarono e condizionarono l’opinione pubblica romana, influirono sulla narrazione storica degli autori antichi… fake news in età romana, dunque.»
Ed ecco così le più diverse forme di falsificazione, come quella «mirata all’obiettivo di esaltare la propria persona, attraverso la celebrazione delle imprese degli avi, «un’esigenza già avvertita nella lotta politica romana già verso la metà del III secolo a.C. È in questa prospettiva di legittimazione e di esaltazione del prestigio degli avi che trova posto la letteratura antiquaria e un trattato come il De familiis Romanis di Marco Valerio Messalla.» O la «diffusione di informazioni adulterate e il ricorso al falso ideologico» nella comunicazione pubblica, specie d’età tardo-repubblicana, «in cui dall’orientamento dell’opinione pubblica dipendevano in larga parte gli equilibri di potere all’interno del gruppo dirigente.»
«La falsificazione delle notizie circolate a Roma nel 238» furono ad esempio «determinanti nell’allontanamento dal trono di Massimino il Trace.»
«È notevole come la verificabilità di una notizia, a prescindere dalla credibilità di cui godette presso i contemporanei, abbia costituito un problema non secondario per gli stessi storici antichi. Essi appaiono spesso consapevoli delle manchevolezze delle loro fonti, della loro lacunosità e, talvolta. contraddittorietà.»