
di Massimo Recalcati
Raffaello Cortina Editore
Il nuovo libro dello psicoanalista milanese intende «ritornare su un punto nevralgico della lezione di Lacan che tocca nel vivo l’incidenza del reale del sesso nella vita umana. In gioco c’è la sua celebre tesi relativa all’inesistenza del rapporto sessuale. Cosa significa affermare – come fa Lacan – che il rapporto sessuale non esiste? E qual è la ricaduta di questa tesi sulla vita erotica, al di là delle attuali declinazioni plurali che essa può giustamente assumere? Insomma, cosa c’è nel sesso che lo rende un profondo fattore di gioia e di turbamento della vita umana?
Anche se emancipata dai dispositivi disciplinari e morali che la opprimono, la sessualità non può mai sottrarsi in nessun modo al suo carattere perturbante e disarmonico. Gli esseri umani si accorgono che non è così semplice tenere insieme il desiderio sessuale all’amore poiché questa relazione è, quanto meno, problematica. Allo stesso modo si accorgono che la vita erotica è labirintica e che non ha proprio nulla a che fare con l’istinto; che non è facile non smarrirsi, considerato che in ogni relazione sessuale il desiderio, prima di incontrare il partner, è strutturato inconsciamente da un fantasma singolare che detta le regole di questo stesso incontro: seduzione, possesso, gelosia, estasi, gioia, inibizione, odio scaturiscono sempre da un incastro complesso non solo di soggetti ma anche di fantasmi. È il tema, psicoanaliticamente classico, di questo libro.
Nella tesi lacaniana secondo cui “non c’è rapporto sessuale” o “il rapporto sessuale non esiste”, si evidenzia che c’è qualcosa nella sessualità umana che esclude il rapporto e che questa assenza di rapporto prescinde dalle declinazioni lesbo, omo, etero, trans ecc. della sessualità stessa. Tutte le molteplici forme di declinazione dell’identità sessuale non potranno che affrontare lo scoglio insuperabile del reale impossibile del rapporto sessuale. Questo significa che la sessualità umana non potrà mai essere liberata dall’inesistenza del rapporto sessuale. Nessuna forma soggettiva della vita sessuale può infatti scavalcare il fallimento al quale è destinato questo rapporto impossibile. È questo il lato che resta in ombra nell’attuale dibattito politico-culturale sull’identità di genere. Per quanto potremmo riconoscere legittimità e pieno diritto a scelte sessuali non cosiddette eterosessuali ponendo un argine necessario alla discriminazione e alla violenza omo-lesbo-transfobica, non potremmo mai salvare il sesso dal suo destino impossibile. È ciò che mantiene viva la differenza irriducibile tra la vita sessuale umana e quella animale: mentre l’istinto sessuale vorrebbe ricondurre la sessualità nell’alveo dei comportamenti naturali, la sessualità umana – sia essa lesbo, omo, etero, trans ecc. – non può sostenersi su nessun istinto ed è, dunque, obbligata a separarsi dalla natura. Le sue contorsioni perverso-polimorfe – irriducibili all’istinto – le impongono tragitti tortuosi e labirintici. Da qui il quadro ramificato che ne descrive le vicissitudini. “Non ha mai funzionato e non funzionerà mai come un orologio”, si lamentava un mio paziente ossessivo di fronte agli inciampi continui a cui era sottoposto il suo desiderio sessuale. Tuttavia, il fallimento dell’illusione del rapporto accompagna inesorabilmente anche la sua gioia. Se nella sessualità umana non c’è liberazione possibile dal reale dell’inesistenza del rapporto sessuale, si tratta di imparare ogni volta, come direbbe Beckett, a fallire sempre meglio questo rapporto. Fallire il rapporto significa anche liberarsi dall’illusione della sua liberazione. “Non ha mai funzionato e non funzionerà mai”, direbbe laconico il mio saggio paziente. Sicuramente non come un orologio, né come un istinto animale. La sessualità umana è un campo attraversato da onde sismiche che lo rendono instabile e precario.
La gioia non è però affatto estranea a questa instabilità e a questa precarietà. Essa può scaturire dall’Eros come una forza sorprendente, come un’affermazione della vita e della sua eccedenza. Laddove poi questa forza conosce la convergenza con l’amore, ha la straordinaria possibilità di unire il corpo con il nome facendo esistere un erotismo capace di non restare imprigionato nell’ipnosi dell’oggetto, ma di manifestarsi come un’altra soddisfazione nella quale la pulsione sessuale non si oppone necessariamente all’amore, ma diventa una sua componente essenziale.»