
Quando e come il sentimento dell’amore assume una connotazione eroica?
Quando è capace di sfidare il mondo, le convenzioni sociali, le norme morali, le tradizioni familiari, come succede in Cime tempestose o nella Traviata; quando diventa estremo e assoluto, e fagocita ogni altro sistema di valori, come nel delirio di Fedra, di Lucia di Lammermoor, di Madama Butterfly; o infine quando sovverte la nozione stessa di amore sentimentale, come nelle strategie di seduzione degli aristocratici libertini protagonisti delle Relazioni pericolose di Laclos, che sconfinano talvolta comunque nel coinvolgimento affettivo. Bisogna certo ricordare sempre che il concetto di amore ha avuto elaborazioni culturali diverse a seconda dei diversi contesti storici, ma è anche innegabile che ci siano delle costanti di lunga durata, come, ad esempio, la tradizione della lirica cortese medievale, con la sua visione di un amore-passione che vive solo dei propri ostacoli e dell’annullamento in se stessi, ampiamente trattato da Denis de Rougemont ne L’amore e l’Occidente.
Forse più di ogni altra coppia, Romeo e Giulietta incarnano, nell’immaginario collettivo, l’immagine di un folle amore rivendicato fino alla morte: in che modo tale modello ha condizionato la concezione amorosa dei secoli successivi?
Shakespeare, come sempre, gioca un ruolo di primo piano nell’immaginario globale. Da un lato si richiama allo schema narrativo della coppia contrastata, che aveva animato, vari secoli prima, il romanzo ellenistico d’amore e d’avventura (soprattutto le Etiopiche di Eliodoro, che conosceva bene); dall’altro la potenza poetica, retorica e drammaturgica della sua tragedia Romeo e Giulietta si impone nelle epoche successive, soprattutto a partire dal Romanticismo, come paradigma di un amore folle nettamente contrapposto alle regole del mondo adulto, dando vita a una serie infinita di riscritture in tutte le arti, i media, e in tutte le culture. Un processo di mitizzazione, che si distacca anche talvolta dal testo di Shakespeare: quanti fra i turisti che vanno alla ricerca a Verona del balcone di Giulietta (invenzione ottocentesca) hanno veramente letto la tragedia? Proprio questo esempio ci fa capire come il sentimentalismo di questa storia di amore e morte possa facilmente scadere nel kitsch: un aspetto su cui verteva lo spettacolo leggendario di Carmelo Bene, grande figura del teatro di ricerca che si è misurato in vario modo con Shakespeare. Le rielaborazioni di Romeo e Giulietta si sono sempre focalizzate sul nesso romantico fra eros e thanatos, eliminando il primo innamoramento di Romeo o rendendo più compatto, tragico e melodrammatico il finale; la vitalità di questo testo-archetipo si può cogliere appieno nel film Romeo + Juliet di Baz Luhrmann, sfavillante riscrittura camp e postmoderna, ambientata a Verona Beach negli anni Novanta. C’è qualcosa di shakespeariano, insomma, in tutte le storie di coppie eroiche che sfidano il mondo, anche nelle coppie omosessuali, che finalmente nel Novecento osano dire per la prima volta il proprio nome, come in Maurice di E.M. Forster.
Nel libro Lei tratta anche dell’amore tra Diabolik ed Eva Kant: cosa rende il loro legame così solido?
Per capire un fenomeno come l’eroicizzazione dell’eros non ci si può limitare ai testi canonici e sublimi, ma bisogna anche indagare la cultura popolare in tutte le sue forme (è in effetti una prassi da seguire sempre, come ci hanno insegnato gli studi culturali). Mi è sembrato perciò importante ritrovare lo schema della coppia contro il mondo nel primo fumetto nero italiano, ideato da una signora della buona borghesia milanese, Angela Giussani, e ispirato al romanzo d’appendice ottocentesco e alla figura di Fantomas; un fumetto che ha ancora una sua popolarità, e che è stato adattato di recente sullo schermo dai Manetti Bros (oltre che, a suo tempo, da Mario Bava). Il successo deriva in gran parte dalla fascinazione romantica per il male, e soprattutto dalla complessità della caratterizzazione dei personaggi, che suscitano nel pubblico il fenomeno dell’empatia negativa, così vivo oggi nelle serie televisive (Breaking Bad, Gomorra), ma da sempre esistente nell’immaginario universale (basta pensare a grandi figure tragiche come Medea o Macbeth). Diabolik e la sua controparte femminile (ispirata alla bellezza algida di Grace Kelly, e con un nome che è un omaggio dichiarato al grande filosofo) sono ladri di straordinaria abilità, ma che seguono comunque una loro etica. Il legame fra i due protagonisti è molto solido perché si basa sulla condivisione piena di questo atteggiamento di fondo, e sulla simmetria delle loro storie passate, ripercorse in lunghi flashback (una tecnica che serve ad alimentare l’identificazione). Speculari nell’aspetto fisico, e simmetrici in tutto il resto, sono una coppia eroicizzata al negativo, non a caso accomunati anche dalla simbologia della pantera, che rimanda a una forza bruta, dionisiaca, animalesca, del tutto antisociale.
Cosa conduce l’amore non corrisposto, come quello di Fedra e Madama Butterfly, alla follia autodistruttiva?
Euripide è stato, fra i tre tragici ateniesi, quello più attento allo studio delle emozioni e all’analisi della psiche femminile: quindi quello che ha iniziato ad affrontare in modo esplicito il tema dell’amore, sempre coperto da censure pesanti nell’antichità classica. Queste scelte tematiche dell’ultimo dei tragici greci si legavano anche a una sperimentazione formale, che andava sempre più verso soluzioni romanzesche e melodrammatiche. Per quanto le notizie biografiche sui poeti antichi siano sempre un po’ romanzate, possiamo dire che entrambi questi aspetti euripidei (l’attenzione per l’eros e la tendenza al melodramma) abbiano suscitato scandalo a suo tempo nel pubblico antico. Ippolito, la tragedia dedicata al mito di Fedra, raffigura l’eros come una malattia, una monomania: una forza ambivalente, dolcissima quanto terribile (era già la visione di Saffo), impossibile a dirsi perché viola un tabù primario (è un amore incestuoso per il proprio figliastro); ed è proprio il carattere destabilizzante dell’eros a portare Fedra al delirio e poi al suicidio. Si tratta certo di una visione dell’amore radicata nella cultura antica e nei suoi codici religiosi, ma possiamo comunque dire che con Fedra inizia un modello di lunga durata, che identifica il femminile con la passionalità estrema ed eccessiva: un modello chiaramente patriarcale, basato sul dualismo netto fra natura e cultura, ragione e passione, sole e luna. Per questo motivo l’amore come follia autodistruttiva implica soprattutto eroine, e non eroi; figure melodrammatiche che hanno una preponderanza semiotica rispetto ai loro partner maschili, magra compensazione per essere state escluse dall’ordine simbolico e dal potere; voci di disagio e di dissenso, come Madama Butterfly, l’eroina pucciniana vittima della sopraffazione occidentale e dello sfruttamento sessuale, eroicizzata da un suicidio rituale, e da una musica ricca di pathos. E lo stesso si può dire delle numerose eroine dei melodrammi cinematografici, fra cui spicca la protagonista di Lettera da una sconosciuta di Max Ophüls, caso limite di eccedenza del desiderio femminile, eroicizzata da una morte per malattia, e da uno stile vertiginosamente barocco
Quale modello amoroso incarnano le figure di Don Giovanni e Carmen?
Può suonare strano incontrare la figura mitica del seduttore compulsivo in un libro sugli eroi dell’amore, ma l’amore non è solo quello romantico e sentimentale, cristallizzato nella coppia chiusa e fedele; è anche l’amore fisico, la sensualità e la sessualità libera e promiscua, il desiderio illimitato e inappagabile, l’energia dionisiaca. Questi due ambiti (l’amore romantico e la libertà sessuale) sono considerati incompatibili in genere nell’immaginario di tutti i tempi, anche se esistono nella realtà modelli comportamentali che sfuggono a una dicotomia così rigida, come la coppia aperta o il poliamore, modelli che purtroppo hanno avuto una scarsa rappresentazione letteraria. Don Giovanni è certamente la figura mitica che più incarna il desiderio compulsivo come tratto maschile, in cui il collezionismo libertino («il piacer di porle in lista») è più importante della stessa realizzazione sessuale; è un desiderio che l’opera di Mozart-Da Ponte legge, a metà fra il serio e il comico, come un amore panico e cosmico per la totalità del mondo femminile. Se il capolavoro di Laclos, Le relazioni pericolose, ci offre invece una versione femminile di Don Giovanni, la marchesa di Merteuil, eroina di una seduzione come pura strategia mentale, che può tingersi eccezionalmente di eros, è con il romanticismo e con la storia di Carmen che seduzione ed amore non sono più incompatibili; la libertà nomadica e anarchica di questa eroina “esotica” decostruisce il mito dell’amore eterno, e rivendica, al momento di essere uccisa da Don José, la possibilità di nuovi amori con un eroismo che ricorda quello di Don Giovanni che rifiuta di pentirsi al momento di sprofondare agli Inferi.
Massimo Fusillo insegna Letterature comparate nel Dipartimento di Scienze umane dell’Università dell’Aquila. Tra le sue pubblicazioni: Il dio ibrido. Dioniso e le “Baccanti” nel Novecento (2006), Estetica della letteratura (2009) e Feticci. Letteratura, cinema, arti visive (2012), tutti editi dal Mulino.