Parafrasi
versi 1-8: [Quando vidi per la prima volta Laura] i [suoi] capelli [color] d’oro [: biondi] erano sparsi all’aria (aura), che li (gli) intrecciava (avolgea) in mille dolci nodi, e la attraente (vago) luminosità (lume) di quei begli occhi, che ora ne sono così privi (scarsi), ardeva in modo eccezionale (oltra misura); il viso mi pareva assumere (farsi) i segni (color’) della pietà [per me], non so se veramente o falsamente (se vero o falso) [: se in realtà o per mia illusione]: quale meraviglia [c’è] se io che avevo nel cuore (al petto) la predisposizione (l’ésca) ad amare (amorosa) bruciai (arsi) immediatamente (di sùbito) [d’amore]?
versi 9-11: il suo [: di Laura] [modo di] camminare (andar) non era evento (cosa) umano (mortale), ma di anima (forma) angelica; e le [sue] parole avevano suono diverso (sonavan altro) da una semplice (che pur) voce umana.
versi 12-14: Uno spirito del cielo (celeste), un sole risplendente (vivo) fu quello che io vidi [: Laura]: e [anche] se ora non fosse [più] così (tale), la ferita (piagha) non guarisce (sana) perché si allenta (per allentar) l’arco [che la ha causata].
Il sonetto rappresenta la donna amata, così come è recuperata dalla memoria del poeta ad anni di distanza dal loro primo incontro. Il poeta ricorda prima i particolari fisici di Laura («i capei d’oro» e i «begli occhi»), poi l’atteggiamento disponibile che la donna aveva nei suoi confronti (i «pietosi color’=» nel viso), fino ad innalzarla a creatura angelica («angelica forma»). La conclusione fa riferimento al tempo presente: la donna, invecchiata, probabilmente non è più bella come un tempo, ma il poeta resta innamorato di lei.