
Quella che di primo acchito potrebbe sembrare, oggi come allora, una bizzarra o quantomeno asimmetrica alleanza fu, in realtà, una misura politica estremamente calcolata che riuscì a cambiare, nel suo piccolo, le sorti della Guerra Fredda. Come evidenziato nel corso del libro, la storia e la politica dell’Albania presentavano delle grandi affinità con quelle della Cina e dei Paesi socialisti asiatici. Per gli albanesi, infatti, il comunismo era sempre stato concepito come un’ideologia di liberazione nei confronti del controllo straniero (fosse questo ottomano, italiano o jugoslavo). Per tale ragione, il comunismo schipetaro, si adattava maggiormente ai movimenti di liberazione nazionale di ispirazione comunista dell’Asia e aveva molto più in comune con la situazione vietnamita, cambogiana e soprattutto cinese che con quella dei paesi del blocco comunista dell’Europa orientale. L’alleanza sino-albanese, inoltre, non fu un mero ripiego in termini di alleanze politiche. Da tale connubio, infatti, sia l’Albania che la Cina poterono trarre un enorme guadagno. L’Albania, trovò nella Cina l’alleato ideale, un gigante in termini politici e geografici, sufficientemente forte da poterle garantire la sicurezza economica e militare e, soprattutto era abbastanza lontana, al punto giusto da non potersi immischiare eccessivamente nelle sue decisioni interne; la Cina, dal canto suo, trovò nell’alleato albanese uno sbocco strategico sull’Adriatico e soprattutto un tassello strappato alle grinfie di Mosca. Il più grande tornaconto per la Cina, fu comunque, quello di aver individuato nell’Albania il mezzo attraverso il quale poter far sentire la voce del maoismo in Occidente. Come è dettagliatamente spiegato nel libro, infatti, Tirana, una volta stipulata l’alleanza con Pechino, diventò il canale preferenziale per la propaganda dell’alternativa cinese in tutto l’Occidente e soprattutto in Europa rivestendo altresì il ruolo di delegata per la politica estera dell’Asse Tirana-Pechino per i paesi europei. In questo particolare contesto giocò un ruolo peculiare anche l’Italia ma dilungarsi su questo aspetto richiederebbe troppe energie e non voglio rovinare la sorpresa a chi deciderà di leggere il libro.
Quando e in quale contesto internazionale si svilupparono i rapporti tra Cina e Albania?
Come già detto nel contesto della Guerra Fredda. In particolare, possiamo suddividere in tre fasi l’idillio sino-albanese. La prima fase dell’alleanza (1949-1959), si tradusse in un iniziale e graduale avvicinamento tra i due paesi, legati da una reciproca e sincera concomitanza di vedute sulle linee dottrinali e politiche, scaturita da una forte necessità di sostegno reciproco nel contesto del disaccordo nei confronti della linea sovietica incarnata da Nikita Chruščëv. La seconda fase (1961-1969), coincise con la concretizzazione dei rapporti tra Tirana e Pechino e raggiunse il suo parossismo con l’attuazione, nei due Paesi, dell’esperimento della Rivoluzione Culturale. Infine, la terza e ultima fase (1970-1978) è quella che, partendo dagli anni più floridi della rivoluzione culturale, in corso in ambedue i Paesi, arrivò a un graduale raffreddamento delle relazioni tra il Partito del Lavoro d’Albania e il Partito Comunista cinese, relazioni, per l’appunto interrotte nel 1978.
Quali vicende segnarono le relazioni fra Tirana e Pechino?
La vicenda più marcante tra il Paese delle Aquile e il “grande fratello cinese” fu sicuramente l’esperimento della rivoluzione culturale. Questo, ripreso da Hoxha e riadattato al contesto albanese risultò presto essere un mezzo attraverso il quale il regime albanese riuscì a costruire la tanto agognata “nuova Albania” ponendo le basi per una nuova società e un nuovo ordine che rispondessero fedelmente ai criteri del marxismo-leninismo concepiti da Enver Hoxha e dai vertici del suo governo. L’esperimento della Rivoluzione culturale, che in Albania prese il nome di rivoluzionarizzazione ulteriore, si sviluppò su tre direzioni: una di impronta politica, una di impronta socio-economica, e un’ultima di carattere ideologico-culturale.
Qual è l’eredità dei rapporti tra i due paesi?
La rottura con la Cina significherà per l’Albania un particolare isolamento dal contesto internazionale ma, allo stesso tempo, la guida indiscussa del purismo e dell’ortodossia del movimento marxista-leninista nel mondo. Se infatti per tre lustri, il regime albanese era stato l’avamposto del maoismo in Europa, all’indomani della rottura con Pechino, l’intransigente ideologia di Tirana, entrando in collisione con la linea adottata con la Cina, rilanciò una nuova battaglia ideologica in difesa dell’integrità della dottrina e della prassi marxista-leninista. La conseguenza dello scisma sino-albanese, si ripercosse all’interno del movimento marxista-leninista mondiale provocando scissioni intestine all’interno dei partiti comunisti più radicali che si trovarono a dover scegliere tra la linea cinese neomaoista e la rigorosa linea albanese di Enver Hoxha.
Gran parte dei partiti e dei movimenti che optarono per seguire la linea albanese furono, essenzialmente, gli stessi che si erano avvicinati a Mao nel periodo della Rivoluzione Culturale ovvero nella fase in cui il Grande Timoniere si era fatto paladino dell’antirevisionismo krusceviano. Le correnti hoxhaiste, si svilupparono nei Paesi dell’Europa occidentale, del Vicino Oriente, dell’Africa, dell’America Latina e, fatta eccezione per il Vietnam in cui l’appoggio a Tirana era indiscusso, in misura molto marginale anche in Asia. La linea albanese riuscì ad ottenere maggior fortuna, laddove erano presenti regimi anticomunisti autoritari in cui qualsiasi attività comunista era ridotta alla clandestinità come il Brasile, la Colombia, la Turchia, l’Iran e il Cile.
Lorenzo Manca è nato a Cagliari nel 1992. Dopo essersi diplomato al Liceo Classico “G. M. Dettori” di Cagliari, ha conseguito una laurea triennale in Lingue e Culture per la Mediazione Linguistica presso l’Università degli Studi di Cagliari e, in seguito, due lauree magistrali, una in Relazioni internazionali e l’altra in Lingue e letterature moderne europee e americane. Ha studiato Lingua araba presso L’Institut de Langues Vivantes “Habib Bourguiba” di Tunisi, dove ha ottenuto le certificazioni per il livello II e III. Appassionato di Lingua e letteratura romena, ha frequentato, per un semestre, la celebre Universitatea de Vest di Timişoara, ottenendo il certificato di Lingua romena livello B1 del QCER. Nel 2017 è stato assistente di Lingua italiana presso il Dipartimento di Italianistica dell’Università di Tirana. Nel 2019 ha svolto un breve periodo di tirocinio presso l’Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia dove vive tuttora.
Nel corso degli ultimi tre anni, Lorenzo Manca ha partecipato a una serie di iniziative editoriali e scientifiche tra le quali segnaliamo la sua presenza come relatore al Convegno internazionale bilaterale L’Olivier et son symbolisme dans l’imaginaire méditerranéen / El Olivo y su simbolismo en el imaginario mediterráneo / L’Ulivo e la sua simbologia nell’immaginario mediterraneo (Sala Settecentesca della Biblioteca Universitaria di Cagliari, 20 ottobre 2017), i cui Atti, a cura di Giovanni Dotoli, Encarnación Medina Arjona, Mario Selvaggio, con la collaborazione dello stesso Lorenzo Manca, sono apparsi nel marzo del 2018 per le Edizioni Universitarie Romane. Ricordiamo la sua presenza come traduttore nel florilegio Entre ciel et terre. L’olivier en vers. Anthologie poétique / Tra cielo e terra. L’ulivo in versi. Antologia poetica, a cura di Giovanni Dotoli, Encarnación Medina Arjona, Mario Selvaggio, illustrazioni di Rikka Ayasaki & Michele Damiani (Edizioni Universitarie Romane, 2017).