“Emozioni private. Lucio Battisti, una biografia psicologica” di Amalia Mancini

Emozioni private. Lucio Battisti, una biografia psicologica, Amalia ManciniAmalia Mancini, Lei è autrice del libro Emozioni private. Lucio Battisti, una biografia psicologica edito da Arcana: quale personalità mette in luce la sua ricerca?
Lucio Battisti? Una personalità monumentale. È grande, introverso, sensibile, umile. Ha talento. La mia ricerca analizza Battisti e presenta un’immagine unitaria della vita e delle opere di un personaggio così giovane ed emblematico, rivisitato attraverso una lunga ed accurata ricerca di informazioni anche attraverso i giudizi di chi lo ha frequentato più da vicino, i compagni di scuola, i suoi parenti, gli amici di infanzia, il suo maestro di scuola elementare e il suo paroliere, l’autore Mogol.

Esiste un Lucio Battisti “di massa”, un Battisti massmediologico ma esiste soprattutto un Battisti dell’autoscavo. Un Battisti delle penombre e questa biografia rompe la crosta del Battisti di tutti scoprendo il Battisti di sé stesso, l’uomo che cantava ma non soltanto.
Quindi mi sono messa in viaggio dal generale alla minuzia, verso l’arcipelago esistenziale di questo protagonista generazionale e ne ho scoperto le anfrattuosità, le penombre, i rivoli carsici, i momenti nascosti, insomma il Battisti altro, il Battisti dell’amore, delle riflessioni di vita, delle tristezze e dei dubbi e della malinconia.

Mi viene restituita una personalità personaggio che ha inciso il corpo di una generazione, dando a questa possibilità di sogni e fughe da sé stessa. Scopro il Battisti dentro che guarda in sé stesso e dal didentro si dice e si scopre.
Lucio mal sopportava gli scherzi di amici e parenti, non riusciva troppo a relazionarsi con le ragazzine e sublimava tutto nella musica, anche la sua semplice complessità. Da grande afferma che una volta finito il suo mito nessuno potrà umiliarlo e beffarlo, dice che si potrà parlare soltanto di un professionista delle sette note che ha smesso di cantare.

Trascorre la sua adolescenza a suonare la chitarra esercitandosi all’inizio con colui che veniva definito lo scemo del paese, ma che bella follia… gli insegna a suonare! E con risultati eccellenti.
Studia 10 – 12 ore al giorno, studia ogni tipo di musica e materia. Approfondisce tutto. È tenace, severo nell’impegno e nel perseguire la riuscita, cura i dettagli fino alla pignoleria.
Incontra Mogol e con lui vive il meraviglioso sodalizio artistico.

È sempre più vicino alla tematica dell’Amore e sempre più distante dai temi delle progettualità politiche dell’epoca. Ma resta incapsulato nel proprio mondo emotivo e quello della sua famiglia, paradossalmente per la paura delle emozioni e dei sentimenti che canta, per la scelta di stare lontano dalle progettualità vissute e cantate.

Lucio Battisti non amava manifestare in pubblico la sua intima essenza, che invece trasmetteva bene nella sua musica: come viveva il successo Lucio?
Nella sua esteriorità non lasciava trasparire la sua intima essenza così bene trasmessa nella sua musica specialmente quando poi ha trovato la sua felice simbiosi poetica nei testi di Mogol. Per vivere il successo ci vuole coraggio e una volta raggiunto, Battisti lo vive come un enorme fardello, un ostacolo e nel recupero di quei valori semplici e forti in cui erano radicate le sue radici.

È solitario, insicuro, complessato. Studia la psicanalisi per capirsi, si fa oggetto di studio, per un interesse prima personale, cercare di risolvere i problemi e poi per un interesse scientifico, lo svisceramento dei problemi.
Dichiara che non fare le serate non è una forma di timidezza, dice di non aver paura del pubblico. Crede che le serate siano incompatibili con la personalità del grosso artista ma alla base di tutto va superato il fattore complesso, che definisce “sensazione irrazionale”.

Ha sempre vissuto in una situazione nebulosa aggravata da complessi di inferiorità e di isolamento.
Dichiara che poi in fondo non ha tempo per fare le serate, i concerti, partecipare ai programmi, perché richiedono molto tempo e il suo impegno principale è suonare la chitarra dalle 8 alle quattro del pomeriggio, perché le canzoni non scaturiscono così, richiedono studio e impegno.
Non vuole essere risucchiato dal successo, intende conservare la propria autonomia, la sua personalità e ciò che più spersonalizza sono proprio le serate e le uscite in pubblico.

Lucio è come il cristallo, forte e fragile, e quel punto di forza rischia di diventare il suo contrario col rischio di frantumarsi, per questo ed altri motivi si difende con l’isolamento che esacerba il bisogno d’amore per sempre riversato nelle sue canzoni. Gli anni settanta, in particolar modo nella prima metà, sono gli anni in cui Lucio Battisti arriva al culmine della popolarità e del successo. I suoi album sono costantemente ai primi posti nelle classifiche di vendita degli anni 1971, 1972, 1973, 1975, 1976, 1977, 1978 e 1980. Nel 1973, caso raro nella storia discografica italiana, riesce a conquistare il primo ed il secondo posto in classifica (con Il mio canto libero ed Il nostro caro angelo), distanziando opere di respiro e successo internazionali come The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd e Don’t Shoot Me I’m Only the Piano Player di Elton John.

Vive il più grande successo ma in breve, per timidezza, per il clima culturale e sociale dell’epoca, per la demagogia più fanatica, per l’incontro con Velezia, lui segue la via del ritiro dai palcoscenici, dai riflettori, dalle trasmissioni televisive, dalle interviste, arrivando a provare anche disgusto per il clima arrogante dell’epoca. Ed inizia allora in lui, da sempre estraneo alle seduzioni del successo e della grancassa mediatica, quel processo di ritiro, di autoesilio, di arroccamento conclusosi poi nell’asserragliamento di quegli anni. Il modo di cantare i “sentimenti” da parte di Battisti, grazie ai testi di Mogol, ricorda il romanticismo letterario, è rivoluzionario rispetto alla tradizione, spesso melensa e scontata. Si concentra in quel fondamento di melodia e positivismo della musica e delle parole.

Matura la decisione di non effettuare più esibizioni pubbliche, rifiutandosi di partecipare al Festival di Sanremo ed a Canzonissima, manifestazioni da lui ritenute non adatte a un discorso artistico di qualità, tanto è vero che non vi porterà più le sue canzoni neanche come autore.

È timido. Si dice che la timidezza scompaia con l’età, ma questo è un pregiudizio infondato. È vero, con gli anni si acquisisce consapevolezza di sé e, qualche volta, si impara a confrontarsi con gli altri in maniera produttiva. Ma quando la timidezza è un pezzo del mosaico del nostro carattere, non c’è modo che scompaia se prima non ci impegniamo attivamente per fare in modo da smussare un lato di noi che non ci piace.

Iniziano ad essere in molti a chiedersi come mai Battisti insiste nel restare lontano dal pubblico e rinunciare ad esibirsi. Sostiene che è faticoso fare le serate, richiede un notevole sforzo organizzativo, di impegno e di tempi, sostiene di rompere anche con i giornalisti per motivi seri, di intrusione nella sua vita privata, una intrusione non negativa ma distruttiva.

Ma c’è chi apprezza il silenzio di Battisti, a livello di polemiche, critiche, giudizi positivi o negativi perché lui crede nelle sue canzoni che sono l’espressione del suo talento, delle sue capacità. La sua personalità affonda le radici nei valori semplici, nella dignità, nel riserbo, nella discrezione. Dichiara di voler preservare la sua autonomia e di voler vivere una vita disincantata per sopravvivere. Il successo non è nella sua natura.

Qual è la visione dell’amore che emerge dall’analisi delle opere di Lucio Battisti?
Le canzoni d’amore di Battisti Mogol cantano l’Amore Infinito, una storia di corpi, cuori e sentimenti, quel motore potente che è una canzone d’amore. Naturalmente non tutte le canzoni d’amore hanno questo potere di trapassare corpo e mente ed insediarsi stabilmente nel nostro cuore. Quelle di Lucio Battisti sì. Sono racconti, storie vere e proprie e sono le nostre! È quello che ci sta capitando, ci è capitato o ci capiterà. Spesso le canzoni dell’album “Emozioni” sono storie d’amore non ricambiato o frainteso, sono cioè storie dell’amore disperato. E il loro potere evocativo sta nella meravigliosa miscela che si crea tra la musica, le parole e la voce inconfondibilmente coinvolgente e romantica di Lucio Battisti. Prendiamo “Fiori rosa fiori di pesco”. Prima di tutto c’è questo chiedere all’amata “scusa”. E subito dopo dice: “Sono venuto qui questa sera, fammi entrare per favore”. A chi non è capitato di chiedere e di implorare…di umiliarsi. Perché umiliarsi per amore è una cosa nobile e bella.

Lucio Battisti è stato il cantore della sublime disperazione d’amore per intere generazioni. L’Amore è al centro del mondo. Le sue canzoni hanno fatto innamorare un numero infinito di persone.
Ci sono romanzi, racconti, poesie e canzoni che colpiscono il cuore e rimangono lì per sempre. Le canzoni contenute nell’album “Emozioni” del 1970, frutto della collaborazione tra Lucio Battisti e Mogol, fanno parte a pieno titolo di questa categoria.

Il significato di “Un’avventura” è la canzone di Lucio Battisti sull’amore infinito.
Non sarà un’avventura, non può essere soltanto una primavera” è l’incipit di una delle canzoni più amate e conosciute di Lucio Battisti, pubblicata nel primo album omonimo del cantante che la portò anche sul palco di Sanremo nel 1969, per la sua prima e unica apparizione al festival.

Era il 31 gennaio del 1969 quando Lucio Battisti pubblico come singolo “Un’avventura”, brano che avrebbe permesso anche la sua unica apparizione in gara al Festival di Sanremo di quell’anno. La canzone è una delle sue più famose e dopo qualche settimana, il 5 marzo dello stesso anno, appunto, finì nel suo omonimo album d’esordio, quello che rese Battisti quello che oggi è, ovvero uno dei più grandi interpreti della musica italiana, grazie anche alla sinergia prima con Mogol, che firma con lui questo pezzo e ne firmerà tanti altri. Alla fine di quell’anno la canzone finì solamente al settantesimo posto della classifica (ma l’album si piazzò al terzo posto alle spalle solo di “Fabrizio De André vol. III” e di “Gianni 5” di Morandi), mentre al Festival, dove il cantante di Poggio Bustone fu abbinato a Wilson Pickett, terminò al nono post in un Sanremo dominato da Bobby Solo e Iva Zanicchi con “Zingara”: fu l’unica partecipazione alla kermesse da parte del cantante che ci arrivò con una canzone sull’amore e sulla sua solidità.

Incontra Grazia Letizia Veronese, detta Velezia, che diventerà sua moglie e a lavoro compiuto resta incerto se l’Amore, di cui il nostro protagonista è il cantore, visto nelle sue varie fasi di gioia, attesa, sofferenza, lacerazione ed esaltazione sia stato solo sentito e vissuto intensamente in solitudine o lo abbia convissuto in una reale esistenza.

Pensieri e parole è una delle canzoni più belle! Ovviamente il significato non è sempre oggettivo ed univoco ma dipende dalle corde del cuore che vi si accosta.
Si afferma quanto sia forte il modo in cui il protagonista ami, tanto da sfidare il vento… e il tempo. Tutte vicende e canzoni che hanno come filo conduttore l’amore che ci fa viaggiare, partire, tornare, soffrire e gioire, in una giostra che mai smetterà di girare. E vivrà nell’infinito.

Una risposta che dà il senso dell’importanza di Battisti che in questa e in altre canzoni racconta l’amore di due ragazzi, un amore che i due sperano possa essere infinito. Un amore infinito che non durerà “soltanto una primavera”: “Perché non è una promessa ma è quel che sarà – si augura il protagonista -. Domani e sempre, sempre vivrà (…). Domani e sempre, sempre vivrà perché io sono innamorato e sempre di più“. Ricordiamo parte del testo di Un’avventura…. No, non sarà Un’avventura, un’avventura Non è un fuoco che col vento può morire Ma vivrà Quanto il mondo Fino a quando gli occhi miei Avran luce per guardare gli occhi tuoi Innamorato Sempre di più In fondo all’anima Per sempre tu.

Non sarà un’avventura, non può essere soltanto una primavera” è l’incipit di una delle canzoni più amate e conosciute di Lucio Battisti, pubblicata nel primo album omonimo del cantante reatino, che la portò anche sul palco di Sanremo nel 1969, per la sua prima e unica apparizione al festival. La canzone è un inno all’amore infinito.

Anna è una disperata invocazione d’amore che si conclude con una serie di incontrollate grida finali liberatorie da parte del personaggio della canzone che vuole Anna a tutti i costi… “non hai mai visto un uomo piangere”

Mogol trovò una chiave per raccontare l’innamoramento e lo fece partendo dalle difficoltà che comporta l’amarsi, “gli ostacoli, le sofferenze e poi sconforti e lacrime per diventare noi: uniti, indivisibili“. Sì viaggiare è ricco di immagini, similitudini e metafore (Amarsi un po’ è come bere, Amarsi un po’ è un po’ fiorire, è difficile quasi come volare, Sconforti e lacrime per diventare noi, veramente noi, Uniti, Indivisibili, Vicini), classico della scrittura di Mogol e perfetto per essere cantato dall’inconfondibile voce di Battisti.

È l’amore che unisce un uomo e una donna oltre il tempo. È talmente grande che dà le vertigini. I protagonisti delle canzoni di Mogol Battisti vivono una condizione in cui coscienza e corpo sono fusi insieme.

Battisti, con la morte si è tolto quell’abito di dosso che è il corpo, ma la sua coscienza, come una farfalla che esce dalla crisalide, lo abbandona e si dirige verso il mondo successivo, dove ci sono persone da amare. Un mondo in cui è sempre possibile ritrovare l’amore e la persona amata.

Nei testi di Lucio Battisti vengono trattate anche la malinconia, l’alienazione e la solitudine: qual era l’universo interiore di Lucio Battisti?
Come potrebbe non essere così dato il carattere melanconico, tendente all’isolamento e alla solitudine? A volte, sorridendo, mi viene da chiamarlo Battristi.

Sono temi che si affacciano lungo la passeggiata della sua vita. Tutto man mano si dirada, la folla, l’amicizia, l’amore, quando i personaggi e i testi sono meno coinvolti nell’amore sono più melanconici, soli, coinvolti a livello personale. Si snodano dal centro dell’essere alla periferia. Apprezzano la pace che il cuore detta loro. La malinconia, la solitudine, l’alienazione sono onnipresenti e calmano le emozioni e i pensieri, in una sorta di consapevolezza interiore, nel quale la mente sembra assorbita in una esperienza supercosciente.

Quando la vita di una persona, in questo caso Lucio, è un volano non ben centrato, più acquista velocità più vibra con violenza e quando raggiunge una certa velocità può letteralmente andare in pezzi e nei casi migliori, alienarsi, isolarsi ed essere triste e melanconica.

Perché la malinconia e la solitudine sono le sue forme di convalescenza, una sorta di purificazione: è un momento di quasi-tristezza indispensabile per l’equilibrio delle emozioni, che va gestito, assecondato e non contrastato, affinché diventi il segnale di qualcosa che non funziona più in modo perfetto nel presente e che quindi ci spinga alla ricerca di un nuovo equilibrio più maturo. Più della felicità, questo stato d’animo di vaga tristezza può diventare punto di partenza per cambiare e creare qualcosa di positivo. Possiamo andare oltre la malinconia, renderla creativa per venirne fuori: un dipinto, una danza, una canzone che metta in parole e in musica i nostri sentimenti. Musica, appunto. I migliori artisti del panorama musicale italiano sono molto malinconici e creativi e noi possiamo leccarci le ferite e crogiolarci nel nostro stato di cupezza immedesimandoci nel loro.

Lucio cantava in un’epoca di canzone impegnata senza però interessarsi mai alla politica: quali erano i valori profondi di Lucio?
Lucio Battisti non si affacciò nella scena musicale nel ‘68 ma qualche anno prima, e che già nel ’67 la sua bella canzone 29 settembre aveva ottenuto un buon successo nella versione dell’Equipe ’84.

Cosa vuol dire? Battisti scende in campo agli inizi di un movimento giovanile ispirato ai Figli dei Fiori e al famoso appello “Fate l’amore, non fate la guerra” che paradossalmente conduce ad una rivoluzione dell’odio che prevale sulla rivoluzione dell’amore. E lui non poteva certo riconoscersi in una cultura dell’odio, nella rabbia, della frustrazione nevrotica dei figli di papà che pretendevano di guidare il movimento giovanile, che gridavano lavoro zero, salario intero.
Lui è un autentico figlio del popolo. Cresciuto nella fatica, nella ricerca solitaria nei valori puri, autentici, era affamato di semplicità, di riservatezza.

Non si interessa mai di politica come conferma Mogol nell’intervista.

La critica si è sempre divisa. Alcuni, molto severamente definiscono i suoi brani di cattivo gusto e qualunquisti. Dicono che anziché mettere in luce gli aspetti d’avanguardia, elencano i temi frivoli del quotidiano, i sentimenti da lui cantati.

Nel clima sessantottino i temi d’amore vengono guardati con diffidenza, soprattutto se poi questi raggiungono le vette dell’odiatissima hit parade. E Battisti è il manifesto di una svolta dinamica e interiore della canzone italiana. Così i critici a lui avversi dicevano e dicono che la sua grandezza va ridimensionata perché esagerata.

Sostenevano che Battisti era un episodio di un momento di vita, una grandezza portata alle stelle, sdolcinata, valido perché proiettato in un mondo povero di sentimenti, dove la sensibilità anziché elevarsi è caduta in una aridità e materialità di sentire. Perciò da questo versante critico la sua grandezza è considerata relativa al suo tempo.
Sostengono che Battisti perdura prezioso perché la sua poesia, nutrita d’affetti e d’amore si adegua bene ai tempi e ai più deboli.

Ma c’è chi sostiene che egli avendo privato i brani musicali delle risonanze strettamente individuali, abbia contribuito con Mogol, a dare voce a ciò che in essi vi è di valido e perenne.
Per altri ancora Battisti è un demiurgo, il creatore di nuova realtà (la melodia sillabica) capace di conquistare le masse non con un colpo di Stato, non con la forza ma con una rivoluzione musicale, le proprie capacità, la grande volontà e perseveranza e attraverso una lotta condotta in prima persona che gli ha permesso di guadagnarsi il consenso generale.

Lucio tendeva a scegliere i valori in base alle esperienze di piacere o disturbo che desiderava sperimentare e che poi ha sperimentato, come il successo, le relazioni sane, la famiglia, la serenità il calore umano, una vita equilibrata.
I suoi valori erano la musica, Mogol, la pace, la tenacia, la responsabilità nel lavoro, la pace, la creatività, l’impegno, l’onestà, la gratitudine… l’Amore, l’umiltà, questa era la sua vera grandezza.

Il libro contiene un’intervista esclusiva a Mogol: quali segreti svela sulla sua amicizia e sulla lunga collaborazione con Lucio?
Concludo dicendo che questo mio secondo libro dedicato a Battisti, Emozioni Private. Lucio Battisti. Una biografia psicologica, (Il primo Lucio Battisti, l’Enigma dell’esilio, 1999) è un contributo alla grandezza di uno dei più grandi esponenti della musica leggera italiana, un artista che nel suo percorso ha avuto la fortuna di imbattersi in un poeta del calibro di Mogol, era scritto nelle stelle che i due dovessero percorrere un lungo cammino insieme. L’intervista si è rivelata una miscellanea di sensazioni e di emotività tanto che in alcuni momenti iniziali, l’intervistato si è trasformato in colui che intervista e viceversa.

Mogol è un poeta e lo si tocca con mano, ha la capacità di leggerti dentro. Racconta di sé e di Lucio. L’intervista aggiunge elementi nuovi ed inediti, aneddoti ed elementi interessanti che approfondiscono la conoscenza del cantante di Poggio Bustone e del loro simbiotico rapporto. Racconta gli incontri lavorativi con Lucio, gli aneddoti, aggiunge elementi nuovi, racconta il motivo per cui Lucio Battisti oggi non è una star internazionale… racconta la loro più totale distanza dalla politica. Troviamo diversi spunti importanti su cui soffermarci. Vi auguro una buona lettura. Il libro è anche una bella idea regalo e un contributo alla storia della musica italiana.

Amalia Mancini è nata a Rieti. Risiede e lavora a Roma. Biografa, scrittrice, giornalista, critica musicale, sceneggiatrice e poetessa. Ha conseguito la laurea in Lettere con 110 e lode. Componente del Comitato di redazione del periodico di informazione culturale “Cultura e Dintorni”, vanta collaborazioni a livello culturale con varie testate giornalistiche. Ha conseguito numerosi premi a carattere nazionale, quali il Premio Capit Terzo Millennio e il Premio Viareggio Carnevale. Autrice di 20 Sillogi poetiche inedite e dei volumi: Lucio Battisti l’enigma dell’esilio, L’amore piace a tutti, coautrice del volume Giovani e droga, Perché?, curatrice del volume Le mie prime vere scarpe, La Tata dei divi.

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