Tenendo presente la maniera brillante dei dialoghi di Luciano che, per la loro recente scoperta, suscitavano già tante imitazioni in Germania, e servendosi della figura della “pazzia” già utilizzata dal satirico Sebastian Brant (1458-1521) nel Vascello dei matti, Erasmo tesse una vasta parodia del mondo contemporaneo.
La Follia in persona si presenta dinanzi a una grande assemblea di tutte le nazioni, le classi e le età, e annunzia di voler fare l’elogio di se stessa poiché nessuno ci pensa mentre essa è la dea al cui trionfo tutti contribuiscono. Essa è figlia di Pluto, dio della ricchezza e origine di tutte le cose, e della Giovinezza; e dimostra i suoi meriti verso l’umanità passando in rassegna tutti i convenuti e lodando in ciascuno di essi ciò che invece dovrebbe essere biasimato. A questo modo mostra la sua onnipotenza alle radici della vita, nell’amore, nell’amicizia, nella guerra, nell’arte, ecc. Il clero viene preso particolarmente di mira: la idolatria dei santi, la presunzione del clero, la corruzione dei monaci, la vita di Cristo e del suo degno rappresentante a Roma.
Lo splendore della lingua, il brio dell’eloquio, l’arguzia della satira e il fondo culturale assicurarono a quest’opera un enorme successo condizionato dai tempi e dall’ambiente a cui era destinato. Naturalmente essa, nonostante voglia essere universale, limita invece l’umanesimo al ristretto orizzonte di una polemica contro la Chiesa di Roma e appartiene perciò più alla storia delle lotte religiose in Germania che alla storia dell’umanesimo vero e proprio. Caratteristica soprattutto è la incomprensione che in essa si rivela dei legami ideali esistenti fra l’umanesimo e il cattolicesimo romano.»