
La Direttiva UE sul copyright è stata approvata dal Parlamento Europeo il 26 marzo 2019 dopo una lunga gestazione e un aspro confronto che ha visto contrapporsi da un lato i sostenitori della cosiddetta “libertà di internet” (open source) e dall’altro i difensori del copyright.
Le ultime norme europee in materia risalivano al 2001, un’epoca quasi antidiluviana, considerando la successiva espansione del web, in cui i servizi di musica in streaming, le piattaforme di video on demand, gli aggregatori di notizie e le piattaforme di contenuti caricati dagli utenti sono diventati i principali punti di accesso alle opere creative e agli articoli di stampa.
Il principale obiettivo della direttiva è di dare la possibilità ai titolari dei diritti, in particolare musicisti, artisti, interpreti e sceneggiatori (creativi) e editori di notizie, di negoziare accordi migliori sulla remunerazione derivata dall’utilizzo delle loro opere presenti sulle piattaforme Internet attraverso l’esercizio di un maggior controllo sull’uso dei contenuti caricati dagli utenti su tali piattaforme.
Le piattaforme Internet saranno direttamente responsabili dei contenuti caricati sul loro sito, dando automaticamente agli editori di notizie il diritto di negoziare accordi per conto dei giornalisti sulle informazioni utilizzate dagli aggregatori di notizie. Le maggiori responsabilità delle società online in relazione ai contenuti proposti, nelle intenzioni del legislatore comunitario, dovrebbero aumentare le possibilità dei titolari dei diritti di ottenere accordi di licenza equi e conseguentemente una remunerazione più giusta per l’uso delle loro opere utilizzate in forma digitale.
Internet deve rimanere uno spazio di libertà di espressione ma la direttiva contiene delle disposizioni per evitare che gli aggregatori di notizie ne abusino. La condivisione di frammenti di articoli di attualità è espressamente esclusa dal campo di applicazione della direttiva, gli snippet brevi – le parole che presentano un articolo – non sono quindi protetti: le notizie continueranno ad apparire come prima sui newsfeed di Google o sulle bacheche Facebook. I link, allo stesso modo, restano liberi e gratuiti.
La direttiva inoltre dispone che il caricamento di opere su enciclopedie online per finalità di carattere non commerciale come Wikipedia, o su piattaforme software open source come GitHub, sia escluso dal campo di applicazione della direttiva. Le piattaforme di nuova costituzione (start-up) saranno soggette a obblighi depotenziati. Potranno, a tutela degli utenti, circolare liberamente online meme e gif, così come le parodie, le caricature, le citazioni, le critiche, le recensioni.
L’accordo mira a garantire ai cittadini europei un più ampio accesso alla conoscenza attraverso un facilitato utilizzo di materiale protetto da diritti d’autore nei settori dell’estrazione di testo e di dati a fini di ricerca e per altri scopi.
Le restrizioni del diritto d’autore non si applicheranno ai contenuti utilizzati per l’insegnamento e la ricerca scientifica. Sarà inoltre consentito l’utilizzo gratuito di materiale protetto da copyright per preservare il patrimonio culturale, in particolare nelle collezioni dei musei europei, negli archivi e in altri istituti di tutela del patrimonio culturale europei.
Quale tassazione, diretta e indiretta, colpisce i compensi percepiti dagli autori?
I redditi derivanti dalla cessione dei diritti d’autore, ai fini della tassazione diretta IRPEF, si configurano come:
– redditi di lavoro autonomo se percepiti (criterio di cassa) dall’autore persona fisica e a condizione che gli stessi diritti non costituiscano beni relativi a un’impresa (art. 53, II° comma lettera b Dpr 917/1986);
– redditi diversi se percepiti (criterio di cassa) da persone fisiche diverse dall’autore e dall’inventore (ad esempio eredi o cessionari dei diritti) che non agiscano in qualità di imprenditori (art. 67, lettera g Dpr 917/1986);
– redditi diversi se percepiti (criterio di cassa) da enti non commerciali che li ottengano nell’ambito della propria attività istituzionale (art. 67, lettera g Dpr 917/1986);
– redditi d’impresa se conseguiti da imprese commerciali (art. 55 Dpr 917/1986).
Infine i redditi derivanti dalla cessione dei diritti d’autore si configurino quali redditi di lavoro subordinato in presenza di un rapporto di lavoro dipendente tra l’autore e il proprio editore/datore di lavoro.
Il legislatore ha pertanto introdotto una differenziazione ontologica in ragione del soggetto percettore: mentre i redditi percepiti dall’autore o inventore rappresentano una forma di compenso per il lavoro svolto personalmente, di contro, se il percettore è una persona diversa rispetto all’autore e inventore, il compenso perde la sua connotazione di provento derivante dal lavoro personale e assume la connotazione di mera entità patrimoniale e come tale inserito tra i redditi diversi non essendo detta entità riconducibile ad alcuna delle categorie reddituali specifiche.
Ai sensi dell’articolo 54, VIII° comma del TUIR, i redditi derivanti dall’utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, non conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali, sono costituiti dall’ammontare dei proventi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, ridotto del 25 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese, ovvero del 40 per cento se i relativi compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni.
L’articolo 71 del TUIR stabilisce che i redditi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno da parte di soggetti diversi dall’autore o inventore (fattispecie di cui all’articolo 67, lettera g), costituiscono reddito per l’ammontare percepito nel periodo di imposta, ridotto del 25% se i diritti dalla cui utilizzazione derivano sono stati acquistati a titolo oneroso.
Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i diritti d’autore sono considerati prestazioni di servizi.
In particolare risultano oggettivamente non soggette a IVA le cessioni (trasferimento della proprietà), le concessioni (trasferimento del solo diritto di godimento), le operazioni simili alle precedenti relative ai diritti d’autore, poste in essere dagli autori, dai loro eredi o legatari, nonché, per effetto dell’estensione disposta dalla lettera e) dello stesso comma 4 dell’articolo 3 D.P.R. 633/1972, le seguenti prestazioni, sempre relative ai diritti d’autore:
– prestazioni di mandato e mediazione (tranne quelle relative ai diritti d’autore concernenti opere di cui alla lettera a del comma 4 dell’articolo 3 DPR 633/1972);
– prestazioni relative alla protezione;
– prestazioni di intermediazione nella riscossione dei proventi.
Viceversa, risultano in ogni caso soggette all’applicazione dell’IVA, da chiunque siano effettuate, le cessioni, concessioni e licenze di diritti d’autore (e le prestazioni di servizi a esse connesse) relative a:
- disegni ed opere per l’architettura;
- opere dell’arte cinematografica, muta o sonora;
- opere di qualsiasi genere utilizzate da imprese ai fini di pubblicità commerciale.
Risultano al contempo imponibili a IVA le cessioni, concessioni, licenze e operazioni simili alle precedenti relative ai diritti d’autore, eseguite da soggetti diversi dall’autore o suoi eredi o legatari, ovviamente se esiste l’abitualità.
Qual è la natura giuridica dei rapporti tra editori, distributori e rivenditori?
Gli schemi contrattuali utilizzati nel commercio dei libri non presentano particolari problematiche interpretative; lo stesso non può dirsi per quanto riguarda il commercio di giornali quotidiani e periodici che vengono fatti giungere al lettore finale attraverso la catena formata da distributori nazionali, distributori locali ed edicole. In particolare mentre esiste un rapporto contrattuale diretto tra editori e rivenditori regolato “dall’Accordo nazionale collettivo sulla vendita dei giornali quotidiani e periodici” e ricondotto, per dottrina e giurisprudenza consolidata, allo schema contrattuale tipico del contratto estimatorio, i rapporti giuridici esistenti tra distributori locali, da un lato, ed editori e edicole, dall’altro, sono stati oggetto di diverse interpretazioni da parte della giurisprudenza e della dottrina.
Cosa prevede la normativa nazionale e dell’Unione europea in materia di aliquote IVA ridotte?
La Direttiva 92/77/CEE del Consiglio del 19 ottobre 1992, ha introdotto nella Sesta Direttiva il principio secondo cui gli Stati membri hanno la facoltà di adottare una o due aliquote ridotte rispetto a quella ordinaria, solo in relazione ai beni e alle tipologie di prestazioni specificamente individuate dalle Direttive stesse.
Il Legislatore comunitario ha tracciato un perimetro di operazioni assoggettabili ad aliquote ridotte, lasciando però all’autonomia degli Stati membri la facoltà di individuare, entro tale perimetro, le operazioni che possono beneficiare delle aliquote IVA agevolate.
Il principio sopra illustrato è tuttora presente nella Direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 (“Direttiva IVA”), che ha abrogato e sostituito la Sesta Direttiva.
In relazione al settore editoriale, nella sua formulazione iniziale, la Sesta Direttiva non conteneva alcuna previsione al riguardo. La facoltà per gli Stati membri di applicare aliquote ridotte in relazione ad alcune tipologie di prodotti editoriali è stata introdotta il 1° gennaio 1993, con l’entrata in vigore della citata Direttiva 92/77/CEE.
Successivamente l’elenco di prodotti editoriali per i quali gli Stati membri possono prevedere l’applicazione di un’aliquota ridotta, è stato fedelmente trasposto nella Direttiva IVA, con alcune minime modifiche e integrazioni. Attualmente la formulazione dell’elenco ricomprende “la fornitura di libri, giornali e periodici, inclusi quelli in locazione nelle biblioteche forniti su supporti fisici o per via elettronica o in entrambi i formati (compresi gli opuscoli, i volantini e gli stampati analoghi, gli album, gli album da disegno o da colorare per bambini, la musica stampata o manoscritta, le mappe e le carte idrografiche o altri tipi di carte), escluse le pubblicazioni interamente o essenzialmente destinate alla pubblicità ed escluse le pubblicazioni consistenti interamente o essenzialmente in contenuto video o audio musicale”.
A livello nazionale, nella sua formulazione originaria, il DPR 633/1972 non conteneva alcuna previsione in materia di aliquota agevolata per i prodotti editoriali. Tale previsione è stata introdotta con le modifiche all’Allegato A del DPR 633/1972, apportate dalla Legge n. 889 del 22 dicembre 1980.
Successivamente l’elencazione contenuta nel DPR 633/1972 è stata più volte integrata e rielaborata, fino all’ultima modifica che è stata apportata con la Legge n. 388 del 23 dicembre 2000. In forza della quale, dal 1° gennaio 2001, è stata introdotta l’attuale formulazione dell’elenco di cui al punto 18, Parte Seconda della Tabella A allegata al DPR 633/1972.
Quali questioni di natura fiscale solleva il comparto dell’editoria multimediale, del commercio elettronico offline e online e delle nuove professioni digitali?
L’editoria multimediale ha comportato la dematerializzazione dei processi e dei prodotti editoriali che si caratterizzano per l’intervento di nuovi soggetti/attori e di nuovi spazi (“multimediali” appunto), di produzione e fruizione del prodotto editoriale.
Nell’ambito della diffusione elettronica, il prodotto editoriale, al pari di quello discografico e cinematografico, realizza il cosiddetto commercio elettronico diretto (on-line). In altre parole, i prodotti in esame, consentono nel web, la digitalizzazione del bene.
Ciascun utente di Internet può scaricare dai vari siti suoni, immagini, figure, testi mediante semplice download.
L’avvento delle nuove tecnologie digitali e la possibilità per i prodotti editoriali di realizzare il commercio elettronico on line ha comportato problematiche fiscali di grande rilevanza sia in relazione al comparto delle imposte indirette che in relazione alle imposte dirette.
Mentre possiamo affermare che in relazione alle problematiche relative alle imposte indirette la materia è stata sostanzialmente regolata, in relazione alle imposte dirette non è ancora stata trovata una soluzione che, necessariamente, implica una condivisione a livello europeo e internazionale. Non è infatti possibile normare a livello nazionale un’attività che, per propria natura, è transnazionale.
Ai fini IVA le operazioni costituenti commercio elettronico on line sono considerate prestazioni di servizi: così accade che, ai fini IVA, la cessione di un libro cartaceo costituisce una cessione di beni mentre la cessione dello stesso libro in versione e-book mediante download costituisce una prestazione di servizi. Per effetto delle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2016, l’aliquota agevolata del 4% prevista per i libri, giornali quotidiani e periodici è ora applicabile anche ai prodotti editoriali on line.
Il costante sviluppo delle nuove tecnologie digitali ha creato nuove figure professionali (si pensi ad esempio ai social media manager, ai copywriter, ai consulenti di web marketing o i web influencer) e nuove attività. Per queste nuove categorie la distinzione tra lavoro autonomo ed esercizio di impresa è assai labile in un contesto normativo che fatica ad adeguarsi ai continui cambiamenti indotti dalle nuove tecnologie.
Quali misure di sostegno economico e di sviluppo dell’editoria prevede la legislazione italiana?
La legislazione italiana prevede numerose misure di sostegno economico e di sviluppo dell’editoria tra le quali ricordiamo i contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi in Italia e all’estero, premi per le pubblicazioni periodiche di elevato valore culturale, tariffe postali e telefoniche agevolate, fondi di sostegno al settore editoriale, CIGS per crisi aziendale e per riorganizzazione delle imprese, vari crediti di imposta (sugli investimenti pubblicitari incrementali, a favore delle librerie, delle edicole, delle imprese culturali e creative).
Le misure di sostegno del settore rischiano però di essere oggetto di una revisione che si preannuncia radicale. La legge di bilancio 2019 ha previsto infatti che, nelle more di una revisione organica della normativa di settore, i contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici siano progressivamente ridotti fino alla loro abolizione.
Nel panorama attuale, qual è il ruolo dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni?
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) è un’autorità indipendente e autonoma, istituita dalla legge 249 del 1997.
La legge affida all’Autorità il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali degli utenti.
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni svolge funzioni di regolamentazione e vigilanza nei settori delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo, dell’editoria e, più recentemente, delle poste. I profondi cambiamenti determinati dalla digitalizzazione del segnale, che ha uniformato i sistemi di trasmissione dell’audio (inclusa la voce), dei video (inclusa la televisione) e dei dati (incluso l’accesso a Internet), sono alla base della scelta del modello convergente, adottato dal legislatore italiano e condiviso da altre Autorità di settore, quali Ofcom in Gran Bretagna e Fcc negli Stati Uniti.
Al pari delle altre Autorità previste dall’ordinamento italiano, l’Agcom risponde del proprio operato al Parlamento, che ne ha stabilito i poteri, definito lo statuto ed eletto i componenti.
L’Autorità, tra le varie competenze, cura la tenuta del registro unico degli operatori di comunicazione (ROC) con la finalità di garantire la trasparenza e la pubblicità degli assetti proprietari, consentire l’applicazione delle norme concernenti la disciplina anti-concentrazione, la tutela del pluralismo informativo, il rispetto dei limiti previsti per le partecipazioni di società estere.
Come viene disciplinata nel nostro ordinamento la diffusione dei prodotti editoriali?
L’attuale sistema di diffusione della stampa periodica e quotidiana in Italia è regolato dal Decreto Legislativo n. 170, emanato il 24 aprile 2001.
Il decreto detta i principi per la disciplina, da parte delle regioni, delle modalità e delle condizioni di vendita della stampa quotidiana e periodica; il sistema di vendita si articola, su tutto il territorio nazionale, in punti di vendita esclusivi e non esclusivi: i primi sono tenuti alla vendita generale di quotidiani e periodici; i secondi possono vendere, alle condizioni stabilite nel D.Lgs. 170/2001, quotidiani o periodici in aggiunta ad altre merci.
Non vi sono viceversa norme specifiche di settore per l’apertura di una libreria; è da segnalare comunque la legge 27 luglio 2011 n. 128 che ha introdotto una disciplina in relazione al prezzo di vendita dei libri. La legge ha fissato dei limiti agli sconti applicabili dagli operatori commerciali rispetto al prezzo di vendita, liberamente stabilito dall’editore.
Paolo Stella Monfredini, dottore commercialista e revisore legale, name partner dello Studio Societario Tributario Stella Monfredini, pubblicista del Sole 24 Ore, esperto del settore editoriale e multimediale, collabora con le più importanti riviste tributarie italiane, autore di molte pubblicazioni e volumi, è relatore in numerosi convegni in materia fiscale. Ha svolto attività di docenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e ha curato per le Edizioni Universitarie di Lettere, Economia, Diritto il “Codice dell’editoria e delle comunicazioni”. Membro del Comitato scientifico della Scuola di Alta Formazione della Lombardia, è stato componente di commissioni e comitati istituiti presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio dei Ministri e il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.