“Due vite” di Emanuele Trevi: riassunto trama e recensione

Due vite, Emanuele Trevi, riassunto, trama, recensioneSono Rocco Carbone e Pia Pera i protagonisti del romanzo di Due vite, edito da Neri Pozza, vincitore dell’edizione 2021 del premio Strega. Due vite, per l’appunto, che si intrecciano: quelle di due scrittori scomparsi prematuramente e legati, durante la loro breve esistenza, da profonda amicizia.

Rocco Carbone, calabrese, autore di svariati saggi e romanzi, una personalità spigolosa eppure «così vera, così bizzarra, così ostinata e fedele nell’amicizia». Pia Pera, originaria di Lucca, già professoressa di letteratura russa all’università di Trento, scrittrice e traduttrice che negli ultimi anni di vita si appassionò molto al giardinaggio, dedicandogli numerosi libri.

L’amicizia è dunque la protagonista di questo breve affresco narrativo, un legame fino all’ultimo trasparente e felice come solo può esserlo quando «Eros, quell’ozioso infame, non ci mette lo zampino», che rivive nel racconto dell’unico rimasto di quel gruppo di tre. Pia, «la nostra adorata Pia» – come l’apostrofa l’Autore – «quando eravamo tutti e tre insieme spendeva sempre una discreta parte delle sue energie per far sì che non iniziassimo, io e Rocco, a litigare per i soliti futilissimi motivi».

Un’amicizia, quella tra Carbone e Trevi, nata negli anni dell’università che si riaccende nel 2002, in occasione della pubblicazione del libro di Rocco L’apparizione e proseguita poi sino alla sua tragica scomparsa a Roma, il 17 luglio 2008, schiantandosi con il proprio motorino su una macchina parcheggiata in doppia fila; un “incidente” – scrive Trevi – “refrattario a ogni forma di racconto”.

Per Pia, invece, l’esperienza della malattia, del lungo e inesorabile spegnersi, dava la sensazione di venire riassorbita «in qualcosa più vasto» di lei e rappresenta per l’Autore «un’immagine della totalità della vita, un’immagine che racchiude in sé ciò che è possibile sapere e ciò che non si può sapere.»

La scrittura di Trevi è niente affatto banale, sapientemente introspettiva senza però mai risultare aliena a chi legge. Emanuele Trevi tratteggia con precisione lo svolgersi di esistenze comuni che si piegano sotto il peso dell’infelicità «e i suoi gaddiani gomitoli di concause». Un testo breve, che in sole 128 pagine sa avvincere il lettore in un tributo a chi non è più perché «la scrittura è un mezzo singolarmente buono per evocare i morti». Nelle parole di Trevi emerge un destino comune per noi tutti, con la consapevolezza, di ascendenza foscoliana, che «viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene».

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Non perderti le novità!
Mi iscrivo
Niente spam, promesso! Potrai comunque cancellarti in qualsiasi momento.
close-link