
Rocco Carbone, calabrese, autore di svariati saggi e romanzi, una personalità spigolosa eppure «così vera, così bizzarra, così ostinata e fedele nell’amicizia». Pia Pera, originaria di Lucca, già professoressa di letteratura russa all’università di Trento, scrittrice e traduttrice che negli ultimi anni di vita si appassionò molto al giardinaggio, dedicandogli numerosi libri.
L’amicizia è dunque la protagonista di questo breve affresco narrativo, un legame fino all’ultimo trasparente e felice come solo può esserlo quando «Eros, quell’ozioso infame, non ci mette lo zampino», che rivive nel racconto dell’unico rimasto di quel gruppo di tre. Pia, «la nostra adorata Pia» – come l’apostrofa l’Autore – «quando eravamo tutti e tre insieme spendeva sempre una discreta parte delle sue energie per far sì che non iniziassimo, io e Rocco, a litigare per i soliti futilissimi motivi».
Un’amicizia, quella tra Carbone e Trevi, nata negli anni dell’università che si riaccende nel 2002, in occasione della pubblicazione del libro di Rocco L’apparizione e proseguita poi sino alla sua tragica scomparsa a Roma, il 17 luglio 2008, schiantandosi con il proprio motorino su una macchina parcheggiata in doppia fila; un “incidente” – scrive Trevi – “refrattario a ogni forma di racconto”.
Per Pia, invece, l’esperienza della malattia, del lungo e inesorabile spegnersi, dava la sensazione di venire riassorbita «in qualcosa più vasto» di lei e rappresenta per l’Autore «un’immagine della totalità della vita, un’immagine che racchiude in sé ciò che è possibile sapere e ciò che non si può sapere.»
La scrittura di Trevi è niente affatto banale, sapientemente introspettiva senza però mai risultare aliena a chi legge. Emanuele Trevi tratteggia con precisione lo svolgersi di esistenze comuni che si piegano sotto il peso dell’infelicità «e i suoi gaddiani gomitoli di concause». Un testo breve, che in sole 128 pagine sa avvincere il lettore in un tributo a chi non è più perché «la scrittura è un mezzo singolarmente buono per evocare i morti». Nelle parole di Trevi emerge un destino comune per noi tutti, con la consapevolezza, di ascendenza foscoliana, che «viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene».