
Quale funzione ha, per Losurdo, la filosofia?
La filosofia è per Losurdo ciò che era per Hegel ovvero il nostro tempo appreso nel concetto: la comprensione delle tendenze fondamentali della storia e di ciascuna epoca, ottenuta tramite quel lavoro di “critica” che da Kant a Hegel a Marx è anzitutto comprensione dell’oggettività del reale. Proprio la presenza nella realtà di contraddizioni immanenti, di natura oggettiva (non solo, fichtianamente, della contraddizione soggetto/oggetto, io/non io), costituisce la condizione per l’azione organizzata e consapevole dei soggetti storici. Al tempo stesso, la filosofia ha per Losurdo una potenza di trascendimento dell’esistente che consente di vedere la possibilità di nuove e diverse configurazioni degli ordinamenti politici e sociali. Centrale, in questa valutazione, l’analisi della genesi e dell’affermazione del concetto universale di uomo, che è una acquisizione storica nella quale viene riflesso il processo di costruzione del genere umano che si verifica nelle dinamiche storico-politiche.
Che nesso esiste, per Losurdo, tra filosofia e politica?
La politica costituisce per Losurdo il banco di prova della filosofia, il suo experimentum crucis. Proprio perché la filosofia deve comprendere il proprio tempo, il giudizio politico – cosa è progressivo, cosa reazionario; dov’è la destra, dove la sinistra – è il suo ritorno al mondo e alla realtà dopo il momento dell’analisi e della riflessione. Non si contano le filosofie e le metafisiche sistematiche, anche grandiose, che però hanno fallito di fronte alla politica. Pensiamo all’opera di giganti del pensiero come Schmitt o Heidegger: ebbene, nel momento di confrontarsi con il mondo queste filosofie falliscono clamorosamente e si schierano dalla parte della reazione. È la conseguenza di una inadeguata elaborazione del nesso tra universale e particolare, una questione che della filosofia di Losurdo costituisce il cuore pulsante. Esiste un particolarismo incapace di trascendere gli interessi privati o di parte, e che coincide con la destra, la quale non riesce a pensare l’uomo e la donna nella loro universalità. Esiste però anche una universalità “imperiale”, e cioè aggressiva, che concepisce questi concetti in maniera astratta e immediata, pretendendo di imporli a chiunque in ogni tempo e in ogni luogo (pensiamo al dirittumanismo odierno), e che non è capace di sussumere il particolare sotto l’universale tenendo conto delle sue ragioni. Si tratta, ancora con Hegel, di pensare una forma di universalismo concreto che consenta la coesistenza e il dialogo di forme di razionalità anche diverse a partire dall’individuazione di un terreno condiviso di metarazionalità.
Qual è l’eredità filosofica di Domenico Losurdo?
Losurdo ha scritto molto e molto ha lasciato. Dopo la sua morte i collaboratori più stretti hanno costituito il Gruppo di ricerca “Domenico Losurdo”, coordinato da Giorgio Grimaldi, che unisce università e ricercatori italiani e stranieri. Il Gruppo sta lavorando alla ripubblicazione di alcuni testi ormai introvabili: abbiamo fatto sì che Bollati Boringhieri rendesse nuovamente disponibile Democrazia o bonapartismo, ad esempio, un testo imprescindibile per comprendere i processi di concentrazione del potere nella società postmoderna; abbiamo inoltre curato la nuova edizione delle Filosofie del diritto di Hegel, una analisi comparatistica attraverso la quale Losurdo fa emergere la carica progressiva e emancipazionista del pensiero hegeliano. Dell’attività del Gruppo fa parte la pubblicazione del mio libro La comune umanità. Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo (La scuola di Pitagora). Soprattutto, il Gruppo sta lavorando sugli inediti e cioè su una enorme quantità di materiali presenti nei computer e nei supporti informatici di Losurdo, per la cui rielaborazione l’Università di Urbino ha messo a disposizione dei finanziamenti. Non posso ancora dire nulla ma presto, su questo piano, ci sarà una bella sorpresa.
Per quanto riguarda l’eredità filosofica più generale, questa riguarda anzitutto la ricostruzione del marxismo nelle condizioni del XXI secolo. Il materialismo storico e la teoria della lotta di classe sono ripensati come una teoria generale del conflitto, che consente di leggere le forme principali di conflitto presenti nelle società storiche: il conflitto di genere, quello tra i raggruppamenti sociali veri e propri, quello tra le nazioni e le grandi centrali colonialiste o imperialistiche. Per come è messo il mondo odierno, c’è una grande quantità di problemi di contraddizioni che aspettano di essere reinterpretate in questa chiave. Nel mio minuscolo, è quanto cerco di fare nel mio ultimo libro, Il virus dell’Occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato d’eccezione (Mimesis), nel quale tra le altre cose cerco di ricostruire le risposte della filosofia italiana di fronte alla pandemia, tematizzando la sua subalternità alla visione liberale del potere e la sua incapacità di riconoscere realmente l’altro (esperienze e ordinamenti politici e sociali diversi da quelli occidentali) e di dialogare con essi. Un rifiuto e una chiusura, palesi in Agamben e altri autori ma non meno accentuati nelle frange “sovraniste” e comunitariste, che hanno portato l’Occidente di fronte al rischio del suicidio, visto che sino all’ultimo – e ancora oggi, per certi aspetti – è stata negata anche la realtà stessa di un’emergenza che sembrava potesse colpire altri mondi, più arretrati e opachi, ma non certamente l’inscalfibile e invulnerabile realtà della società capitalistica, con le sue legge “naturali” ed eterne di funzionamento.
Stefano G. Azzarà (Messina, 1970) insegna Storia della filosofia all’Università di Urbino. È segretario alla presidenza della Internationale Gesellschaft Hegel-Marx e dirige la rivista scientifica “Materialismo Storico”. Il suo lavoro si concentra sul confronto tra le grandi tradizioni filosofiche e politiche degli ultimi due secoli: conservatorismo, liberalismo, marxismo. Ha pubblicato diverse monografie e numerosi articoli su riviste italiane e internazionali.