“Dizionario Geroglifico-Italiano. Vocabolario essenziale del medio Egitto” di Pasquale Barile

Dizionario Geroglifico-Italiano. Vocabolario essenziale del medio Egitto, Pasquale BarileDott. Pasquale Barile, Lei è autore del libro Dizionario Geroglifico-Italiano. Vocabolario essenziale del medio Egitto edito da ENIGMA: come vanno letti i geroglifici?
Gli antichi egizi scrivevano sia in orizzontale che in verticale, il verso di lettura si capisce da dove sono rivolti i geroglifici che rappresentano animali e persone: se guardano a sinistra si legge da sinistra a destra, se guardano a destra, da destra a sinistra.

Quali particolarità presentano i geroglifici?
La lingua egizia è composta da fonogrammi che possono avere una valenza fonetica multipla, ovvero possono essere letti con una o più consonanti. Gli egittologi li hanno suddivisi in tre grandi categorie:

  • Unilitteri – segni con un solo suono
  • Bilitteri – segni con due suoni
  • Trilitteri – segni con tre suoni

La prima lista, gli unilitteri, viene spesso erroneamente definita come l’alfabeto egizio, e viene utilizzata per compilare i dizionari. Alcuni testi utilizzano un altro sistema di classificazione, ovvero il sistema di sir Alan Gardiner, insigne egittologo britannico che suddivise i geroglifici classificandoli in base a ciò che rappresentavano. I segni bilitteri e trilitteri sono spesso seguiti da unilitteri utilizzati come complemento fonetico, ovvero “aiutano” il lettore a capire “i suoni” del simbolo che li precede. Come in italiano, anche in egizio esistono parole che si scrivono allo stesso modo ma che hanno diverso significato. Noi ci orientiamo in base al contesto della frase, gli egizi alla fine di ogni parola inserivano un geroglifico che non si leggeva ma che aiutava a capire il “contesto” di cui si stava parlando. Esistono quindi numerosi geroglifici “senza suono” che vengono definiti determinativi, proprio perché determinano il significato del termine a cui sono associati. Viste le oggettive difficoltà, per facilitare lo studio della lingua egizia gli egittologi hanno elaborato un sistema di traslitterazione per uniformare i testi all’interno delle pubblicazioni. Purtroppo anche in questo caso i sistemi di traslitterazione sono diversi, per la precisione tre: Britannico, Europeo, Budge. Il terzo, ideato da sir E. A. W. Budge è oramai fuori uso, mentre i sistemi Europeo e Britannico differiscono essenzialmente per alcuni caratteri speciali. Con l’avvento dell’informatica si rese però necessario un sistema uniforme per la computerizzazione dei testi antichi, così nel 1984 un comitato speciale sviluppò un sistema di codifica per i testi geroglifici. Il risultato fu il Manual for the Encoding of Hieroglyphic Texts for Computer-input, generalmente abbreviato in Manuel de Codage (MdC). La codifica ha subito un aggiornamento nel 2007 per renderla compatibile con i più moderni software. L’altro aspetto, non da poco, è che i geroglifici non sono caratteri “astratti”, ma rappresentano qualcosa, sono dei disegni; quindi bisogna anche imparare a riprodurli. Fortunatamente oggi ci sono diversi software che permettono di codificare i testi in formato digitale, ma personalmente provo un certo piacere a riprodurli a mano; mi sento come un vero scriba.

Quanto è complesso leggere i geroglifici?
Beh, come tutte le lingue all’inizio ci sono diverse difficoltà da superare: memorizzare il valore fonetico dei vari simboli e imparare la grammatica. Ma il problema più grande è che ci troviamo di fronte ad una lingua morta che non parla più nessuno da circa 1700 anni, quindi le difficoltà aumentano in modo esponenziale. Ad oggi non conosciamo l’esatta pronuncia della lingua egizia, anche perché come le altre lingue afroasiatiche nella forma scritta presenta lo “scheletro” delle parole, ovvero soltanto le consonanti. Di conseguenza la cosiddetta vocalizzazione è puramente convenzionale. Per alcune parole è stato fatto un lavoro a ritroso partendo dal copto, ma la strada è molto lunga è per molti versi impraticabile. Anche per quanto riguarda le consonanti però la situazione non è delle migliori, molti suoni sono sicuri, ma altri totalmente ipotetici. A tutto ciò aggiungiamo anche la totale assenza di punteggiatura ed il quadro è completo.

Come venivano utilizzati i geroglifici nella scrittura dell’antica lingua egizia?
Gli antichi egizi avevano diverse forme di scrittura: geroglifico, geroglifico corsivo e ieratico. Lo ieratico veniva utilizzato esclusivamente su papiro, perché più veloce da scrivere. Il geroglifico invece, essendo stilizzato, veniva utilizzato principalmente sulle facciate dei templi e all’interno delle tombe. Possiamo paragonare il geroglifico ai nostri caratteri stampati, lo ieratico al nostro corsivo. Naturalmente, come tutte le grafie corsive, se ci troviamo di fronte ad un papiro scritto da uno scriba con una brutta grafia, potremmo avere delle difficoltà a comprendere il testo; non tanto per la sua antichità ma per il modo in cui è stato scritto, un po’ come la ricetta di un medico 😉

Quali caratteristiche aveva l’antica lingua egizia?
La lingua egizia fa parte della famiglia delle lingue afroasiatiche o camito-semitiche, come il Berbero, l’Arabo e l’Ebraico. Spesso si racconta in giro che la scrittura egizia è comparsa all’improvviso senza un’apparente evoluzione, fomentando uno dei tanti “falsi miti” sull’Antico Egitto. In realtà, le prime attestazioni risalgono al 3200 bce, anche se diverse esplorazioni nel deserto hanno riportato alla luce diversi graffiti con quello che può essere considerato a tutti gli effetti proto-egizio. Nel corso della millenaria storia egizia l’idioma dei faraoni ha subito diverse trasformazioni, classificabili in cinque fasi distinte:

  • Antico Egizio – È la forma più antica, attestata dal 3200 bce al 2100 bce circa; si tratta di una lingua molto arcaica e per molti versi di difficile comprensione.
  • Medio Egizio – Viene considerata la fase classica della lingua egizia che, anche se con alcuni cambiamenti, resterà la base fino alla fine della storia egizia.
  • Neo Egizio – Rimpiazza il Medio Egizio a partire dal 1600 bce e diventa lo standard a partire dal 1300 bce.
  • Demotico – Deriva dal Neo Egizio e compare per la prima volta intorno al 650 bce.
  • Copto – L’ultima evoluzione della lingua egizia strettamente legata al greco, le prime attestazioni risalgono alla fine del I sec. ce. Ben presto diventa una lingua religiosa, utilizzata ancora oggi dalla Chiesa Copta durante le cerimonie.

È chiaro che in 3000 anni di storia la lingua è cambiata molto; infatti si conosce molto bene il Medio Egizio ed il Neo Egizio, mentre l’Antico Egizio presenta diverse difficoltà di traduzione e soprattutto interpretazione, poiché si tratta di una lingua molto arcaica.

Qual è la storia dell’interpretazione dei geroglifici?
Quando il 27 febbraio del 380 ce gli imperatori Graziano, Teodosio I e Valentiniano II promulgarono l’Editto di Tessalonica, la religione cristiana divenne religione ufficiale dell’impero, rendendo di fatto il paganesimo illegale. Diversi templi subirono l’ira del fanatismo religioso e tutto ciò che era retaggio o apparteneva al mondo pagano fu proibito, o nel peggiore dei casi distrutto. L’antichissima lingua egizia che aveva superato indenne 3000 anni di storia, venne letteralmente spazzata via dall’editto di Tessalonica. Essendo infatti strettamente legata al mondo pagano, venne proibita in seguito all’ordinanza di chiusura di tutti i templi pagani, promulgata nel 391 ce; l’ultima iscrizione geroglifica conosciuta si trova nel tempio di Iside sull’isola di File e risale al 24 agosto 394 ce. Da quel momento l’antico egizio cadde nell’oblio e con essa la storia egizia. Col passare del tempo diversi studiosi hanno provato senza successo a decifrare la lingua dei faraoni, ma l’errore comune era quello di un approccio ermetico-esoterico. La prima opera conosciuta che tenta di dare un’interpretazione ai geroglifici è Hieroglyphiká di Orapollo, uno scrittore egiziano vissuto nel V sec. ce di cui non si sa praticamente nulla, ma che nella sua opera tentò di dare una spiegazione a circa 200 geroglifici. Un secondo tentativo fu effettuato dal gesuita Athanasius Kircher, che nel XVII sec. ce pubblicò un’opera in tre volumi contenente la prima grammatica egizia. Purtroppo anche l’approccio di Kircher era simbolico e le sue traduzioni si rivelarono totalmente sbagliate, anche se gli va riconosciuto il merito di aver compreso il collegamento fra la lingua egizia ed il copto. Bisognerà attendere l’invasione napoleonica dell’Egitto e la successiva scoperta della famosissima Stele di Rosetta per arrivare alla decifrazione dei geroglifici, avvenuta nel 1821 per merito del francese Jean-François Champollion, anche se gli inglesi sono pronti a scommettere che il vero autore della scoperta fu Thomas Young.

Quali caratteristiche possiede la Sua opera e a chi si rivolge?
Il dizionario di riferimento su cui si sono formati generazioni di egittologi è il “A Concise Dictionary of Middle Egyptian” di Raymond O. Faulkner, che però, secondo me, presenta una difficoltà non trascurabile: è scritto a mano! Nella ricerca dei termini bisogna quindi decifrare prima la grafia di Faulkner e poi interpretare la sua resa grafica dei geroglifici. Esiste poi il monumentale (7 volumi) “Wörterbuch der Aegyptischen Sprache” di Adolf Erman ed Hermann Grapow, utilizzato esclusivamente dagli specialisti. Quando ho deciso di scrivere questo dizionario il mio obiettivo era di realizzare un’opera di facile consultazione e soprattutto con i caratteri geroglifici ben definiti. A tal proposito vorrei ringraziare Serge Rosmodurc per il suo fantastico software opensource JSesh, con cui ho scritto tutti i termini in geroglifico. Il dizionario è ordinato in base alla lista degli unilitteri, mentre I vocaboli egizi sono raccolti in tabelle, in modo tale da facilitarne la lettura e la comprensione. Ogni tabella è suddivisa in quattro colonne: nella prima è presente il termine in geroglifico, nella seconda la traslitterazione secondo il Sistema Europeo, nella terza il significato, nella quarta la codifica elettronica secondo il MdC. Molti termini egizi hanno delle varianti nella scrittura; all’interno del dizionario sono presenti le principali, elencate sotto la forma più comune. Inoltre, per facilitare la ricerca il significato di ogni termine è riportato in grassetto.

Lei è un egittologo freelance: quando e come nasce la Sua passione per l’Antico Egitto?
Fin da bambino; può sembrare una risposta scontata, ma vi assicuro che rimasi “folgorato” dalla visione della foto di una piramide. Fu un vero e proprio colpo di fulmine archeologico 😉 Da quel momento comprai tutto ciò che parlava di Egitto, fino alla scelta del mio percorso di studi.

Come si diventa egittologi?
Diverse sono le università italiane che propongono un percorso di studi egittologico. Sicuramente l’Università di Pisa è tra le più prestigiose, visto che si tratta del più antico corso accademico del mondo, istituito nel 1826. È possibile però seguire corsi di egittologia presso le università di Milano, Bologna, Torino, Venezia, Napoli, diciamo che le possibilità non mancano. Naturalmente è un qualcosa che si fa per pura passione, poiché le possibilità di sbocchi nel mondo del lavoro non sono elevate. Ma sono convinto che nella vita bisogna fare ciò che piace e per quanto mi riguarda l’Egitto è stato ciò che mi ha emozionato e affascinato da sempre. Inoltre, le possibili applicazioni di un percorso di studio egittologico possono essere molteplici, bisogna solo avere un po’ di “fantasia”. Io ad esempio sono entrato a far parte del team della Macchina del Tempo come Responsabile Scientifico della ricostruzione in VR (Realtà Virtuale) della Tomba di Tutankhamon. Si tratta di un’esperienza del tutto virtuale, attraverso cui sarà possibile rivivere le stesse emozioni di Howard Carter quando nel 1922 scoprì la famosa tomba. Un ottimo modo per coniugare storia, archeologia e nuove tecnologie. Vi aspetto quindi alle mie presentazioni e all’inaugurazione della Tomba di Tutankhamon. Per saperne di più potete seguirmi sulle mie pagine social o sul mio sito.

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