“Diplomazia e letteratura tra Impero asburgico e Italia” a cura di Angelo Pagliardini, Sieglinde Klettenhammer, Silvia Tatti e Duccio Tongiorgi

Prof. Angelo Pagliardini, Lei ha curato con Sieglinde Klettenhammer, Silvia Tatti e Duccio Tongiorgi l’edizione del libro Diplomazia e letteratura tra Impero asburgico e Italia, pubblicato dalle Edizioni di Storia e Letteratura: quale rete di connessioni si sviluppò, nel Settecento, tra le rappresentanze diplomatiche italiane e asburgiche e gli uomini di lettere?
Diplomazia e letteratura tra Impero asburgico e Italia, Angelo Pagliardini, Sieglinde Klettenhammer, Silvia Tatti, Duccio TongiorgiDal colloquio tenutosi a Innsbruck nel 2019, di cui il nostro volume è il risultato, è emersa nel Settecento l’esistenza di una rete diplomatico-culturale italo-austriaca assai vasta e ramificata, con nodi e connessioni molto diversificate. In primo luogo abbiamo le rappresentanze diplomatiche propriamente dette, come l’ambasciata dell’Impero a Roma, che ha avuto nel Settecento tra i massimi protagonisti il cardinale Alessandro Albani, mecenate e promotore di quel gruppo di scrittori, critici d’arte e artisti che, guidati da Winckelmann, avrebbero dato il primo impulso al Neoclassicismo, come mostrato nel mio contributo. In secondo luogo, abbiamo gli scrittori italiani arrivati a Vienna tramite la rete diplomatica, come il poeta cesareo, ruolo ricoperto prima da Pietro Metastasio, quindi da Giambattista Casti, attivo a Vienna come librettista, su iniziativa del principe Rosemberg, alto dignitario di corte conosciuto da Casti durante il suo soggiorno nella Toscana asburgica. Come mostra Silvia Tatti nel suo contributo, il legame strettissimo fra diplomazia e lettere viene dimostrato, e contrario, dal fatto che dopo lo scoppio della rivoluzione francese, dato che le opere di Casti apparivano troppo in linea con ideali libertari, fu proibito allo scrittore ogni contatto con ambasciatori e diplomatici. Esistono poi la rete teatrale che fanno capo a Vienna e agli stati italiani governati dagli Asburgo, in cui vengono messe in scena opere italiane che hanno un valore di messaggio diplomatico, come nel caso del teatro gesuitico, che produce testi in latino con duplice finalità educativa e politica, ad esempio il Publius Cornelius Scipio sui victor, del gesuita Anton Claus. Il dramma, che riprende un episodio di edificazione morale del condottiero romano, foriero degli alti valori della romanità e dell’impero grati alla corte viennese, si inserisce in una rete di opere teatrali e di teatro musicale sullo stesso tema. Di essa fa parte Scipione nelle Spagne, libretto di Apostolo Zeno, poeta cesareo a Vienna, messo in scena a Barcellona con musica di Antonio Caldara nel 1710, allorché l’arciduca Carlo d’Asburgo, in seguito imperatore con il nome Carlo VI, era entrato nel gioco della guerra di successione spagnola come pretendente al trono di Spagna, come ricostruito nel contributo di Simon Wirthensohn. A proposito della funzione di poeta cesareo, occorre ricordare il legame strettissimo di Metastasio con la rete diplomatica asburgica, messi in evidenza attraverso lo studio del suo epistolario, da Alberto Beniscelli: il poeta drammaturgo e il conte di Canale, ambasciatore sabaudo a Vienna, si cimentano nella traduzione in italiano dei classici latini e si confrontano a vicenda su esiti e metodi della traduzione poetica.

A questi canali più istituzionali occorre affiancare le relazioni del tutto peculiari instauratesi fra il Granducato di Toscana e la corte viennese dal momento in cui gli Asburgo-Lorena, nella persona di Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa d’Asburgo, sottoscrivono il patto che avrebbe visto il primogenito dell’imperatore sul trono di Vienna e il secondogenito su quello di Firenze. In questo modo i fratelli sovrani, l’uno sulle rive del Danubio e l’altro su quelle dell’Arno, avrebbero instaurato un legame diretto di comunicazione fra i due stati, condividendo interessi di natura letteraria e culturale, oltre a considerazioni più prettamente politiche e di governo. Il fenomeno è analizzato nel volume da Ellinor Forster, che ci mostra come con Pietro Leopoldo I d’Asburgo-Lorena salì al trono di Vienna un principe formatosi in Toscana, che potremmo senz’altro considerare di lingua e cultura italiana, il che risulta dalle lettere scambiate con il fratello minore Ferdinando, succedutogli sul trono di Firenze.

Che ruolo svolse la diplomazia delle lettere nei rapporti tra i diversi stati italiani e l’Impero Asburgico?
Come mostra l’ambasciatore Sergio Barbanti nella sua prolusione al convegno, pubblicata in apertura al volume, esistono anche oggi intrinseche relazioni fra scrittura diplomatica e scrittura letteraria, tuttavia queste erano senz’altro molto più capillari e ramificate nel Settecento, quando erano molti gli scrittori impegnati parallelamente in attività diplomatiche, in particolare fra Italia e Stati asburgici, come il toscano Lorenzo Magalotti, il milanese Alessandro Verri, il laziale Giambattista Casti e il napoletano Tiberio Carafa. Il nostro volume si va a inserire in un progetto più ampio su letteratura italiana e diplomazie europee nel Settecento, nel cui ambito sono stati già indagati i rapporti fra Italia e Francia e Italia e Inghilterra, con il coordinamento di un gruppo di cui fanno parte i co-curatori Silvia Tatti e Duccio Tongiorgi e alcuni dei relatori del volume. È stato interessante nel colloquio veder emergere le peculiarità del rapporto letteratura-diplomazia in relazione all’Impero asburgico, in quanto da un lato abbiamo la presenza in Italia di stati direttamente o indirettamente soggetti all’impero, oltre che di stati governati da principi di vari rami asburgici (Asburgo Lorena, Asburgo Este ecc.), dall’altro abbiamo in Italia quelle persistenze della cultura classica legata all’Impero romano, che costituisce un modello ideale per l’impero asburgico.

Nel Settecento non emerge ancora quella conflittualità fra intellettuali italiani e dominio asburgico che caratterizzerà il secolo successivo e tutte le fasi del Risorgimento. Nel corso del Settecento, accanto all’uso delle armi, l’amministrazione imperiale tesse una capillare rete culturale a sostegno e a legittimazione degli ideali dell’Impero in Italia e in Europa. Inoltre la presenza nella capitale asburgica di scrittori e intellettuali italiani legati alla diplomazia asburgica, costituisce un fattore di irradiazione della letteratura e della cultura italiana anche in altri territori dell’Impero.

Un altro caso peculiare di operazione diplomatica è quella fa capo al cardinale Alessandro Albani, il quale non solo si pone come punto di riferimento a Roma per le relazioni fra la curia e la corte di Vienna, ma utilizza tutte le armi culturali a sua disposizione, come archeologia, arte, letteratura e musica, per promuovere buone relazioni fra Roma e Vienna. Inoltre si trova, con il suo programma culturale di renovatio artistica, letteraria e archeologica della Roma antica e del Rinascimento, in piena consonanza con gli ideali imperiali asburgici, tanto che in maniera più o meno rocambolesca, ci sarà anche il tentativo di portare a Vienna il più valido e famoso consulente archeologico del cardinale, Johann Joachim Winckelmann.

Quale contributo fornì l’Impero asburgico alla definizione di una rete intellettuale europea?
La dimensione europea era insita nella formula dell’impero sovranazionale, in quanto la prospettiva nazionale, che sarebbe esplosa nel secolo successivo, sarebbe risultata dirompente per la tenuta del dominio asburgico, quindi ogni operazione culturale e intellettuale promossa da Vienna e dalla rete diplomatica asburgica aveva negli intenti un’apertura europea. A Vienna, il centro di ricerca Don Juan Archiv, diretto da uno dei relatori del volume, Matthias Pernerstorfer, ha studiato ampiamente l’intreccio fra storia dell’opera europea del Settecento e committenze da parte di diplomatici, oltre a documentare capillarmente la diffusione europea di certe opere italiane, come i melodrammi metastasiani. Nel contributo di Alberto Beniscelli, analizzando le missive presenti nell’epistolario di Metastasio che mettono in relazione il poeta con i diplomatici asburgici, risulta una rete di respiro europeo che andava a corrispondere a quella repubblica delle lettere che univa idealmente gli intellettuali europei a prescindere dalla loro lingua o appartenenza culturale.

Un chiaro esempio del ruolo che ricopre Vienna nel Settecento come polo irradiatore della cultura italiana in altre terre soggette all’impero è quello indagato da Alexandra Vranceanu, e che riguarda la Transilvania, allora dominio asburgico, oggi parte della Romania. Lo scrittore di lingua romena Ion Budai-Deleanu, magistrato asburgico, filologo e letterato, ha composto, senza arrivare a pubblicarla, la Zingareide, un poema eroicomico legato alle vicende storiche dei romeni di Transilvania e ispirato esplicitamente ai modelli dell’epica rinascimentale italiana e al poema eroicomico La secchia rapita: tali opere italiane, considerato esplicitamente dallo scrittore come centrali nel canone europeo, vennero da lui conosciute durante la sua formazione giuridica alla fine del Settecento a Vienna, dove dichiara anche di aver conosciuto le opere di Giambattista Casti e di Pietro Metastasio. Si tratta di un caso di apporto significativo della diplomazia culturale italiana a Vienna per la formazione di una comune cultura e letteratura europea: l’idea di comporre un poema eroicomico in romeno, in stretto rapporto intertestuale con il poema di Ariosto e soprattutto con quello di Tassoni, al fine di inscrivere così anche la sua lingua e cultura nell’alveo dell’identità europea.

Come si esplicò la diplomazia culturale di diplomatici, ambasciatori e mediatori culturali?
Molteplici sono state le modalità di attuazione di una forma di diplomazia culturale da parte dei differenti attori. La rete epistolare è stata certamente la più ovvia, come mostrato a proposito di Metastasio nel contributo di Beniscelli e nel caso di Beccaria e dei fratelli Verri nel saggio di Gianmarco Gaspari. Nel caso del cardinale Alessandro Albani, protagonista a vario titolo delle relazioni diplomatiche fra Impero e Santa Sede, opere d’arte, scritti letterari teatrali e per teatro in musica, e anche il programma culturale che è stato alle origini del Neoclassicismo, sono altrettanti canali di mediazione diplomatica. Tuttavia possiamo dire che lo strumento non strettamente diplomatico per cui si mostrano strettamente alleate diplomazia e letteratura nel Settecento è il teatro musicale, in quanto risulta molto cospicua la realizzazione di opere, drammi, intermezzi, oratori e altre forme, rappresentate in teatri di tutta Europa seguendo i canali delle relazioni diplomatiche, il che emerge da molteplici dei saggi del volume.

Quali furono i più autorevoli esponenti della diplomazia culturale italiana a Vienna?
La capitale viennese ebbe un grande potere di attrazione per gli scrittori italiani, sia come centro culturale vivace e cosmopolita, sia per le strette relazioni determinate dagli stati italiani direttamente o indirettamente soggetti a Vienna. Si tratta degli esponenti di spicco di una comunità intellettuale italiana, che risiede più o meno stabilmente nella capitale asburgica e che risulta essere vivace e attiva, in relazione intensa con la rete diplomatica. Spiccano i nomi di Apostolo Zeno, Lorenzo Magalotti, Pietro Metastasio e Giambattista Casti, ma risulta rilevante anche la presenza di scrittori meno famosi, come Saverio Pansuti, Vincenzo Grimani e Aurelio De’ Giorgi Bertola.

Nel caso di Pietro Metastasio certamente l’attività letteraria e teatrale era prevalente su quella politica, eppure dalle sue lettere emerge un interessamento per le trame che a Vienna vanno tessendo vari agenti diplomatici degli stati italiani. In particolare Alberto Beniscelli mostra come il rapporto epistolare, ma anche di amicizia e di comune frequentazione mondana, abbia giocato un ruolo nel riavvicinamento fra Asburgo e Savoia, dopo i contrasti legati alla guerra di successione polacca, un riavvicinamento culminato nelle nozze fra il re di Sardegna, Carlo Emanuele III, ed Elisabetta Teresa, sorella di Francesco Stefano di Lorena, futuro imperatore. In particolare Metastasio viene invitato dal conte di Canale, rappresentante dei Savoia a Vienna, a comporre un dramma per quelle nozze, invito non accettato, tuttavia da quel momento il rapporto fra i due si consolida, data anche la frequentazione di un giro di salotti nobiliari in virtù della parentela fra la consorte viennese del diplomatico torinese e la nobildonna napoletana, amica di Metastasio, Marianna Pignatelli d’Althann, sposatasi e trasferitasi a Vienna, in ambienti molto vicini alla corona.

Giambattista Casti, attirato a Vienna dal miraggio della nomina a poeta cesareo, come mette in evidenza Silvia Tatti, si tiene in stretto contatto con i canali diplomatici e s’inserisce con la sua opera tra le trame della diplomazia asburgica, ad esempio con un componimento poetico commissionatogli dall’amministrazione imperiale per le nozze fra Maria Theresia Josefa Johanna von Österreich-Este e Vittorio Emanuele di Savoia duca d’Aosta. Tuttavia non abbiamo certamente un totale asservimento del poeta alle commissioni dettate dalla politica asburgica, tanto che nel poemetto per il matrimonio Casti inserisce un passaggio in cui chiede pace e concordia fra tutti gli stati italiani, affidando idealmente questa funzione ai due giovani sposi. Lo stesso scrittore andrà oltre, con le sue opere più famose, gli Animali parlanti e il Poema Tartaro, in cui si porta avanti un’azione di critica morale che, nel caso del Poema Tartaro, è rivolto contro il dispotismo di Caterina II di Russia. Questo comporterà un lungo periodo di stallo in cui l’opera non poté essere pubblicata negli stati asburgici, essendo in aperto conflitto con la politica di alleanza austro-russa. Troviamo inoltre nei suoi scritti una definizione affascinante di intellettuale che fa del viaggio e dell’intero scacchiere europeo la sua patria di scrittore: «onorato vagabondo».

Vincenzo Grimani, diplomatico e cardinale, fortemente impegnato nelle vicende legate al tentativo, da parte degli Asburgo, di ottenere il trono del Regno di Napoli, fu anche prolifico autore teatrale. Il nobile veneziano, presente per lunghi soggiorni a Vienna, fu anche per un breve periodo Viceré di Napoli per conto della corte cesarea. Dal punto di vista letterario, Beatrice Alfonzetti analizza il ruolo politico del suo dramma per musica Orazio, che ripercorre la vicenda del duello a tre fra Orazi e Curiazi, esaltando quelle virtù etiche dell’Antica Roma che in qualche misura avocava a sé la corte viennese, in nome di una ideale translatio imperii.

Possiamo concludere questa rassegna con la figura di Aurelio De’ Giorgi Bertola, un protagonista della fioritura delle università lombarde promosse dagli Asburgo, che viaggiò molto in Italia fra gli stati asburgici e che fece anche significativi soggiorni a Vienna. L’attività letteraria dello scrittore si incrocia in Italia con l’attività diplomatica e politica di Wiczeck, il ministro plenipotenziario austriaco che cerca di costruire in Italia, e in particolare a Firenze e a Napoli, solide basi culturali per il dominio austriaco, e la cui attività viene analizzata da Francesca Fedi.

Allo stesso Bertola, come appare nel saggio di Duccio Tongiorgi, si deve l’Idea della letteratura alemanna, una storia della letteratura di lingua tedesca in cui si effettuava l’operazione inversa a quella dei tanti scrittori italiani presenti a Vienna, il tentativo di rendere nota e famigliare in Italia la cultura di quel mondo di lingua germanica cui appartenevano i nuovi principi e amministratori di gran parte degli stati italiani.

Angelo Pagliardini, dell’Universität Innsbruck, si è occupato di letteratura italiana delle migrazioni e di letteratura e nazione nellʼOttocento. Fra i volumi curati: Migrazione e patologie dellʼhumanitas nella letteratura europea contemporanea (2012), Gli scrittori che hanno inventato la letteratura europea, da unʼidea di G.Mazzini. (2015). Ha pubblicato le monografie: Mappe interculturali della letteratura italiana nel Risorgimento (2013) e La narrazione verista della nazione. Analisi diacroniche delle scelte concettuali e stilistiche nella narrativa di Giovanni Verga (2018).

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