“Dimmi come fa. Grammatica e sintassi della melodia” di Marina Toffetti

Prof.ssa Marina Toffetti, Lei è autrice del libro Dimmi come fa. Grammatica e sintassi della melodia, edito da Carocci: perché è importante saper ascoltare la musica?
Dimmi come fa. Grammatica e sintassi della melodia, Marina ToffettiSe è vero che ciascuno di noi è quel che mangia, allora è anche vero che è ciò che ascolta: quello che ascoltiamo ci nutre sul piano etico ed estetico, e ciò è tanto più vero quanto più siamo in grado di ascoltare con consapevolezza. Il che non viene da sé, ma è frutto di un percorso di educazione (educazione all’ascolto, per l’appunto) che va ben al di là del mero ear-training (educazione dell’orecchio: una disciplina ormai impartita in ogni scuola di musica) e che abbraccia competenze analitiche ed esegetiche estremamente complesse. La musica agisce su di noi, influenza chi la ascolta, modifica il suo umore e il suo stato d’animo, trasforma i suoi costumi: da Platone ai giorni nostri sono più di ventiquattro secoli che il pensiero occidentale si confronta con questa realtà e fa i conti con gli effetti della musica sull’animo dell’ascoltatore (che gli antichi Greci chiamavano ethos, un termine non a caso intimamente connesso con la sfera etica). Ma un conto è sentire, un altro ascoltare: l’ascolto presuppone competenze e necessita di un apprendistato a volte anche lungo e laborioso. Quando andiamo a visitare una mostra d’arte ci pare del tutto “normale” che alcuni visitatori si affidino alle spiegazioni di una guida, altri ricorrano all’ausilio di audio-guide o si avvalgano di materiali esplicativi di diversa natura: tutti sanno che, per poter apprezzare pienamente un’opera d’arte, occorre sapere come osservarla. Come spiega bene Ernst Gombrich, il celebre storico dell’arte e psicologo della percezione visiva, di fronte a un’opera d’arte visiva il non addetto ai lavori si chiede anzitutto: ma che cosa ci sarà mai di tanto speciale da apprezzare? Che cosa fa di quest’immagine un costrutto geniale? Come la dovrò osservare, per poterne cogliere la magia? La stessa cosa vale per la musica: come la dovrò ascoltare, per cogliere le caratteristiche che fanno di quest’opera un capolavoro? Come mi dovrò disporre? A quali aspetti dovrò prestare maggiore attenzione? Alla melodia? All’armonia? Al ritmo? Al timbro? Nel caso della musica, però, c’è una difficoltà in più: la musica non se ne sta lì ferma a lasciarsi osservare e commentare; se provo a descriverne una parte, questa nel frattempo si è già dileguata, e se n’è fatta avanti un’altra. In quanto arte temporale, che abita e si esplica nel tempo, la musica è volatile, perennemente in movimento: nasce, in qualche modo, per morire. E nel breve lasso di pochi istanti accade tutto ciò che deve accadere, dentro la musica e dentro di noi che la stiamo ad ascoltare, senza che, spesso, vi sia il tempo di comprendere perché mi ha fatto l’effetto che mi ha fatto. Aggiungo poi che, per chi la deve spiegare ad altri, vi è un’ulteriore difficoltà che le arti spaziali (quelle che si esplicano nello spazio) non presentano: non posso parlare mentre ascolto la musica. Sarebbe un po’ come appiccicare dei post-it sulla volta della Cappella Sistina di Michelangelo per spiegare che questa è la Sibilla Cumana, quella la Sibilla Delfica e quelli là in fondo sono Davide e Golia. Non vi è niente di peggio che parlare sopra la musica. Allora come si può fare per spiegarla? Io credo che si debba provare a contrappuntare le proprie spiegazioni con frequenti ascolti e continui rimandi alla musica, come in una sorta di audiolibro virtuale, dove il lettore è implicitamente (ma a volte anche esplicitamente) invitato ad ascoltare le musiche di cui di volta in volta si parla prestando attenzione agli aspetti di volta in volta presi in esame. Si parla di melodia (come in questo libro)? Allora riascolterò le musiche di cui si è parlato concentrandomi sulla melodia (la dimensione lineare della musica, quella che rimane maggiormente impressa al termine di un ascolto: il corrispettivo sonoro dello skyline di un paesaggio). Si è preso in esame il ritmo? Allora riascolterò le stesse composizioni, questa volta rivolgendo la mia attenzione al ritmo (la dimensione più fisica, primordiale e a volte anche selvaggia della musica: quella che fa sì che, ascoltando alcune musiche, non possiamo fare a meno di muovere i piedi e accennare passi di danza). Nel mio libro stringo un patto con i lettori: io parlo di certe composizioni, e loro le ascoltano di volta in volta, quasi a voler verificare che le cose che sto spiegando si sentano per davvero. Non a caso il libro si intitola “Dimmi come fa”: se le musiche di cui si parla non mi risuonano nell’orecchio, non sarò in grado di seguire il discorso. Per questo gli esempi musicali ai quali si fa riferimento sono melodie alla portata di tutti: Bandiera rossa, Bella ciao, La Marsigliese, o successi discografici che ognuno sarebbe in grado di canticchiare sotto la doccia o alla guida della propria automobile, con il gomito fuori dal finestrino: The Sound of Silence, Hey Jude, Oh When the Saints. A partire da questo terreno condiviso, si arriva poi a composizioni del repertorio classico e jazzistico – in ogni caso pagine ben note – e a brani esclusivamente strumentali, dei quali, in mancanza di parole, è più difficile parlare. Per me è una grande soddisfazione essere ringraziata dai lettori che mi dicono di aver letto il libro tutto d’un fiato e poi aver cominciato a rileggerlo da capo ascoltando tutti gli esempi musicali menzionati.

Che ruolo svolgono, nella musica, gli intervalli?
Con questa domanda si entra nel cuore dell’argomento di cui tratto nel volume, che è, appunto, la melodia. E ne tratto, come spiega il sottotitolo, considerando prima gli aspetti grammaticali, poi quelli sintattici. Come a dire: prima vivisezionando una musica, smontandola come una bicicletta, facendola a pezzi e considerando ciascun pezzettino per sé; poi cercando di rimontarla, di capire come funziona e soprattutto perché è stata composta proprio così e non in un altro modo. Perché una correlazione esiste, fra il modo in cui la musica è stata com-posta (il modo in cui i suoi pezzi sono stati posti insieme), e la maniera in cui agisce su di noi. Per tornare alla domanda, quando si prende in esame una melodia, i pezzettini, i mattoncini del LEGO di cui si compone sono gli intervalli. Occorre però precisare che, per intervallo, in questo contesto non si intende il lasso di tempo che intercorre fra quel che viene prima e quel che viene dopo, ma la distanza, in termini di altezza del suono (parametro che si misura in Herz), fra un suono grave (comunemente detto “basso”) e un suono acuto (detto “alto”). Detto questo, possiamo tornare alla domanda: che ruolo svolgono gli intervalli? Lo stesso ruolo che svolgono i tasselli in un mosaico, i mattoni in una casa, le tessere in un puzzle. Si combinano fra loro a formare disegni (in questo caso disegni melodici) complessi e dotati di senso per chi li concepisce e per chi li recepisce. Naturalmente tutte queste operazioni di smembramento, vivisezione, smontaggio e rimontaggio sono piuttosto pericolose, perché la musica è un tutto, come recita il bel titolo di un libro di Daniel Baremboim, e a farla a pezzi si rischia di azzerarne l’effetto. Ma insomma: da qualche parte occorre pur cominciare, se ci si vuol fare intendere da chi non è specialista in materia, e a rimettere insieme tutto c’è pur sempre l’ascolto finale (che, se il metodo funziona, dovrebbe essere più consapevole di quello iniziale). A un certo punto dichiaro che per me la soddisfazione maggiore consiste nel sentirmi dire che, dopo aver letto questo libro, il lettore ha l’impressione di ascoltare la musica con maggiore attenzione: se così fosse, al di là dei singoli argomenti specifici di cui parlo, mi riterrei davvero soddisfatta.

Quali potenzialità espressive può assumere il suono ribattuto?
Il ribattuto consiste nella ripetizione (insistente, implacabile, ossessiva) di uno suono della stessa altezza: lo stesso suono ripetuto. In questo intervallo fra la frequenza del primo suono e quella del secondo non vi è nessuna differenza. Che cosa possa esprimere, ovviamente, dipende dal contesto musicale in cui è inserito. In un contesto sacro, può assumere la funzione tipica della declamazione, o della cantillazione: una modalità intonativa a metà strada fra il cantato e il parlato, che agevola la comprensione del testo musicato e gli conferisce un senso di solennità. Nella canzone di un rapper può esprimere noia, frustrazione, alienazione. In altri contesti può essere impiegato semplicemente per sincerarsi che il testo intonato, o una parte particolarmente importante di esso, risulti chiaramente intelligibile. In genere questo accade nei canti dal carattere solenne, ieratico, celebrativo: dove un determinato testo (o, in contesto sacro, un passaggio di particolare pregnanza dottrinale) deve essere ben compreso dagli ascoltatori. In ogni caso, il ribattuto non compare mai da solo, ma si combina con altri elementi del discorso musicale (il ritmo, il timbro, gli accordi) che contribuiscono a connotarlo e a conferirgli carattere e personalità. Lo spiegano bene Elio e le storie tese nella memorabile Canzone mononota che, a dispetto del fatto di basarsi su una sola nota, non finisce di sorprendere l’ascoltatore con continui colpi di scena e sorprese, sempre squisitamente musicali.

Quali sono gli intervalli musicalmente più significativi?
Tutti e nessuno. Ogni intervallo ha una sua personalità e, ricomparendo nel corso della storia della musica all’interno di musiche di segno diverso, si è “caricato” di una particolare potenza espressiva. D’altro canto, tutta la musica parla d’altra musica, tutti i motivi ricordano altri motivi. Ma davvero è il contesto musicale a risultare in ultima istanza determinante. È pur vero che, nel corso del libro, mi sono soffermata a descrivere i tanti passaggi in cui una quarta ascendente, posta in apertura di una melodia, le conferisce slancio, infonde ottimismo e conferisce alla melodia di turno una baldanza speciale: si pensi all’attacco di Bandiera rossa: “Avanti popolo…”, oppure all’inizio dell’inno sovietico, o ancora alle prime note dell’inno di Forza Italia – tutte melodie che vogliono infondere speranza negli ascoltatori e creare un senso di coesione fra di essi. C’è chi dice che l’intervallo di quinta giusta intonato in senso ascendente sia allegro (infonda allegria), in senso discendente sia triste (infonda tristezza): naturalmente si tratta di generalizzazioni, per non dire banalizzazioni. Eppure alle volte simili osservazioni aiutano a comprendere che alcuni intervalli possono veicolare emozioni diverse rispetto a quelle veicolate da altri e contribuiscono a far sì che, durante l’ascolto, si presti maggiore attenzione a questi aspetti rispetto ad altri.

Come può essere congegnata una melodia e in base a quali criteri la si può costruire?
Non vi è volume che possa rispondere a questo quesito in maniera esauriente, tanti sono gli aspetti che meriterebbero d’esser presi in esame. Certo è che la melodia è un organismo complesso, congegnato il più delle volte in maniera assai consapevole e accorta: anche il motivetto apparentemente più banale risponde, come minimo, a criteri di equilibrio e simmetria che ne fanno un costrutto musicale semplice ed efficace. Come accennavo poco sopra, il mio libro si divide in due parti: la prima affronta elementi grammaticali, la seconda affronta alcuni semplici problemi sintattici. Che cosa ce ne facciamo di tutti gli intervalli di cui si è parlato nella prima parte, una volta che abbiamo imparato a riconoscerli? È il tema affrontato nella seconda parte. Una sezione che prende l’avvio da alcuni meccanismi costruttivi elementari come, ad esempio, la ripetizione. Se la musica è un discorso, una volta pronunciata una frase potrò rispondere con una frase diversa, ma anche limitarmi a ripetere la prima. Molto spesso il compositore combina questi due approcci e ripete la stessa frase, introducendo, spesso alla fine, una piccola variante: la chiameremo ripetizione? O la chiameremo variazione? Io la chiamerei risposta variata. Quello che faccio, nel libro, è portare alcuni esempi, tratti per lo più dalle più celebri canzoni dei cantautori degli anni Settanta e Ottanta, in modo da chiamare in causa, quale ultimo giudice, l’orecchio di ciascuno. Come sempre, anche in questo caso lo scambio con l’ascoltatore avviene grazie a un terreno musicale comune e condiviso.

Di quali stratagemmi si può talvolta servire la musica?
Il termine “stratagemmi”, che compare in questa domanda, consente di introdurre il tema della manipolazione: la musica – ahinoi! – può manipolarci o contribuire alla nostra manipolazione. A che pro? Mille sono i fini possibili per cui la musica può essere usata (primi fra tutti, naturalmente, fare quattrini e avere successo: dunque a scopo pubblicitario o propagandistico). Al pari d’altre strategie visive, anche la musica concorre a manipolare l’ascoltatore per indurlo a comprare merendine stomachevoli, votare per un candidato improponibile, iscriversi a un partito senza radici e senza storia. Alle volte basta un jingle azzeccato, un motivetto formato da un paio d’intervalli, per farmi imprimere nella mente il nome di un prodotto, un candidato o un partito. Da lì in poi non potrò scordarlo mai.

Naturalmente la musica più è dozzinale, più è prevedibile: ecco allora che, nella seconda parte del libro, ho provato a “smontare” alcuni semplici meccanismi musicali, usati con scopi extra-musicali, per provare a capire come funzionano e, così facendo, disinnescarli. Qualcuno mi ha detto che l’esperimento è funzionato: a questo punto non mi resta che invitare il lettore a sottoporsi allo stesso esperimento e poi dire la sua.

Marina Toffetti è professore associato di Teorie musicali presso l’Università di Padova, dove insegna anche Analisi delle forme musicali e delle tecniche compositive e Paleografia musicale. Si è diplomata in Pianoforte, Direzione di coro, Composizione e Lettere moderne e ha conseguito il dottorato di ricerca in Filologia musicale. Vincitrice di concorsi e borse di studio, ha tenuto seminari in Italia, Europa e negli Stati Uniti. Con Carocci ha pubblicato anche Due parole sulla musica. Noi e il lessico musicale (2020), con LIM-SEdM il volume Introduzione alla filologia musicale (2022).

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Non perderti le novità!
Mi iscrivo
Niente spam, promesso! Potrai comunque cancellarti in qualsiasi momento.
close-link