“Dimenticare McLuhan” a cura di Vanni Codeluppi

Prof. Vanni Codeluppi, Lei ha curato l’edizione del libro Dimenticare McLuhan pubblicato da FrancoAngeli: Marshall McLuhan è ancora attuale?
Dimenticare McLuhan, Vanni CodeluppiIl canadese Marshall McLuhan può essere senz’altro considerato oggi il più importante studioso mondiale dei media. Nonostante sia morto nel lontano anno 1980, i concetti che ha sviluppato erano così avanzati che ancora oggi la maggior parte degli studiosi dei media si richiama ad essi. O comunque è costretto a confrontarsi con essi. In particolare, molti studiosi si rifanno attualmente alla interpretazione sviluppata da McLuhan dei media come ambienti. Ha scritto, ad esempio, che «Tutti i media ci investono interamente. Sono talmente penetranti nelle loro conseguenze personali, politiche, economiche, estetiche, psicologiche, morali, etiche e sociali da non lasciare alcuna parte di noi intatta, vergine, immutata. Il medium è il massaggio. Ogni interpretazione della trasformazione sociale e culturale è impossibile senza una conoscenza del modo in cui i media funzionano da ambienti». Vale a dire che per McLuhan i media non possono essere considerati solamente dei semplici strumenti che mediante le loro rappresentazioni consentono alle persone di mettersi in contatto con la realtà sociale. Si tratta invece di mezzi particolarmente efficaci che sono in grado di creare dei mondi all’interno dei quali è possibile entrare, cioè dei veri e propri ambienti culturali nei quali le persone possono sviluppare le loro relazioni sociali.

È possibile fare evolvere le sue idee?
Penso che, come propone il libro da me curato per l’editore Franco Angeli e cioè Dimenticare McLuhan, sia possibile fare evolvere oggi il pensiero di questo autore solamente in un certo senso “tradendolo”. Vale a dire “dimenticandolo” per poterne sfruttare al meglio l’insegnamento. Si può pertanto fare tesoro della celebre avvertenza proveniente dal filosofo Wittgenstein e utilizzare il pensiero di McLuhan come se fosse una specie di scala da gettare via dopo averla impiegata per arrampicarsi e aver avuto pertanto la possibilità di guardare più lontano proprio grazie ad essa. I diversi studiosi italiani che sono stati coinvolti all’interno del volume Dimenticare McLuhan (Alberto Abruzzese, Davide Borrelli, Peppino Ortoleva, Fulvio Carmagnola, Antonio Rafele, Maria Angela Polesana) hanno cercato proprio di portare avanti questo tipo di operazione.

Quali sfide pone al pensiero di McLuhan la comunicazione digitale?
Va considerato che la comunicazione digitale dell’epoca di McLuhan era la televisione con il tradizionale tubo catodico. Un tubo che trasmetteva un’immagine in bianco e nero e piuttosto grossolana. Eppure questo studioso è riuscito a interpretare la televisione come uno strumento di comunicazione particolarmente avanzato e ha saputo leggervi dei fenomeni che ritroviamo nei media odierni. In particolare, McLuhan pensava che lo spettatore televisivo dev’essere considerato come una sorta di schermo. Era convinto cioè che lo schermo televisivo proietti l’immagine direttamente sul corpo dello spettatore, il quale a sua volta la completa attraverso la sua capacità d’interpretazione. Per McLuhan dunque la televisione è in grado di ribaltare quel rapporto che il cinema aveva stabilito con lo spettatore, collocando quest’ultimo nel luogo di ripresa della cinepresa che ha registrato la scena. Con la conseguenza che la televisione, proprio per come funziona, spinge le persone a guardare direttamente dentro se stesse.

Quale futuro per il modello umanistico?
Diversi studiosi hanno accusato il pensiero di McLuhan di “determinismo tecnologico”, ma credo che non sia corretto interpretare le idee del mediologo canadese in questo modo. La visione di McLuhan, in realtà, era profondamente realistica e oggettiva. Questo autore attribuiva un ruolo centrale alla tecnologica, ma aveva ben chiaro che essa non è che una delle componenti della realtà in cui viviamo, all’interno della quale l’essere umano svolge un ruolo particolarmente importante. Credo pertanto che oggi sia possibile ripetere la stessa operazione che è stata effettuata da McLuhan, il quale era certamente molto colto e utilizzava gli strumenti del sapere umanistico per analizzare gli effetti sociali e culturali prodotti dal funzionamento delle tecnologie mediatiche.

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