
Eppure diverse evidenze scientifiche ormai ci confermano che la Musica può influire positivamente su molteplici altri domini con cui è in relazione: il movimento, l’ascolto, il linguaggio, l’attenzione, le competenze comunicative, le abilità sociali e diversi aspetti funzionali del vivere quotidiano. Le Neuroscienze, la Psicologia, la Pedagogia, la Didattica e la Musicologia confermano, giorno per giorno, ricerca dopo ricerca, quanto la persona che possiede competenze dal punto di vista musicale e che fa esperienze sonore di qualità può giovare di un guadagno all’interno dei domini della cognizione, della memoria, dell’attenzione, della comprensione delle emozioni, delle abilità sociali.
Questo testo vuole, attraverso il contributo di diversi autori, cogliere il fascino del fenomeno sonoro, accedendo a molteplici aree di competenza provenienti da esperienze di formazione e percorsi professionali differenti: lo scopo è provare a dare ordine all’inesauribile complessità del mondo sonoro perché, nella Scuola, sia possibile progettare percorsi musicali adeguati al contesto sociale e culturale di oggi. Un evento che può intercettare l’interesse di musicisti e non-musicisti, di esperti di didattica e di chi da poco tempo si è avvicinato alle dinamiche dell’insegnamento.
La Musica può dunque, nella Scuola, diventare un vero e proprio propulsore dello sviluppo efficace di abilità personali e sociali, creando contesti inclusivi e di accettazione delle diversità.
Quale valore assume la pratica musicale all’interno dei percorsi di sviluppo e in che modo è possibile progettare percorsi musicali adeguati al contesto sociale e culturale odierno?
La pratica musicale ha la possibilità di affrontare alcune sfide cruciali nel panorama della formazione degli studenti di tutte le età, la prima delle quali potrebbe essere il proprio posizionamento d’avanguardia, all’interno del corpus delle discipline scolastiche, come ambito di interazione forte tra attività analogiche e strumenti digitali.
Se il mondo digitale ci consegna materiale infinito sul quale poter mettere in gioco le abilità di ascolto, è bene ricordare che la pratica strumentale è, innanzitutto, analogica. Essa si configura come incontro fisico con uno strumento altro da sé (oppure come abilità di gestire la propria voce come strumento): le abilità percettive e di organizzazione motoria concorrono, nel tempo e nello spazio, alla gestione del rapporto tra corpo e strumento all’interno del contenitore dell’esecuzione musicale.
«Suonare» è un’attività che riguarda sia la «programmazione musicale» (come anche molti software oggi permettono di fare), ma anche la gestione del movimento hic et nunc, oltre che l’interpretazione dei feedback sonori per la modulazione del proprio comportamento esecutivo: queste molteplici caratteristiche della performance strumentale possono essere vissute e implementate attraverso un training analogico, che può incontrare contenuti e modalità digitali che mai lo potranno sostituire.
Lo strumento tecnologico può intervenire a supporto dell’attività nel momento in cui, ad esempio, si ha la possibilità di registrare la propria esecuzione per osservare criticamente, a posteriori, quali obiettivi di miglioramento perseguire. Le piattaforme digitali permettono altresì di costruire (con un’opportuna conoscenza delle leggi fondamentali che regolano l’organizzazione armonica di un pezzo) basi musicali a supporto delle proprie performance canore e strumentali: l’intervento della tecnologia, anche in questo caso, non sostituisce la centralità dell’azione analogica, ma la completa. È possibile, in riferimento percorsi didattici musicali, parlare di blended learning (apprendimento misto, oggi anche chiamato DDI – Didattica Digitale Integrata), ossia di quel paradigma didattico che vede la compresenza di diversi momenti operativi (analogici e digitali, in presenza e a distanza, nella classe e su piattaforme online) che contribuiscano, in maniera complementare, al raggiungimento di uno stesso obiettivo formativo: una prospettiva attuale, non ingenua, che apra le porte allo sviluppo tecnologico alla luce dell’eredità del passato.
Quali dinamiche attentive caratterizzano l’ascolto musicale?
L’ascolto musicale si caratterizza per un elevato impiego di dispositivi di registrazione ed elaborazione cerebrale che, nell’immediatezza della percezione uditiva, vengono messi in campo per la discriminazione dei suoni e l’interpretazione del messaggio musicale.
Queste abilità potenziate dal training musicale possono dare vantaggi anche in altri domini di funzionamento della mente. Sappiamo ormai quanto la memoria di lavoro (anche verbale) sia un dispositivo che trova vantaggio dalle competenze derivanti un percorso musicale attivo e continuativo. Il contesto operativo dell’ascolto musicale può rivelarsi molto utile, nei percorsi educativo-didattici, per andare a lavorare sul potenziamento di altre abilità attentive e mnemoniche anche non direttamente collegate al fenomeno sonoro.
Che rapporto esiste tra storia della musica e didattica della musica?
Il Novecento musicale è caratterizzato da una molteplicità di approcci estetici e di linguaggi che si pongono in netto contrasto con la tradizione tonale che aveva dato forma alla musica per oltre tre secoli e dato origine a un panorama ricco e multiforme. La storia della musica del Novecento è anche, per molti versi, la storia della pedagogia musicale.
La prospettiva storica, quindi, è essenziale non soltanto per fondare una didattica dell’ascolto che valorizzi il rapporto con il contesto culturale promuovendo una fruizione musicale critica e consapevole: anche la didattica del fare, che si traduce nella pratica esecutiva con voci, strumenti e oggetti sonori, è legata al concetto di storia in maniera imprescindibile, come cercherò ora di mettere in luce andando a rintracciare in maniera sistematica, seppure senza pretesa di esaustività, le principali relazioni tra storia della musica e storia della pedagogia musicale. Nel testo vengono fatti emergere i nessi tra storia, musica e pedagogia musicale attraverso l’approfondimento del lavoro di alcuni tra i più grandi autori che, nel ‘900, hanno proposto innovative metodologie didattiche per lo sviluppo delle abilità musicali, e non solo: Zoltán Kodály, Émile Jaques-Dalcroze, Carl Orff, Edgar Willems, Maurice Martenot, Laura Bassi e diversi altri.
Quale contributo offre la musica per lo sviluppo delle competenze comunicative?
La Musica è un linguaggio. Come ogni altro linguaggio ha una un proprio codice, una propria grammatica, una propria sintassi che, nella condivisione di significati con i diversi utilizzatori dello strumento comunicativo, permettono di esprimere messaggi.
Saper comunicare con consapevolezza musicale è un’abilità che permette di approfondire e rendere più solide competenze introspettive e relazionali: il linguaggio sonoro ha un’efficacia che va oltre la comprensione verbale ed è in grado esplicitarsi in maniera immediata e diretta, permettendo a chi lo possiede di accedere alla conoscenza di sé e alla comprensione dell’altro, creando relazioni empatiche e profonde con la Musica stessa e con l’umanità musicale intera.
Samuele Ferrarese (curatore) è docente a contratto di Didattica della Musica presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. È presidente della Fondazione Teatro Trivulzio di Melzo (MI), città nella quale dirige Bach Street School – Scuola di Musica. Per Mondadori Education cura i percorsi musicali inclusivi all’interno dei testi scolastici e progetta percorsi di alfabetizzazione emotiva per il consolidamento di competenze personali e relazionali.
Desiré Carioti ha condotto gli studi per il dottorato in Studi Umanistici presso l’Università degli studi di Urbino. Dopo essersi laureata all’università degli Studi di Pavia con una tesi sull’insegnamento musicale e lo sviluppo emotivo in età prescolare. Attualmente si occupa di studiare i deficit non verbali associati alla Dislessia Evolutiva e, in particolare, la relazione tra abilità ritmico-uditive, consapevolezza fonologica, linguaggio e lettura in bambini bilingue e monolingue con disturbi dell’apprendimento.
Antonella Coppi, musicista e ricercatrice presso la Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano, è referente nazionale del Coordinamento dei Cori e delle Orchestre Universitarie Italiane. È curatore di volumi dedicati alla pedagogia della musica per importanti case editrici italiane, tra cui Community Music. Nuovi orientamenti pedagogici, Milano: Franco Angeli (2017).
Luisa Curinga, flautista e musicologa, è Dottore di ricerca in Storia, Scienze e Tecniche della Musica (Università di Roma Tor Vergata). Ha al suo attivo numerose pubblicazioni in Italia e all’estero. È titolare della cattedra di flauto presso il Conservatorio di Fermo. Dal 2010 è inoltre docente a contratto di Educazione Musicale presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo dell’Università di Macerata.
Roberto Iovino, laureato in matematica e diplomato in Musica Corale e Direzione di Coro, ha insegnato storia della musica al Conservatorio «N. Paganini» di Genova, istituto del quale è stato anche direttore fino alla sua collocazione in pensione (2018). Insegna «Educazione musicale» presso il Disfor dell’Università di Genova. Autore di molte pubblicazioni, collabora con «La Repubblica» e con l’Ansa.
Mariantonietta Lamanna è psicologa, musicologa, docente di Pedagogia Musicale per la Didattica della Musica presso il Conservatorio «Piccinni» di Bari, docente contrattista per l’Educazione Musicale nel Corso di Scienze della Formazione Primaria Quinquennale dell’Università «Aldo Moro» di Bari.
Nicole Olivieri ha conseguito con il massimo dei voti e la lode il diploma di secondo livello in flauto presso il Conservatorio Paganini di Genova e il diploma di secondo livello in didattica della musica al Conservatorio Vivaldi di Alessandria. È insegnante di ruolo presso una SMIM. Collabora, in veste di cultrice della materia e coadiutrice didattica, con il corso di Educazione musicale presso il Disfor dell’Università di Genova. Ha al suo attivo varie pubblicazioni.
Caterina Picasso, nata a Genova, si diploma in pianoforte sotto la guida del M°Lanfranchi al Conservatorio «N. Paganini» della sua città. Lavora come pianista-direttore musicale e incide musiche di scena per diversi Teatri Nazionali tra cui quelli di Genova e Firenze e per la compagnia Lavia. È docente di Esecuzione e Interpretazione – Pianoforte presso il Liceo Musicale Statale «S. Pertini» di Genova. È dottore in Matematica.