
In che modo la digital fabrication influisce sul design?
La digital fabbrication oggi è utilizzata o per integrare processi e sistemi industriali avanzati oppure in una logica di processo completo dal progetto alla produzione al prodotto, nelle strategie maker o di autoproduzione. In entrambi i casi si tratta di un impiego limitato e parziale a fronte di prospettive radicalmente nuove che si possono aprire al sistema complessivo di progetto-produzioine-distribuzione-comunicazione-consumo. Basta pensare alle opportunità della idea di fabbrica diffusa e infinita, a chilometro zero, resa possibile dal progetto producibile on demand e just in time appoggiandosi ai sistemi locali di fab lab e lean production operanti in rete, potenzialmente in tutto il mondo, superando questioni di logistica, gestione organizzativa e di processo.
Viviamo nell’epoca del design diffuso: qual è e quale potrà essere la funzione del design nella nostra società?
Sicuramente le nuove tecnologie progettuali, produttive e comunicativo-distributive stanno aprendo la strada a possibilità di diffusione delle pratiche progettuali, che va detto rimangono perlopiù in un dimensione di Do It Yourself in sostanza amatoriale e hobbistica, in una equivoca coincidenza fra disponibilità di strumenti e competenze progettuali. Questo vuol dire che invece sono sempre necessari designer esperti forniti di formazione e strumenti metodologico e culturali disciplinari per fare “buon design”, in grado di intervenire proficuamente e positivamente nella società e rispetto alle persone. C’è moltissimo ancora da progettare bene e, nelle nuove condizioni complessive, di nuovo.
La questione non è tanto diversa se pensassimo di poterci rivolgere a un conoscitore, un amatore delle cose di medicina nella necessità di un’operazione al cuore; cerchiamo naturalmente invece un chirurgo. Quando facciamo o scegliamo design, siamo disposti a farlo e rischiare con dilettanti?
Nel Suo testo, Lei utilizza l’acronimo SLOC per descrivere il panorama entro cui opera il design contemporaneo: a cosa si riferisce?
Small, local, open e connected sono gli elementi che configurano un nuovo paradigma determinato da inedite condizioni, con cui confrontarsi anche per progettare prodotti, sistemi e servizi al servizio delle esigenze reali delle persone, non solo delle logiche di un capitalismo finanziario globale generatore di crisi e conflittualità permanente. Una possibilità che consente di ripensare davvero il destino (in parte purtroppo già perduto) della manifattura italiana, storicamente segnata da capitale territoriale, sociale e cultura del fare e progettare.
Think local e act global, invertendo i termini di uno slogan diffuso, può essere una strada praticabile.
In cosa si distingue il Made in Italy contemporaneo?
Permangono alcune qualità storiche – imprenditoria, cultura del progetto, sistema complessivo e articolato dei settori del design o moda; e ancora flessibilità e variazione produttiva – ma è evidente l’urgenza di un rinnovamento anagrafico e socio-culturale, di imprese, designer e la filiera allargata degli operatori e professionisti, ricollocando al centro ciò che sappiamo fare meglio: ricerca, innovazione e design, muovendo dalle condizioni e presupposti locali per operare in una dimensione globale.