
di Ilaria Bultrighini
Carabba
Il volume costituisce uno studio analitico di una serie di demi costieri dell’Attica, ossia le unità politico-territoriali che appartengono alla Paralia e sono connesse all’opera di riorganizzazione dello stato ateniese attuata da Clistene nel 508/7 a.C.: «la storia degli studi sull’Attica è sempre stata caratterizzata da un marcato “atenocentrismo”, o più precisamente da un “asty-centrismo”. Per tale motivo, per la chora ateniese si dispone per lo più di informazioni e dati non coerentemente organizzati, e di un numero estremamente limitato di studi monografici riservati a singoli demi: studi quasi sempre dedicati alle entità di maggior peso e dimensioni, come Sounion, Acharnai, Marathon, Rhamnous ed Eleusis.
È tuttavia necessario tenere presente che «tanto i demi rurali – intendendo con ciò la totalità delle comunità demiche collocate all’esterno del centro urbano di Atene e situate quindi sia nell’entroterra che lungo la costa – quanto la città stessa costituivano parte integrante del medesimo stato, la polis ateniese, la quale includeva l’asty, il centro cittadino, e la chora, la campagna o area rurale. Parallelamente al governo centrale di Atene, ogni demo sceglieva una serie di funzionari, diretti da un demarco, per amministrare in maniera autonoma i propri affari religiosi e secolari in conformità alle risoluzioni approvate da un’assemblea di tutti i demoti; gestiva proprietà di cui era titolare; imponeva tasse e ammende, disponendo dunque di entrate regolari e straordinarie che investiva nelle spese pubbliche; organizzava culti e feste locali. […] Diviene quindi chiara l’importanza e il significato di uno studio volto a delineare il più accuratamente possibile la storia e la vita sociale, religiosa, amministrativa che caratterizzarono le comunità non urbane dello stato ateniese».
Come è noto, con il sistema clistenico si ebbe una suddivisione della popolazione ateniese su base amministrativo-territoriale in dieci phylai, ciascuna delle quali era composta da tre trittie, ossia insiemi di demi appartenenti alle tre aree principali: la città, la costa e l’entroterra. Va comunque osservato che a questa tripartizione ufficiale non corrispondeva in realtà una rigorosa distribuzione delle comunità demiche sul territorio, per cui i demi della costa, della città e dell’area interna non erano disposti sempre e in maniera sistematica, rispettivamente, lungo la zona litoranea, entro le mura urbane e nella chora interna. E così, ad esempio, alcuni demi costieri si trovavano ad una certa distanza dal litorale, mentre vari demi urbani ed interni si situavano in prossimità della costa, e non tutti i demi cittadini erano ubicati nell’asty o nelle sue immediate vicinanze.
Per ciò che concerne il numero dei demi, gli studi moderni, basati sull’indagine della documentazione letteraria ed epigrafica, sembrano condurre ad una cifra di centotrentanove demi per il periodo delle dieci phylai originarie – Erechteis, Aigeis, Pandionis, Leontis, Akamantis, Oineis, Kekropis, Hippothontis, Aiantis, Antiochis -, cui si aggiunsero successivamente tre demi: Berenikidai, con la creazione della nuova tribù Ptolemais nel 224/3 a.C., Apollonieis, nato insieme alla phyle Attalis nel 201/0 a.C., ed Antinoeis, creato in concomitanza con la phyle istituita in età imperiale, la Hadrianis. L’incertezza sul numero dei demi clistenici che caratterizza le fonti antiche deriva dall’effettiva assenza di rilevanza della cifra stessa. E ciò si deve al fatto che «i demi rappresentavano la base naturale, seppure di minor rilevanza, del sistema clistenico. Le trittie e le tribù, invece, costituivano i caratteri artificiali, ma di maggior peso dell’organizzazione, ed il loro numero era evidentemente essenziale».
«Come è precisato nell’Athenaion Politeia (XLII 1, cfr. XXI 4), infatti, i figli dei demotai, una volta raggiunta l’età di diciotto anni, divenivano membri effettivi del demo cui erano iscritti i padri tramite l’inserimento del loro nome nell’elenco ufficiale dei demoti; tale appartenenza era indicata apponendo accanto al proprio nome, in aggiunta al patronimico, il demotikon, ossia la designazione dell’affiliazione al demo. La presenza del proprio nome nel registro ufficiale del demo ed il possesso di un demotico costituivano nel contempo la prova dello status di cittadino ateniese, il quale, indipendentemente dal suo domicilio, era dunque provvisto di un solo ed unico demotico, trasmessogli per via paterna. Oltre a ricoprire un ruolo fondamentale nella questione della cittadinanza, i demi fornivano i rappresentanti per la partecipazione al consiglio dei Cinquecento […]. Come informa ancora l’Athenaion Politeia (XLIII 2), il nuovo consiglio popolare era composto da cinquanta membri per ciascuna delle dieci tribù, i quali venivano selezionati tramite sorteggio; in tale contesto, ogni demo era tenuto a contribuire procurando la propria quota buleutica all’incirca proporzionale alla popolazione del demo stesso, che rimase a lungo pressoché fissa.»
Lo studio si concentra principalmente sulle testimonianze epigrafiche «per tentare una ricostruzione quanto più accurata e completa della vita sociale, politica e religiosa che caratterizzò le comunità non urbane dello stato ateniese.» I demi trattati sono Anagyrous, Anaphlystos, Lamptrai Superiore e Lamptrai Inferiore, Phrearrhioi, Myrrhinous e Prasiai.
La trattazione dei singoli demi è seguita da un’appendice dedicata alle Dionisie Rurali. Sebbene l’evento principale di tali festività fosse la πομπή – «una processione volta a stimolare simbolicamente la fertilità della terra nel critico momento invernale e culminante in un sacrificio -, l’elemento che appare più caratterizzante e per il quale si dispone di una notevole mole di attestazioni sia letterarie che epigrafiche ed archeologiche è senza alcun dubbio la messa in scena di spettacoli teatrali. Non vi è chiarezza sul momento in cui le rappresentazioni drammatiche furono introdotte nelle festività; tuttavia, è certo che la gran parte della documentazione ad esse relativa si riferisce al IV secolo a.C., il periodo di massima attività e splendore del teatro ateniese. In tale contesto, le fonti epigrafiche svolgono un ruolo di primo piano. Nella maggior parte dei casi, esse riguardano i coreghi, i liturgisti preposti al finanziamento necessario per la messa in scena degli spettacoli; costoro, infatti, qualora risultassero vincitori nelle competizioni drammatiche svolte nel contesto delle Dionisie Rurali, erano soliti celebrare il proprio successo innalzando dediche votive. Numerosi sono inoltre i decreti emanati dai demi in onore di tali coreghi vittoriosi. […]
Lo studio delle dediche coregiche provenienti da diversi demi rurali ha posto in evidenza alcune sostanziali diversità presentate dagli esempi demici in comparazione con le corrispondenti iscrizioni dedicatorie cittadine […]. Tali peculiarità sembrano potersi associare da un lato alla probabile maggiore persistenza di modelli e consuetudini più antiche in ambiente rurale rispetto all’ambito urbano; e dall’altro, all’aspetto dell’indipendenza che pare caratterizzare l’allestimento e la conduzione delle manifestazioni locali in onore di Dioniso, a sua volta certamente connesso al forte legame che il dramma, e in particolare il genere tragico, detengono con l’ambiente rurale, ove si individuano tradizionalmente le origini della commedia e della tragedia.»