
Parallelamente al suo operato in tipografia, Zeno trascrisse manoscritti su commissione al servizio di alcuni personaggi di statura europea attivi a Venezia, come Guillaume Pellicier, ambasciatore francese di re Francesco I; Richard Croke, legato inglese di re Enrico VIII e, forse, Diego Hurtado de Mendoza, bibliofilo e ambasciatore di re Carlo V. Zeno non lavorava da solo ma al fianco di altri famosi scribi dell’epoca, con i quali si spartiva il lavoro di allestimento dei codici, la trascrizione dei testi e l’esecuzione dell’ornamentazione. Sempre su commissione, Zeno ha viaggiato molto alla ricerca di esemplari manoscritti greci che fossero antichi e autorevoli, soprattutto nei territori di Corfù, Zante e nelle aree limitrofe.
Non mancano anche codici vergati da Zeno a fini tipografici: la bottega, infatti, aveva bisogno di un esemplare manoscritto dell’opera da mandare alle stampe, che conservasse un testo corretto e filologicamente affidabile, sul quale lavorare e segnare le indicazioni tipografiche che sarebbero state impiegate durante l’impaginazione del libro stampato (numerazione delle carte, indicazione del numero dei fascicoli, cambi-pagina, inserimento di eventuali illustrazioni…).
Zeno sottoponeva le opere da licenziare a un attento lavoro di correzione e revisione; la posizione non trascurabile ricoperta dallo zantiota e la sua forza decisionale nei processi di bottega trovano conferma in un episodio particolarmente significativo riguardante i primi anni della sua attività con i fratelli Nicolini, vale a dire il processo intentato contro la tipografia da parte dell’Inquisizione Patriarcale di Venezia nel 1527-1528. L’edizione sottoposta a revisione fu quella dell’Horologion stampata il 13 agosto 1524, “incriminata” a causa di tre brevi componimenti in versi che Zeno aveva aggiunto per difendere la processione unica dello Spirito Santo dal Padre contrastata dalla Chiesa cattolica, la quale, come è noto, con l’inserimento del controverso filioque nel Credo Niceno aveva teorizzato la duplice processione dal Padre e dal Figlio. Alcuni membri della tipografia furono processati e in questa controversia vennero coinvolti personalità eccellenti come il patriarca di Venezia Girolamo Querini e Padre Ignazio nel ruolo dell’accusa e, dall’altra, il Pontefice Clemente VII e il legato pontificio Gian Pietro Carafa a tentare di ricomporre la questione. Questo processo si spiega bene alla luce del panorama socio-culturale della Venezia degli anni ’20 del secolo, quando la comunità greca della città attraversava un periodo di forte difficoltà soprattutto nei suoi rapporti con i Latini. In questo contesto Demetrio Zeno, sostenitore dell’ortodossia e «personaggio intraprendente, oltre che consapevole e colto» (come lo definisce Caterina Carpinato), volle condannare espressamente la posizione romana del Filioque, in quanto eretica secondo la sua prospettiva di greco ortodosso.
Fu forse per allontanarsi da questo ambiente che nel 1529 Stefano Nicolini, due suoi fratelli e Zeno accettarono di iniziare una nuova esperienza editoriale-tipografica presso la neonata stamperia veronese del vescovo Gian Matteo Giberti, personaggio che mirava a un rinnovamento morale del mondo cattolico in quella movimentata Italia pretridentina. A Verona stettero fino al 1532 e diedero alle stampe opere patristiche in lingua greca, per rispondere a specifiche esigenze culturali e dottrinali, orientate a fornire a sacerdoti e fedeli i fondamenti della fede cristiana.
Per concludere questa breve panoramica sulle vicende biografiche di Zeno, desidero ricordare che il nostro era un uomo del Rinascimento, che per le sue battaglie culturali e religiose ricorreva al libro a stampa e manoscritto e ne sfruttava le potenzialità, fortemente consapevole e immerso nel nuovo mondo che andava stagliandosi in Europa.
In quale ambiente culturale svolse Zeno i mestieri di consulente e di copista?
Zeno lavorò per la maggior parte della sua vita nella Venezia “internazionale” del primo Cinquecento, multietnica e multiculturale, con una breve parentesi a Verona presso la stamperia del vescovo Giberti, come accennato in precedenza. Gli anni ’20 e ’30 del secolo erano agitati dalle questioni religiose che provenivano d’Oltralpe, con la contrapposizione tra erasmiani e luterani, o che sorgevano in territorio italico, con la contesa mai sopita tra Latini e Greci, Chiesa Romana e Chiesa Ortodossa. Il personaggio di Zeno si staglia con un ruolo netto e deciso all’interno di questo panorama, cercando di sfruttare le potenzialità della polemica antiluterana per valorizzare la teologia della Chiesa greca: il suo strumento fu sempre la parola scritta, affidata alla stampa.
Eppure, la Venezia in cui si muoveva Zeno era anche una città plurilingue, dove lui, insieme agli altri intellettuali del suo giro di contatti, svolgeva una importantissima funzione culturale di diffusione della classicità greca e rivestiva un ruolo di mediatore tra il passato e il presente, l’antico e il moderno. Questo spiega il coinvolgimento di Zeno nella ben nota questione della lingua (probabilmente ebbe diretti contatti con Pietro Bembo) che teneva banco in ogni salotto di Venezia: il latino era la lingua della Chiesa di Roma, del potere e della cultura, ma le lingue volgari, tra cui quella greca, andavano imponendosi con sempre maggior prestigio e autonomia anche nella produzione letteraria e, più in generale, culturale. Alla luce di questo nuovo contesto, le scelte editoriali di Zeno e la decisione della tipografia Nicolini di dare alle stampe anche opere in greco volgare riflette perfettamente questo rinato interesse nei confronti del greco classico e del greco volgare con le sue infinite potenzialità da sfruttare.
Quali erano le dinamiche di allestimento dei codici e le tecniche di lavoro dello zantiota?
Ad oggi sono noti ventitré codici attribuibili alla mano di Zeno, di cui tre vergati per essere “modelli di stampa”, quindi allestiti per esigenze tipografiche, e venti eseguiti su committenza.
In entrambi i casi, il copista doveva innanzitutto reperire il testo da trascrivere in una redazione affidabile e filologicamente corretta, fase molto delicata per la constitutio textus. In secondo luogo, veniva reperito il materiale di scrittura, come i fascicoli di carta e l’inchiostro, e si procedeva all’organizzazione dello spazio scrittorio a seconda della tipologia del testo da scrivere, dell’eventuale presenza di commentari da arrangiare negli spazi bianchi marginali, dell’ornamentazione…
Da un lato, nel caso di Zeno, i codici esemplati a fini tipografici hanno caratteristiche materiali più sobrie, carta di qualità modesta, una scrittura lievemente più corsiva, e una decorazione semplice. Inoltre, questi specifici manoscritti conservano negli spazi marginali la segnaletica relativa alle informazioni tipografiche per l’arrangiamento finale del testo a stampa, nonché fitte correzioni al testo interlineari e marginali, integrazioni, lezioni varianti e interventi sulla struttura e sull’organizzazione del testo.
D’altro lato, i manoscritti realizzati su committenza sono tendenzialmente più ricercati, con ampi margini bianchi, una scrittura posata e una ornamentazione più elaborata. Talvolta, essi sono il risultato della collaborazione di più copisti, che hanno lavorato insieme nella realizzazione dell’esemplare, ciascuno occupandosi di una parte determinata e prestabilita del testo commissionato (o dei testi), sotto la guida di un coordinatore, che solitamente era colui che si occupava anche dell’ornamentazione.
I manoscritti richiesti da un committente recano spesso tracce del loro primo possessore, come una nota di possesso, un ex-libris o una segnatura di collocazione all’interno della sua biblioteca privata. Questo ci permette di comprenderne meglio le dinamiche di committenza di un manoscritto, il contesto specifico nel quale è stato richiesto e la sua storia.
In che modo lo studio della produzione dell’intellettuale zantiota consente di far luce sulla storia della letteratura in greco volgare e sulla storia culturale e sociale di Venezia?
La bibliografia è ormai unanime nel riconoscere a Demetrio un ruolo imprescindibile nel panorama della letteratura in greco volgare delle origini e nella produzione liturgica veneziana del primo Cinquecento. I greci coetanei di Zeno, appartenenti alla generazione nata mezzo secolo dopo la caduta di Bisanzio nel 1453, erano complessivamente inseriti nel panorama culturale veneziano e italico, in quanto integrati per lingua, cultura e, talvolta, credo religioso. Come detto poco fa, Zeno e gli intellettuali dei circoli culturali che frequentava hanno svolto un ruolo fondamentale nella mediazione fra passato e presente anche dal punto di vista linguistico, comportandosi da trait d’union fra la lingua degli antichi e le lingue volgari che correvano sulle bocche dei loro contemporanei. Zeno, con il suo lavoro editoriale e letterario presso la tipografia dei Nicolini da Sabbio, stampando libri per lettori di lingua greca, ha contribuito a compiere quella svolta culturale (resa possibile anche dalla sensibilità dei contemporanei nei confronti della questione della lingua) che ha permesso alla lingua volgare greca di assurgere a lingua letteraria e di acquisire una piena autonomia espressiva.
Elisa Bianchi si è laureata in Filologia, Letterature e Civiltà del Mondo Antico presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e ha conseguito il dottorato di ricerca in Paleografia Greca presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza. Ha collaborato a numerosi progetti di catalogazione di manoscritti greci e latini conservati in Italia, e attualmente è docente a contratto dell’insegnamento Catalogazione del Libro Manoscritto presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Campus di Ravenna. I suoi interessi di ricerca vertono principalmente sulle scritture librarie della prima età Paleologa e sulla produzione manoscritta veneziana e bolognese del Cinquecento.