“Declinazioni di patrimonio culturale” a cura di Maurizio Malo e Francesco Morandi

Prof. Maurizio Malo, Lei ha curato, insieme al Prof. Francesco Morandi, l’edizione del libro Declinazioni di patrimonio culturale pubblicato dal Mulino: che relazione esiste tra patrimonio culturale e identità?
Declinazioni di patrimonio culturale, Maurizio Malo, Francesco MorandiLa relazione tra patrimonio culturale e identità può essere notevole e fruttuosa (non un pericolo ma fonte di saggezza sociale) se il sistema di vita non è omologante secondo piatti canoni di un sistema di sviluppo “insostenibile”, tutto orientato ad una dimensione globale omologante e sbrigativa. Dipende dalla politica il grado di coscienza della propria cultura, delle proprie tradizioni, della propria storia: un governo del territorio equilibrato; una adeguata dose di insegnamento di materie come la storia, la letteratura, la storia dell’arte; la rivalutazione del movimento lento (verso “mete vicine”) ed altro ancora, sono azioni benefiche per la comunità e per la valorizzazione dei luoghi.

La relazione tra patrimonio culturale e identità va quindi intesa come senso di coscienza, di rispetto, di arricchimento spirituale, di positivo stupore verso la varietà delle manifestazioni di civiltà, in particolare in riferimento al territorio italiano per il quale assai meno che altrove si può parlare di un’unica o prevalente identità e si deve piuttosto parlare di una identità nazionale che si compone di molteplici, tutte suggestive, magnifiche identità locali.

In che modo la valorizzazione del patrimonio culturale può rappresentare un volano per lo sviluppo di istituzioni, comunità, dell’istruzione scolastica e del turismo?
La tutela che comprende la valorizzazione del patrimonio culturale dovrebbe stare a cuore alle istituzioni in modo assolutamente prioritario, come richiede la Costituzione italiana, in modo tale da essere efficacemente inserita nei programmi di istruzione scolastica di qualsiasi ordine e grado; così da sensibilizzare ogni comunità locale; così da sensibilizzare ed educare le “comitive” di turisti.

Come “volano”, il patrimonio culturale (la sua tutela e valorizzazione) va inteso come stimolo per una vita migliore, più autenticamente appagante, sia per chi vive abitualmente il territorio, sia per chi lo visita occasionalmente. Sta alla politica (come già accennato), sta alle istituzioni politiche, di ogni livello (statale, regionale, locale e pure internazionale) collocare il valore del patrimonio culturale al primo posto del programma di governo ed agire poi coerentemente con quel programma. In svariati casi, si osserva purtroppo che non è così: si continuano a riscontrare numerosi “tradimenti” del patrimonio culturale compiuti dalle istituzioni.

Come può una maggiore consapevolezza del valore dei beni culturali e ambientali tradursi in decisioni politiche e amministrative?
La consapevolezza del valore dei beni culturali e ambientali non manca ed anzi è forte, autentica, in una parte dei cittadini. Ma questi cittadini difficilmente riescono ad approdare agli organi di decisione politica e tanto più difficilmente riescono ad essere maggioranza di governo nelle istituzioni politiche.

Non è tanto questione di una loro scarsa capacità (si potrebbe supporre) di essere persuasivi durante la campagna elettorale tale da condurli ad un risultato elettorale insufficiente (che li lascia fuori dall’organo di rappresentanza politica), quanto invece è questione di disciplina del sistema elettorale e quindi di formazione delle liste elettorali che sono composte (e imposte da ristretti gruppi di partito) da candidati perlopiù pronti al “compromesso” tra interesse alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e interessi antagonisti o in latente conflitto con tale interesse, ancorché esso sia assolutamente prioritario, secondo la “legalità costituzionale”.

Si avverte quindi il bisogno di una profonda (e difficile, d’accordo) riforma della disciplina elettorale volta a consentire ai cittadini autenticamente sensibili al valore del patrimonio culturale di partecipare credibilmente alle elezioni per la formazione degli organi di decisione politico-amministrativa. In mancanza di una tale riforma, il rischio che si protragga ancora, e per lungo tempo, la prassi di decisioni politiche e amministrative ambigue e a volte anche assai discutibili in relazione al prioritario valore, è rischio assai concreto.

Quali orientamenti interpretativi ha assunto la Corte costituzionale in materia di tutela del patrimonio culturale?
A questa domanda si può rispondere riproducendo un brano del libro:

«Non possono essere mai disattesi i principi che funzionano da necessaria bussola nell’assumere le decisioni normative e amministrative, e questi sono innanzi tutto principi costituzionali. A questo proposito valgano simbolicamente tre citazioni:

  1. «la primarietà del valore estetico-culturale impedisce di subordinare tale valore a qualsiasi altro, ivi compresi quelli economici, nelle valutazioni concernenti i reciproci rapporti». Riscontriamo quindi il primato del valore estetico-culturale sui valori economici.
  2. «l’art. 9 della Costituzione impegna le istituzioni pubbliche ad assicurare la tutela del patrimonio culturale nazionale e dell’ambiente, ad assecondare la formazione culturale dei cittadini e ad arricchire quella esistente, a realizzare il progresso spirituale e ad acuire la sensibilità dei cittadini come persone». Pertanto le istituzioni pubbliche non possono arretrare dal loro ruolo volto ad assicurare i diritti sociali tra cui il diritto alla fruizione dei beni culturali e ambientali.
  3. «emerge in modo evidente l’interesse primario, sia della comunità nazionale, sia di quella regionale, a che le campagne, come parte del paesaggio da tutelare in base all’articolo 9 della Costituzione, non diventino luoghi di edificazioni massicce, che facciano ad esse perdere la loro intrinseca natura, per trasformarle in parchi turistici, nei quali l’attività agricola non sarebbe più reale e operante, ma solo fittizia e subalterna ad attività alberghiere»; «ciò determinerebbe l’alterazione del paesaggio, che deve essere invece tutelato e mantenuto, pur nella cura e nel rinnovamento delle strutture esistenti, nella sua essenziale natura agreste». Il profilo agreste del territorio corrisponde a un interesse costituzionale più forte rispetto all’interesse imprenditoriale turistico. Il turismo, che è il fenomeno sociale maggiormente legato al patrimonio culturale, non è più soltanto una “delizia” (o esclusivamente una risorsa), come in un passato ormai remoto dell’Italia della CIT e dei Jolly Hotels; esso è anche un problema per i beni culturali e ambientali, o addirittura una “croce” (a sentire per esempio molti abitanti del centro storico veneziano). È quindi il fenomeno turistico a dover essere conformato alle prioritarie esigenze di tutela del paesaggio.

Ebbene, queste tre citazioni, come varie altre dello stesso tono che si potrebbero aggiungere, non fanno parte in ipotesi di programmi politici, o di interventi polemici. Queste sono citazioni di parti di sentenze della Corte costituzionale italiana (sentt. n. 151 del 1986, n. 388 del 1992, n. 96 del 2012) che danno spessore alle disposizioni della Costituzione, e che ci consentono di comprendere il posizionamento del patrimonio culturale quale valore costituzionale supremo, la cui tutela (che contiene anche la valorizzazione) non può in ipotesi essere subordinata a vantaggio di valori che nelle concrete fattispecie assumono una carica antagonista. Questo valore costituzionale diventa quindi fondamentale criterio di valutazione per assumere decisioni pubbliche che riguardano il patrimonio culturale. Si avverta: non è parte di un indirizzo politico; è bensì criterio giuridico-costituzionale che indirizza e vincola (dovrebbe vincolare) ogni decisione politica».

Purtroppo, la prassi resta pericolosamente lontana dal naturale approdo segnato dalla Corte costituzionale.

Maurizio Malo è professore di Diritto pubblico e di Diritto dell’ambiente nell’Università di Padova

Francesco Morandi è professore di Diritto della navigazione e dei trasporti e di Diritto del turismo nell’Università di Sassari. Dirige la «Rivista italiana di diritto del turismo» ed è Presidente della Società italiana di Diritto del turismo

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