
Il Suo libro si apre con la storia di Camille Claudel, compagna dello scultore francese Auguste Rodin: perché questa scelta?
La storia di Camille Claudel è una delle più tristi. Rodin l’ha trattata male, l’ha tradita, l’ha abbandonata. Lei ha vissuto decenni in manicomio pur essendo sana di mente. Bravissima scultrice anche lei, le sue opere sono state scoperte solo tardi. Le sue ceneri in una fossa comune, mentre a Parigi dedicato a Rodin c’è un meraviglioso museo.
Semi sconosciuta è la storia di Mileva Maric, compagna di Albert Einstein, che sacrificò le sue ambizioni scientifiche per appoggiare quelle del padre della relatività.
Mileva era un genio. Un fisico e un matematico di eccezionale valore che rinuncia alla sua carriera per amore di Einstein. È lei ad aiutarlo, a correggere i suoi lavori a dargli suggerimenti di come migliorarli. Lui stesso afferma: tutto quello che sono lo devo a Mileva. Ma poi la tradisce, e per non divorziare le chiede di accettare delle imposizioni assurde. Un esempio? Non ti aspetterai alcuna intimità da me, e non mi rimprovererai in alcun modo per questa mancanza; smetterai di parlare, se io ne farò richiesta; lascerai immediatamente la mia stanza da letto o il mio studio, senza protestare, quando io ne farò richiesta… Lei non accetta e lui la lascia. Mileva morirà povera, malata, sola.
Poche donne riescono ad affermarsi e uscire dall’ombra dei grandi uomini cui si accompagnano.
Lo sbaglio che hanno fatto queste donne, a mio parere, è stato quello di sopportare le angherie, i soprusi, i tradimenti per amore e di rinunciare alle loro ambizioni per uomini che pur, dicendo di amarle, le trattavano male. Oggi i grandi geni non ci sono più ma ci sono ancora donne che, innamorate, rinunciano alla loro dignità e a sviluppare le loro capacità e il loro talento.
Tra le storie da Lei raccontate, quali l’hanno colpita di più e perché?
Per esempio Jeanne Hébuterne, la moglie di Modigliani. Anche lei pittrice, giovanissima, sopporta i tradimenti, vive con lui in estrema povertà con una bambina e infine, quando lui muore, si getta dalla finestra incinta di nove mesi. O Gerda Taro. Eccezionale fotografa che insieme al compagno anche lui fotografo crea un personaggio inventato: Robert Capa, un fantomatico fotografo americano arrivato a Parigi per lavorare in Europa. Oggi tutti conoscono Robert Capa come l’autore di reportage eccezionali dalla guerra civile spagnola, dove lei muore giovanissima, e pochi sanno che le fotografie erano di una coppia e non di un uomo solo.
A quali donne, di quelle da Lei raccontate, ritiene vada invece interamente ascritto il merito della grandezza dell’uomo che accompagnavano?
Probabilmente a Elena Diakonova, chiamata Gala, la donna che lascia marito, amanti e una vita brillante a Parigi per un pittore quasi sconosciuto che lei aiuta ad emergere: Salvador Dalì. Il loro è un grande amore. Dalì sarà sempre fedele a Gala e quando lei morirà lui smetterà di parlare, di mangiare, arrivando così alla fine. Ma anche Natacha Rambova, la moglie di Rodolfo Valentino. È lei che prende in mano la carriera del marito e lo porta al successo. Salvo poi lasciarlo quando secondo lui è diventata troppo invadente.