“Dante, l’italiano” a cura di Giovanna Frosini e Giuseppe Polimeni

Giovanna Frosini e Giuseppe Polimeni, avete curato l’edizione del libro Dante, l’italiano, pubblicato dall’Accademia della Crusca e da goWare, che si propone di delineare un profilo articolato del Sommo Poeta, al di là delle fissità e degli stereotipi: nel settecentenario della sua morte, quale presenza mantiene, nella cultura contemporanea, il «padre della lingua italiana»?
Dante, l’italiano, Giovanna Frosini, Giuseppe PolimeniCome ha dimostrato l’anno che sta per chiudersi, la presenza di Dante nella cultura contemporanea è centrale: la pandemia non ha impedito che il centenario dantesco fosse celebrato su più fronti, non solo sul versante della cultura accademica e della ricerca, ma anche a livello di circolazione più ampia, e popolare, se è permesso un aggettivo oggi troppo facilmente etichettato e messo da parte. Di Dante si è parlato; su Dante e sulla Commedia si discute fittamente, simbolo di italianità, ma anche, e forse più, modello di un interrogarsi e di un interrogarci sulla vita, sulla morale e certo sulla politica.

Possiamo dire che la figura del poeta e la sua opera hanno attraversato indenni, e forse uscendone più forti, questo anno celebrativo, offrendosi a letture, interpretazioni critiche (qualche volta estreme), adattamenti, volgarizzamenti. Insomma Dante non ha smesso di essere Dante, ben presente nella struttura della nostra identità nazionale, capace di parlare, di dimostrarsi vitale, a distanza di secoli, e anche “da remoto”.

C’è di base un aspetto fondante: Dante è la lingua italiana; potremmo forse anche levare la parola “padre” (certo appropriata) e vedere nel poeta colui che ha pensato la lingua del come lingua di una nazione, entro i confini delle terre che il suo esilio ha toccato, e l’ha fatta essere una lingua per il pensiero, per la scienza, per la cultura.

Come si è sviluppato il culto di Dante dal Cinquecento al Novecento?
Si potrebbe forse parlare di un culto non sistematico, con picchi di interesse che in certe epoche hanno portato alla conoscenza e allo studio del poeta, seguiti da momenti in cui la presenza di Dante diviene carsica, la lettura confinata alle pagine di pochi, grammatici e cultori. Possiamo però dire che la voce di Dante non scompare mai dalla cultura italiana, in molti casi si camuffa, prende forme di minor impatto, ma continua a farsi sentire e a manifestarsi in espressioni che non sono sfuggite all’orecchio attento degli studiosi.

Ci sono momenti in cui la presenza di Dante non è però soltanto fatto culturale complessivo, ma diviene elemento costitutivo del pensiero di un’epoca, al punto da influenzare scelte politiche, sociali. Uno di questi momenti è certo il Risorgimento: in questo passaggio critico della nostra identità culturale la figura di Dante polarizza l’idea di nazione, che ha come base l’idea di lingua, la lingua del appunto, quel vulgare latium che è dietro e dentro la storia di tutti i volgari, di tutti i dialetti, e quindi le culture della penisola.

Quali tappe hanno segnato la storia dell’illustrazione di Dante?
Illustrare Dante è stato, nel tempo, dialogare con lui, tentando di rappresentare per immagine l’indicibile che lui ha messo sulla carta e ha narrato. L’impresa degli illustratori è stata di non poco conto, anche tenendo conto che i versi di Dante hanno sempre mostrato la loro essenza di visibile parlare, nella forza rappresentativa della parola avrebbero potuto far sembrare superflua l’immagine.

Non è semplice fare una storia per tappe dell’illustrazione della Commedia. Sembrerebbe, alla fine, un percorso fatto di istanze personali in cui ciascun illustratore dialoga appunto con l’opera, proietta su quella il proprio percorso, ne fa lo stimolo a cercare nuovi messaggi.

Una svolta è certo quella impressa da Gustave Doré, con un’illustrazione che si imprime nella memoria, anche popolare, e va a corrispondere alla narrazione dell’oltretomba dantesco per molti di noi, anche oggi. Di non poco conto è il fatto che Dante abbia parlato ai francesi e lo abbia fatto in questo modo, dentro e oltre la nostra lingua e la nostra cultura.

Quali teorie di “linguistica generale” e di storia delle lingue sviluppò Dante?
Il De vulgari eloquentia e il Convivio sono davvero due libri di “linguistica generale”. Alla riflessione di Dante in fatto di lingua dobbiamo le basi della riflessione occidentale sulle lingue e sulla loro storia, oltre che sulla loro struttura. Non è un caso che le moderne teorie neurolinguistiche riprendano aspetti del pensiero dantesco, come è dato di verificare oggi nella riflessione di Andrea Moro.

Il libro Dante, l’italiano ospita un saggio significativo sul mito della torre di Babele e sull’episodio della disgregazione dell’unità linguistica iniziale. Questo senso della rottura dell’unità della prima lingua (la lingua di Adamo e perciò la lingua di Dio) è una percezione drammatica del mondo medievale e non per caso persiste nella nostra sensibilità occidentale come una sorta di peccato originale in fatto di lingua.

La definizione di una locutio primaria, il volgare, che si apprende dalla balia senza bisogno di studiare le regole, e di una locutio secundaria, che si impara con lo studio e la fatica (il latino per Dante, lingua della scienza; poi l’italiano) segna una lettura del presente linguistico del poeta, ma al tempo stesso traccia il percorso della lingua nei secoli che verranno, fino a noi, lasciandoci intravedere una sorta di identità dimidiata del nostro essere parlanti e una continua tensione verso una lingua da conquistare.

Quali caratteri di originalità possiede, nella costruzione della Commedia, il Purgatorio?
L’esistenza di un luogo destinato alla purificazione delle anime non dannate ma non ancora sante si era formata nella tradizione dei Padri della Chiesa ed era stata definita dal Concilio di Lione del 1274; era dunque una acquisizione molto recente quando Dante si accinse alla composizione del Purgatorio. Ma quello che conta ancora di più è che è completamente dantesca e originale la costruzione di questo regno, a cui si dà la forma di una montagna che si alza solitaria sulle acque dell’emisfero australe. Questa geniale intuizione è profondamente diversa dalle immagini sotterranee che fino allora avevano circolato (come nel Purgatorio di San Patrizio), e permette di dare subito una concreta traduzione all’idea della liberazione dal male, che si realizza attraverso un’ascesa. Il Purgatorio è una straordinaria creazione poetica, che porta nell’aldilà l’idea del tempo, il tempo della purificazione che le anime devono compiere; il secondo regno, infatti, non è eterno, a differenza dell’Inferno e del Paradiso, ed è destinato a scomparire al momento del giudizio finale. Per questo può rappresentare per tutti noi il senso della rinascita e del cambiamento; non per niente Federico Tiezzi ha voluto riprendere a teatro quest’anno il Purgatorio. La notte lava la mente, secondo la drammaturgia di Mario Luzi.

Tullio De Mauro ebbe a sottolineare come «dei settemila vocaboli usati nella Commedia, l’86% è ancora oggi usuale, e non solo nell’uso dei colti»; noi stessi diciamo faccio, come Dante, e non fo, come i fiorentini oggi: come evidenzia Gian Luigi Beccaria «il fiorentino si è evoluto nel tempo, l’italiano invece è rimasto fermo a Dante»: in che modo Dante continua a fornire ancora oggi materia al parlare e allo scrivere?
Dante ha fatto essere il volgare italiano una lingua capace di esprimere il pensiero e la più alta poesia. Nella frantumazione locale dei volgari medievali ha cercato, nella penisola e nelle sue opere, un volgare capace di superare le diversità di spazio e di tempo, trasmettendo il suo pensiero alle generazioni future, proprio come il latino (la gramatica), che i dotti avevano per convenzione creato e adottato per far vivere attraverso i secoli le loro opere.

La lingua “cercata” da Dante rappresenta l’ossatura dell’italiano, viene codificata dai teorici e dai grammatici come lingua “italiana”. La nostra lingua, quella che usiamo tutti i giorni, è e resta idioma di cultura.

Quale diffusione hanno conosciuto le traduzioni dialettali della Commedia?
Le traduzioni dialettali della Commedia sono per lo più adattamenti, in cui la sapienza della lingua popolare ha dialogato con la sapienza espressiva di Dante. Questo dice la vitalità popolare di Dante, nel tempo e nello spazio.

Non è facile stabilire quale circolazione abbiano avuto questi testi; forse è più semplice stabilire che sono una prova di permanenza della lettura e del dialogo continui, in forme diverse, con il poeta.

L’invito è a leggere qualche verso degli adattamenti, a partire dall’esperimento di Carlo Porta, che forse resta tra i più riusciti travestimenti della Commedia.

In che modo le celebrazioni degli ultimi quattro centenari danteschi hanno scandito il progressivo fissarsi dell’immagine di Dante come icona “pop”?
Questo anno centenario ci ha dato molte prove del processo di fissazione dell’immagine di Dante. I nostri allievi ad esempio ci hanno fatto notare che sul manifesto del Festival Comics & Games di Lucca (ottobre 2021) campeggia il padre Dante, con la citazione “a riveder le stelle”. Si tratta di un omaggio che dice la forza con cui in ogni contesto la parola e l’immagine dantesca (nei centenari a maggior ragione) si affaccia e parla a noi. È interessante che abbia continuato a farlo e continui a farlo nei linguaggi diversi della nostra espressione quotidiana, il fumetto come la canzone, l’enigmistica: insomma Dante è tra le righe e le parole, nelle caselle della nostra vita di tutti i giorni.

Giovanna Frosini è professoressa ordinaria di Storia della lingua italiana all’Università per Stranieri di Siena e Accademica della Crusca. Con Luca Serianni e Luigi Matt dirige gli «Studi linguistici italiani». Ha dedicato vari studi e interventi (anche di tipo didattico e di alta divulgazione) all’opera di Dante, sia negli aspetti linguistici sia negli aspetti filologici; fra gli ultimi, Il volgare, in Dante, a cura di Roberto Rea e Justin Steinberg (Roma, Carocci, 2020).

Giuseppe Polimeni è professore ordinario di Linguistica italiana all’Università degli Studi di Milano. Fa parte del gruppo di ricerca “Coordinate dantesche”. Intorno a Dante ha pensato i saggi raccolti nel volume Come fronda in ramo. Forme e modelli della varietà nell’Italia dei volgari (Milano, Biblion, 2019). Con Silvia Morgana e Massimo Prada dirige “Italiano LinguaDue”.

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