“Dalla tela alla tavola” di Elisabetta Bodini

Dalla tela alla tavola, Elisabetta BodiniDalla tela alla tavola. Da Pompei a Warhol, le ricette dei quadri da portare in tavola per sbalordire
di Elisabetta Bodini
Editoriale Jouvence

«Il cibo è vita, il cibo è necessità, il cibo è piacere: si mangia per bisogno di sopravvivere, per stare insieme, per soddisfare i sensi. La mensa, luogo in cui si consuma il cibo, è condivisione, è momento mistico, è allegria: tutte le fasi della vita sono scandite dalla tavola e dal cibo, infatti in tutte le civiltà, a tutte le latitudini, non solo si mangia per garantire al corpo la sopravvivenza, ma anche per celebrare la vita stessa; si mangia insieme per festeggiare i battesimi, le nozze e persino i funerali, ma si mangia anche per onorare gli dei, per condividere la mistica di un sacrificio religioso, si offre cibo alla divinità per ingraziarsela, per placarla, per renderle grazie… lo stesso rito cristiano contempla la consumazione simbolica di un cibo e di una bevanda come momento di comunione mistica con Dio.

Dunque come pensare che un oggetto (il cibo) e un’azione (il mangiare) così importanti per l’essere umano non divenissero, fin dai tempi più remoti, soggetto di rappresentazione iconica e poi, più specificamente, artistica?

Nei reperti archeologici più antichi troviamo rappresentazioni di tal fatta: le scene di caccia dipinte all’interno delle caverne, realizzate con terre, succhi vegetali o carbone, riportano frequentemente particolari di fuochi di cucina e di spiedi rudimentali, e la stessa caccia, oltre che celebrazione della forza e del coraggio, non è forse il primo e principale modo per procacciarsi il cibo?

Assiri e Babilonesi hanno lasciato scolpiti nei loro bassorilievi banchetti, immagini di forni per il pane, birrifici e persino la ricetta per fabbricare la birra e le norme che ne regolamentavano la produzione; per non parlare degli Egizi, nei cui papiri e affreschi tombali possiamo vedere l’offerta di cibo agli dei e scene di vita quotidiana in cui si riconoscono cucine, osterie, forni per il pane e anche banchetti regali o divini.

Non dimentichiamo che proprio nel territorio della cosiddetta “mezzaluna fertile”, territorio identificabile con l’antica Mesopotamia e fino alle sponde del Mediterraneo, i primi gruppi di cacciatori e raccoglitori sono riusciti a coltivare cereali e frutta e ad addomesticare animali per l’allevamento, consentendo così al gruppo stesso, attraverso la possibilità di conservare il cibo, di dedicarsi alle attività sociali, di aggregarsi, di darsi un’organizzazione e delle norme, quindi in una parola, di diventare popoli e poi nazioni e, infine, civiltà.

L’arte greca, al contrario, ha sempre ignorato il tema del cibo fine a se stesso, la natura morta come oggetto di rappresentazione artistica: tuttavia, sui vasi in ceramica dipinta corinzi e attici troviamo scene di banchetti, i cui protagonisti sono eroi o dei intenti al piacere del cibo, dove però il ruolo principale è giocato dagli uomini, dalle figure umane (o divine), dal fatto che riposino dalle fatiche belliche o sacrifichino agli dei, mai dal cibo o dalla tavola in sé.

È frequente, nelle testimonianze dell’arte etrusca, la rappresentazione del banchetto, in particolare del banchetto funebre che aveva molteplici funzioni: di onorare e ricordare il defunto, di sacrificare cibo alla sua memoria e agli dei, di realizzare un momento conviviale. Nelle rappresentazioni tombali di convivio o banchetto funebre appare sempre un paio di figure maschili semi sdraiate sulla “kline” e appoggiate sul gomito sinistro: tavole e kline sono elegantemente addobbati con tovaglie, drappi e cuscini; appaiono altresì rappresentazioni di stoviglie, vasellame e cibi, e non è infrequente anche la presenza di donne, specialmente se si tratta di rappresentazioni di banchetti familiari.

I latini, invece, ci hanno lasciato sulle mura delle case e dei locali pubblici di Pompei e di Ercolano, ma anche delle città romane sulle sponde del Mediterraneo e in Africa, affreschi e mosaici che rappresentano il cibo nelle sue varie forme: polli, anatre, conigli e altri animali da cortile, pane, coppe di vino, pesci e crostacei, anfore, canestre di frutta, ma anche insegne di botteghe e locande in cui si potevano acquistare o consumare cibi e addirittura un menù di “ristorante” affrescato sulla parete del locale stesso.

Anche nelle sale da pranzo delle ville romane erano raffigurati frequentemente cesti di frutta con fichi, pere, noci, uva, ma anche formaggi, miele, pane e vino.

Nell’Alto Medioevo, periodo in cui il cibo era divenuto, per motivi economici, in primo luogo, ma anche sociali e religiosi, un mero mezzo di sussistenza, un irrinunciabile, ma secondario bisogno dell’uomo, almeno rispetto alla ricerca di spiritualità, il cibo viene raramente rappresentato, se non come allegoria delle stagioni o del lavoro agricolo, e quindi solo come “produzione”, come materia prima, sottintendendo volutamente la sua funzione di mero nutrimento e non di piacere: in molte miniature ed illustrazioni abbiamo il grano, l’uva, gli ulivi, i pesci, la selvaggina, ma, raramente, vediamo scene di banchetti, di osterie, di tavole imbandite, per ammirare le quali dobbiamo attendere il tardo Medioevo.

La mistica medievale imponeva la mortificazione del corpo a favore dell’innalzamento dello spirito, dunque ciò che si mangiava non era mai rappresentato nell’atto dell’essere mangiato, ma come dono del Signore e frutto del duro lavoro dell’uomo e del suo sacrificio.

Dobbiamo arrivare all’Umanesimo e quindi al Rinascimento, alla Riforma e Controriforma, perché nell’arte, anche quella sacra, si tornasse a rappresentare il cibo: prevalentemente sotto forma di natura morta, ma anche come banchetto e come tavola, come cucina, come negozio o mercato, e infine come soggetto biblico-religioso, insomma il cibo e l’atto di nutrirsi in tutte le sue rappresentazioni.

Noi cercheremo di esaminare l’argomento “cibo nell’arte” attraverso le sue principali categorizzazioni pittoriche:

  • Il banchetto e la tavola: rappresentazioni sacre e profane della convivialità
  • I luoghi del cibo: locande, negozi, mercati
  • A tavola con i grandi artisti
  • Il cibo come natura morta»

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