“Da Palermo a Colonia. Carlo Aragona Tagliavia e la questione delle Fiandre (1577-1580)” di Lina Scalisi

Prof.ssa Lina Scalisi, Lei è autrice del libro Da Palermo a Colonia. Carlo Aragona Tagliavia e la questione delle Fiandre (1577-1580) edito da Viella: innanzitutto, chi era Carlo Aragona Tagliavia?
Da Palermo a Colonia. Carlo Aragona Tagliavia e la questione delle Fiandre (1577-1580), Lina ScalisiUn esponente della maggiore aristocrazia isolana e certamente il siciliano più importante della monarchia spagnola della seconda metà del Cinquecento. Principe di Castelvetrano, duca di Terranova, titolare di città e feudi che attraversavano l’isola, personaggio carismatico in grado di guadagnare il consenso dei suoi pari e di porsi direttamente in collegamento con i maggiori ministri della monarchia, ebbe una carriera politica che si snodò in un arco cronologico che coincise con quello di Filippo II – i due uomini peraltro nacquero e morirono a breve distanza l’uno dall’altro – e toccò diversi territori: da quelli dove si trovavano i reali (Bruxelles, Valladolid e Londra nella prima metà del secolo: e poi Madrid dal 1561) a quelli di altri sovrani del tempo (dalla Roma dei pontefici, a Vienna e Praga, sedi delle corti imperiali), Un personaggio prestigioso quindi che unì intelligenza politica a grandi capacità di governo nei suoi due lunghi mandati nella carica di presidente del regno di Sicilia (ovvero il modo in cui la monarchia spagnola permetteva ad un naturale di essere viceré del regno in cui era nato, aggirando la norma giuridica che lo vietava) nel corso dei quali difese i privilegi regi in campo ecclesiastico dagli attacchi della curia romana, contrastò efficacemente la terribile epidemia di peste che flagellò l’isola dal 1575 al 1577, collaborò energicamente alla vittoria delle armi cattoliche nella famosa battaglia di Lepanto che avrebbe fermato l’avanzata mediterranea del Turco. Ma fu quando lasciò definitivamente la Sicilia, nel 1578, che la sua carriera divenne realmente europea poiché da allora non solo fu ambasciatore regio, viceré di Catalogna, governatore del ducato di Milano ma, nel 1591, giunse, infine, definitivamente a Madrid alla corte di Filippo II nella carica di membro influente del Consiglio di Italia, l’organismo a cui venivano delegate tutte le più importanti questioni dei territori della penisola.

Quale importante ruolo svolse nella difficile trattativa tra la Spagna e i rivoltosi olandesi?
Quella complessa di ambasciatore plenipotenziario di Spagna alla Dieta di Colonia, la conferenza di pace promossa dall’imperatore Rodolfo II per riportare le Fiandre in rivolta nell’alveo della monarchia cattolica. Dotato di ricche istruzioni consegnategli personalmente dal sovrano, Carlo doveva così rafforzare l’operato dell’ambasciatore spagnolo Francisco Borja a Vienna e agire in stretta sinergia con il nunzio pontificio straordinario che Gregorio XIII stava provvedendo a nominare. Una carica importante dunque, ottenuta dopo una dura competizione cortigiana, in virtù dell’autorevolezza conquistata nel passato e del sostegno di due potenti ministri: Juan de Zúñiga ambasciatore spagnolo presso la curia papale e il cardinale Granvelle, già viceré di Napoli e, proprio in quei mesi, in procinto di partire per la Spagna, quale capo di un governo in impasse dopo la caduta in disgrazia del segretario regio Antonio Pérez, accusato di tramare contro don Giovanni, il fratello del re, al tempo, governatore delle Fiandre. Va detto però che Carlo si trovò dinanzi un compito immane perché era difficilissimo riportare la pace tra popolazioni lacerate dalla lotta religiosa e dal disgusto verso la politica spagnola, accusata di oltraggiare i privilegi di quei territori; e perché la vicenda si era complicata dopo l’intervento delle potenze straniere (Francia, Inghilterra, lo stesso Impero) che colsero nella debolezza spagnola l’occasione per impadronirsi di quei territori.

Quali vicende segnarono la Dieta promossa dall’imperatore Rodolfo II per trovare una soluzione al conflitto?
Innanzitutto, i ritardi. Molti, continui, dispersivi. Ritardi nella convocazione per via delle difficoltà di Filippo II a credere alla buona disposizione del nipote imperatore che aveva allevato a Madrid, ma di cui conosceva il carattere debole; ritardi nella risolutezza di Rodolfo II che per quanto volle la conferenza di pace, si muoveva con fare incerto, oltreché soggetto alle pressioni dei ministri imperiali ostili alla Spagna; ritardi dei rivoltosi che tardarono a raggiungere la città deputata alle trattative per via di scontri interni tra la loro parte più radicale, capeggiata da Guglielmo d’Orange, e tra quella più moderata capeggiata dalle élites cattoliche, desiderose di un compromesso con la monarchia spagnola. A ciò si aggiungano i ritardi della logistica da parte di Carlo che viaggiò ininterrottamente da Palermo a Madrid, e poi a Genova e, quindi, a Milano per prendere la via che conduceva a Colonia dove alla fine giunse prima degli altri ma, per motivi di immagine, se ne dovette allontanare alla volta di Praga dove era l’imperatore, in attesa che tutti i soggetti politici coinvolti fossero veramente pronti per trattare la pace.

Ma non furono solo i ritardi a segnare la Dieta. A questi occorre unire le doppie partite giocate presso le maggiori corti europee del tempo, ognuna delle quali pronta a sostenere un proprio candidato alla reggenza delle Fiandre. In altri termini, una delegittimazione piena della sovranità spagnola istigata dall’instancabile Guglielmo d’Orange, dotato di abilità e scaltrezza politiche non comuni. Ed ancora la morte inattesa e repentina di peste di don Giovanni che colse tutti alla sprovvista e che condusse Filippo II a nominare al suo posto, il nipote Alessandro Farnese, figlio della sorella Margherita d’Austria, già reggente di quelle province. Una nomina non particolarmente gradita al sovrano che non si fidava dei Farnese e che, pure, fu fortunata poiché Alessandro era personaggio dalle eccezionali doti militari e diplomatiche, ed è a lui che si deve la strategia vincente di combattere i rivoltosi e trattare con gli scontenti che, infine, scisse e indebolì il nemico.

Chi ne furono i protagonisti oltre al nostro?
Molti, tutti di rilievo: dall’imperatrice Maria, madre di Rodolfo II e a capo del partito cattolico alla corte imperiale; agli ambasciatori spagnoli Zúñiga e Borja; al cardinale Granvelle, vero e proprio deus ex machina di Carlo Aragona Tagliavia; ai vari ministri della corte madrilena (il duca d’Alba, i segretari Pérez e Vargas); a papa Gregorio XIII pronto alla lotta contro i protestanti e i calvinisti; al cardinale Galli, potente segretario di stato; all’arcivescovo Rossano, il Giovan Battista Castagna che sarebbe poi diventato futuro papa con il nome di Urbano VII; ad Alessandro Farnese, il principe che avrebbe portato alla vittoria le armi spagnole. Ve ne sono molti di più, ovviamente, anche perché il libro ha il fine ultimo di mostrare le reti di personaggi che furono determinanti per lo svolgimento di questi avvenimenti e che erano parte dell’élite transnazionale al governo di un sistema territoriale complesso come quello della monarchia cattolica. Il libro non cita, ovviamente, solo i loro titoli e nomi, ma i modi in cui attraverso ruoli, influenze, relazioni sostennero la causa spagnola. Il che porta ad un’altra considerazione, ovvero il fatto che nelle loro strategie, l’ottenimento di vantaggi per le loro persone fu un tutt’uno con l’attuazione della volontà regia poiché in età moderna la diarchia privato/pubblico coincideva. Era, insomma, priva dell’accezione negativa che le consegna il presente. Tanto più che questi personaggi in occasione di difficoltà della corona, erano pronti a sostenerne le spese con le loro risorse materiali, giungendo talvolta fino alla rovina economica. Si trattava, infatti, di una società di ordini, corporativa, poco definibile con le attuali categorie della contemporaneità ed è strategico che questo sia chiaro ai lettori perché altrimenti guarderemmo al passato con uno sguardo miope, sfocato, assolutamente incapace di vera comprensione.

Quale esito ebbero i colloqui di pace?
Negativi, come d’altra parte era atteso da quasi tutti i partecipanti alle trattative. Ma la pace non era il loro vero obiettivo. Per la Spagna, Colonia nacque sia come espediente per mostrare la sua ferrea alleanza con gli Asburgo d’Austria e mettere a tacere quanti sussurravano che, in realtà, quest’ultimi ambivano a sostituirli al governo delle Fiandre; sia come ulteriore dimostrazione di pazienza verso i rivoltosi mentre, in realtà, il Farnese proseguiva le sue campagne militari e politiche dirette a dividere il nemico.

Per l’impero, si trattò invece di una mossa congegnata dall’imperatore per assumere al ruolo di arbitro internazionale ma poi svilita dalla sua incertezza caratteriale e dall’influenza dei suoi consiglieri, la maggior parte dei quali ostili alla monarchia spagnola. Per i rivoltosi, fu invece uno stratagemma per recuperare le forze messe a dura prova dalle continue battaglie e dalle divisioni interne; e per muovere durissime accuse alla Spagna e al papato attraverso una campagna comunicativa di diffusione europea che giunse a far temere al nunzio Castagna di vedere le sue presunte dichiarazioni vendute nei banchi di Roma prima che giungessero al pontefice le sue vere lettere su quanto avveniva. Nondimeno, la Dieta fu un successo per Gregorio XIII, che riuscì attraverso i suoi uomini ad impedire che la Spagna acconsentisse alle richieste dei rivoltosi e concedesse a quei territori le stesse condizioni della pace di Augusta di venticinque anni prima, ovvero la possibilità di praticare il protestantesimo; e per Carlo Aragona Tagliavia la cui capacità di portare a compimento una tra le missioni più complesse del tempo, ovvero mantenere il prestigio della Spagna malgrado tutto congiurasse contro, fu di fatto il trampolino di lancio che lo portò ai massimi vertici della monarchia cattolica.

Lina Scalisi è Ordinario di Storia Moderna presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Catania, Académica corespondiente de la Real Academia de la Historia, componente del collegio dei docenti del Dottorato in Storia della Scuola Normale Superiore di Pisa e del board di riviste nazionali ed europee. i suoi interessi di ricerca riguardano la storia politica e culturale dell’aristocrazia europea in età moderna; la storia urbana e la storia socio-religiosa. Tra le sue recenti pubblicazioni: curatela e introduzione al I volume di G. Giarrizzo, La Storiografia della Nuova Italia: Introduzione alla storia della storiografia italiana, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2018; Carlo d’Aragona e Antonio del Nobile. Difese militari, imprese economiche, vocazioni territoriali, in A. Camara Munoz – M. A. Vasquez, «Ser hechura de»: ingeniería, fidelidades y redes de poder en los siglos XVI y XVII, Madrid, Fundación Juanelo Turriano, 2019, pp. 135-146; Il Secolo di Fuoco. L’Etna nel Compendio Di Natale di Pace, Catania, Domenico Sanfilippo Editore, 2019; Da Palermo a Colonia”. Carlo Aragona Tagliavia e la questione delle Fiandre (1577-1580), Roma, Viella, 2019.

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