
Wallander e Montalbano – e gli altri personaggi del romanzo poliziesco europeo contemporaneo di cui tratto nel mio libro – hanno in comune la maniera in cui vivono il loro lavoro, alcune attitudini di tipo culturale, ed infine alcuni aspetti della vita personale. Sono poliziotti al tempo stesso fuori e dentro la polizia, che amano il loro lavoro, ma sono critici verso l’organizzazione in cui sono inseriti. Cercano vie di fuga e si interrogano spesso sul senso di quello che fanno. Inoltre, si discostano da immagini più tradizionali, o sensazionalistiche, di altra letteratura o delle serie televisive, perché hanno un atteggiamento critico verso la società, mostrano empatia verso le vittime, e non di rado anche verso i criminali, un senso della giustizia sociale che non è comune nelle culture della polizia. Le loro vite private sono caratterizzate da una normalità che li rende molto simili a tanti lettori. Naturalmente ci sono poi peculiarità legate alla cultura locale: per esempio, Montalbano si riprende dagli scontri con la burocrazia e dalla violenza del lavoro con un buon pranzo sul mare, mentre Wallander, come altri personaggi del poliziesco scandinavo e del Nord Europa in genere, annega i suoi dispiaceri nell’alcol.
Come si è evoluto il romanzo poliziesco ai giorni nostri?
Oggi esiste una grande varietà di stili narrativi e una grande diversificazione dei personaggi e delle trame. In generale, si può dire che questi romanzi europei contemporanei – almeno quelli che tratto nel mio libro, che sono selezionati all’interno di un genere ormai vastissimo – riproducono, in una forma coerente con le sensibilità collettiva post-moderne, alcuni tratti del passato. In primo luogo, i personaggi principali sono funzionari pubblici, inseriti in una organizzazione come Maigret, e non eccentrici investigatori amatoriali. Per altri aspetti, poi, questa letteratura contemporanea riprende anche tratti dell’Hard Boiled School, perché si tratta di figure costruite letterariamente come “anti-eroi”, cinici, disillusi, ma sempre alla ricerca della giustizia. Tuttavia, rispetto a quelle tradizioni del passato, la normalità è più sofferta che in Maigret e il cinismo è meno “dark” e disperato che nell’Hard Boiled School. L’evoluzione più importante riguarda però la capacità di questa letteratura di guardare al mondo fuori delle organizzazioni di polizia e oltre il mistero da risolvere. Le storie raccontate sono infatti oggi molto attente ai grandi temi della società europea contemporanea: i conflitti etnici, per esempio, le migrazioni, le diseguaglianze sociali. In una intervista, Loriano Macchiavelli ricordava la tendenza oggi comune a ritenere che il giallo rappresenti fedelmente la realtà in cui viviamo. In quella stessa intervista Macchiavelli cita Patrick Raynal, direttore della Serie Noir di Gallimard, e in particolare la sua affermazione secondo cui il nuovo romanzo poliziesco “fa da contraltare al noir classico e cela il germe del rinnovamento letterario europeo”. Io sono una sociologa che studia il crimine e il sistema di giustizia penale, non certo un critico letterario, ma mi pare che queste affermazioni vadano nel senso giusto e sono senz’altro confermate dalla mia ricostruzione dell’evoluzione del romanzo poliziesco e dalle caratteristiche degli “anti-eroi” europei di cui tratto nel mio lavoro. Le storie che raccontano sono interessanti per la suspense, certo, ma soprattutto sono in grado di mettere in luce le disfunzioni delle società in cui viviamo. Oggi, sia nel Sud che nel Nord dell’Europa, questa letteratura poliziesca animata da una forte critica sociale mi sembra sempre più riconosciuta ed apprezzata. Si pensi ai lavori di Jean-Claude Izzo in Francia, o a quelli di Alessandro Robecchi in Italia, che ci parlano di poliziotti, ma soprattutto di quello che succede intorno. Credo sia un’evoluzione importantissima. Non so quanto questa letteratura sia davvero in grado di influenzare opinioni e percezioni, oltre a intrattenere. In ogni caso, è sicuramente importante che ampi settori di pubblico siano oggi attratti da questo tipo di lavori e non solo da rappresentazioni più sensazionalistiche, o improntate da un ‘idea conservatrice e di legge e ordine della polizia e del mondo in cui opera.
Come viene descritto oggi il lavoro della polizia nei libri della letteratura poliziesca europea?
La maggior parte delle storie raccontate in questi romanzi presenta un elevato grado di realismo, o meglio di “apparenza di verosimiglianza”, come ha scritto Robert Reiner, un sociologo della polizia inglese. Da questo punto di vista, la letteratura poliziesca contemporanea di cui parlo nel mio libro è molto vicina anche alla tradizione della police procedural story, un sub- genere di romanzo poliziesco caratterizzato da descrizioni accurate dei contesti di lavoro delle polizie e delle investigazioni. D’altronde, non di rado gli autori ci fanno sapere che costruiscono le loro trame anche grazie ai consigli e suggerimenti di operatori di polizia reali. Il lavoro della polizia viene descritto in termini molto realistici sia per quanto riguarda gli aspetti culturali e professionali, sia per quanto riguarda le trame e gli eventi di cui i poliziotti si occupano. Certo, in particolare per Wallander e la letteratura scandinava, i casi con cui questi poliziotti hanno a che fare sono molto spesso omicidi violenti e brutali, di tipo seriale. Il che, sappiamo dalla ricerca sulla polizia, succede invece assai di rado ai poliziotti veri. Tuttavia, nelle storie che ho ricostruito il lavoro ordinario della polizia, fatto di riunioni, burocrazia, controllo del territorio, criminalità minore, rimane sempre sullo sfondo.
Cosa studia la criminologia culturale?
La criminologia culturale studia il crimine e il suo controllo, quindi anche le polizie e il loro lavoro, come risultato di processi culturali, che emergono da determinate strutture sociali e da relazioni di potere. In un senso più ampio, la criminologia culturale si riferisce alla crescente attenzione analitica che molti criminologi prestano oggi a come la cultura, quella popolare in particolare, e i mass media costruiscono i fenomeni criminali e le politiche criminali e di controllo sociale, dimostrando come le conoscenze che i cittadini comuni hanno del crimine e del suo controllo dipendano molto da questi media, più che da altre fonti di conoscenza.
Qual è la rappresentazione della polizia nei media visuali?
È impossibile ricostruire una unica rappresentazione della polizia nei media visuali. Esiste infatti oggi una grande varietà di mezzi espressivi e di formati (non più, soltanto, le tradizionali serie poliziesche di fama internazionale) anche attraverso le tv via cavo, l’infotainement, eccetera. Esistono quindi rappresentazioni fortemente sensazionalistiche, centrate sul lavoro di polizia come azione ed esercizio della forza, e altre rappresentazioni più complesse e sofisticate, e più vicine alla realtà. Coesistono insomma rappresentazioni diverse e variegate che vanno incontro alle esigenze di pubblici diversi.
Quanto è coerente con i risultati della ricerca sociologica e criminologica il modello che emerge dalle pagine della letteratura europea contemporanea?
Ci sono, naturalmente, importanti differenze a seconda dei vari aspetti trattati, ma complessivamente l’immagine dei poliziotti proposta dai romanzi è coerente con i principali risultati della ricerca scientifica, mettendo così in discussione quell’assunto, comune tra gli studiosi di polizia, che vede le visioni romanzate della polizia molto distante dai dati della ricerca. Così per gli aspetti culturali occupazionali e organizzativi, dove troviamo forti assonanze tra le storie nei romanzi e i risultati della ricerca scientifica, in particolare per quanto riguarda la discrezionalità nel lavoro e il funzionamento delle organizzazioni. In non poche occasioni, questi testi letterari ci mostrano con grande vividezza come si svolge il lavoro in una organizzazione di polizia, quali relazioni si instaurano, come forti siano, per esempio, la discriminazione sessuale delle poliziotte in un commissariato o l’isolamento sociale di chi lavora in polizia. Naturalmente le esigenze narrative drammatizzano certi aspetti, rendendoli meno coerenti con quello che emerge dalla ricerca scientifica, come si è detto in particolare per i casi di omicidi seriali brutali, che non sono affatto un aspetto importante del lavoro di polizia. Tuttavia, se quello di cui i poliziotti nei romanzi si occupano non è sempre coerente con i dati scientifici, come lo fanno lo è assai di più.
In che modo la rappresentazione di eroi in bilico tra senso del dovere e senso della giustizia contribuisce ad avvicinare la polizia a un ampio pubblico?
La letteratura poliziesca qui selezionata presenta degli aspetti che rendono la polizia da un lato più vicina ad un pubblico ampio, dall’altro più accettabile per un segmento specifico di pubblico: colto, progressista, attento ai diritti civili, all’integrità, ai valori della giustizia, critico verso la punitività e gli atteggiamenti repressivi. Tra questi aspetti: il rifiuto del sensazionalismo, dell’azione, della violenza; della soluzione del caso “a tutti i costi,” l’attenzione alle vittime (e, non di rado, anche gli stessi criminali), la critica sociale, nascosta dietro il cinismo e la disillusione. Ci sono molte ragioni per ritenere che la letteratura europea di polizia degli ultimi decenni, con i suoi eroi orientati alla giustizia, compassionevoli verso gli esclusi e gli emarginati, critici verso la società e le sue storture, poliziotti che sono al tempo stesso dentro e fuori l’istituzione a cui appartengono, sia stata in grado più di altre forme di letteratura poliziesca o di altri media di veicolare un’immagine positiva della polizia e del suo lavoro. Contribuendo così ad accrescerne la legittimità. Questo libro non presenta dati empirici a sostegno di questa ipotesi, né analisi di audiences specifiche o indagini quantitative sulla fiducia in relazione alla lettura dei polizieschi. La mia ipotesi è speculativa e tale rimane. Ma può contribuire, credo ad approfondire la riflessione su molti temi che sono al centro del dibattito attuale sulla polizia, la sua trasformazione e le sue non sempre facili relazioni con i cittadini. Noi sappiamo dagli studi di procedural justice che i comportamenti conformi risultano non dalla paura dell’autorità o dalla minaccia della legge penale, ma soprattutto dal fatto che le agenzie penali – e quindi anche la polizia, siano integre e trasparenti e che i poliziotti dimostrino di comportarsi in modo corretto, empatico e giusto. Ogni contatto – anche il più banale – che la polizia ha con i cittadini diventa un’esperienza di socializzazione con questa istituzione, che influenza direttamente la visione che i cittadini ne hanno. I protagonisti dei romanzi di polizia qui selezionati presentano spesso queste caratteristiche, anche quando si atteggiano a canaglie. E l’esposizione ai media o la lettura di questi libri, anche se non sono un incontro reale, non possono non avere un’influenza sulla percezione della polizia.