“Cuori trafitti, Madonne e sirene. Significati e tradizione del tatuaggio in Italia” di Fabio Brivio

Dott. Fabio Brivio, Lei è autore del libro Cuori trafitti, Madonne e sirene. Significati e tradizione del tatuaggio in Italia, edito da Gribaudo. Un tempo prerogativa di marinai e carcerati, oggi il tatuaggio è diventato un vero e proprio fenomeno di massa: come è cambiata nel nostro Paese la percezione sociale del tatuaggio?
Cuori trafitti, Madonne e sirene. Significati e tradizione del tatuaggio in Italia, Fabio BrivioIn Italia, come del resto in tutto in mondo, stiamo vivendo un’epoca in cui il tatuaggio è diventato un fenomeno di massa ed è vissuto con una leggerezza mai sperimentata prima.

Fino agli anni ’90 tatuarsi era ancora una questione di pochi e tra questi soltanto alcuni sceglievano di tatuarsi zone del corpo ben visibili. Oggi la situazione è quasi all’opposto: è comune, o comunque non raro, iniziare a tatuarsi partendo da mani a avambracci, se non da colli e visi, questo in virtù del fatto che il tatuaggio è ormai vissuto come normalità, anche se ricopre interi corpi. Nel mondo del tatuaggio ci sono costantemente nuove mode che si inseguono e lottano per emergere, spingendo ad altissimi livelli la competizione e la qualità artistica dei tatuatori mai come oggi capaci di realizzare disegni di una precisione eccelsa.

L’altro lato della medaglia è però una perdita di significato: ci si concentra molto su come un tatuaggio appare o su quanto sia originale, e meno sul suo significato.

Questo è il grande cambiamento degli ultimi trent’anni, ma andando a cercare più indietro nel tempo non mancano le sorprese.

Malgrado la credenza popolare che vedeva il tatuaggio nel nostro Paese solo prerogativa di marinai e carcerati, nel 1800 era una pratica più diffusa di quanto si possa pensare. Riguardava principalmente le classi popolari ma non era certo circoscritta a galere e vascelli: a tatuarsi erano anche contadini, pellegrini e devoti del culto e dei santi cristiani, militari, artigiani e popolani.

Ma la grande differenza con la nostra epoca era che ci si tatuava solo per comunicare qualcosa e in questo senso il tatuaggio era quasi sempre ben visibile anche se eseguito in maniera non certo precisa e il risultato finale grossolano e ben lontano dalle raffinatezze artistiche che siamo abituati a vedere oggi.

Quale diffusione avevano nell’antichità i tatuaggi e qual era il loro significato?
Diverse fonti documentano il tatuaggio diffuso tra Asia e Europa fin dalla preistoria. Aveva una grande valenza comunicativa e religiosa tra le popolazioni nomadi provenienti dalle steppe asiatiche, e così si diffuse nel nostro continente seguendo i flussi migratori di Celti, Traci e Illiri che penetrarono in Italia dai territori oggi dell’Albania, attraversando il mar Adriatico.

Uno stop si ebbe con lo scontro con il mondo greco e romano che perseguiva un ideale di bellezza del corpo puro incompatibile con i segni sulla pelle. La pratica del tatuaggio però sopravvisse, molto spesso tra chi era escluso dall’élite dominante e usava il tatuaggio come simbolo di appartenenza a una sottocultura: proprio così il tatuaggio si diffuse tra i primi cristiani perseguitati fino a quando il cristianesimo non divenne il culto principale dell’Impero Romano nel IV secolo d.C.

Come si sono evoluti nella storia i tatuaggi?
Dopo il crollo dell’Impero Romano, nel Medioevo i tatuaggi perdono in parte di attrattiva e vengono demonizzati, a volte visti come aberranti come tutte le pratiche che avevano a che fare con l’incisione del corpo e il sangue, altre volte assimilati a marchi di Satana. Nel Basso medioevo sopravvivono però anche le antiche pratiche di origine pagana con un tatuaggio legato ora ai pellegrinaggi, in particolare nei santuari mariani.

Parallelamente, la nascita di città e comuni e di nuove classi sociali che facevano perno sulle corporazioni dei mestieri e sui quartieri: secondo alcuni è in questo periodo che inizia la pratica di tatuarsi i simboli del proprio lavoro e della città, se non il quartiere, da cui si proviene e in cui si vive. La religione e l’appartenenza, a un gruppo sociale o a un luogo, resteranno due tipologie di tatuaggi fino all’Età Moderna, quando a essi si affiancheranno altri simboli per comunicare sentimenti e passioni forti, a volte amorose a volte violente.

Quello che invece è rimasto costante fino al XIX secolo è la tecnica utilizzata: uno o pochi aghi legati insieme o fissati a un pennino in legno; inchiostri preparati con componenti tra i più diversi (nerofumo, polvere di carbone, succo d’uva, cinabro, rasatura di muro…) ma che al massimo permettevano di ottenere tatuaggi neri, azzurri o rossastri; un set di disegni limitato, spesso inciso in cliché di legno da imprimere sulla pelle da tatuare prima di battere i contorni con gli aghi perforando la pelle e facendo penetrare il colore.

Il risultato era molto lontano da quelli attuali, non erano possibili sfumature e le linee erano sempre grezze, nella migliore delle ipotesi almeno spesse.

Quali erano nel passato e quali sono oggi i motivi ornamentali più scelti?
Nel passato non si parlava tanto di motivi ornamentali ma di tatuaggi per comunicare qualcosa. In questa galleria spiccano i tatuaggi religiosi con in primo luogo crocifissi, il Santissimo Sacramento, la Madonna. Quindi i tatuaggi di amore con cuori, colombe e scritte, ma anche scene di sesso e donne nude. Serpenti e pugnali erano molto diffusi tra i tatuaggi di vendetta. Inoltre c’era un nutrito gruppo di tatuaggi politici per sostenere l’ideale monarchico o repubblicano. La Camorra aveva sviluppato un tatuaggio di gradazione diffuso solo tra gli affiliati e per concludere era prassi tatuarsi date e nomi per commemorare qualcuno, la nascita come la perdita di una persona cara.

A volte questi segni si aggiungevano ad altri per creare nuovi tatuaggi con un significato anche molto lontano dall’originale.

Cosa spinge oggi a fare un tatuaggio?
Non è semplice dare una risposta a questa domanda. Sembra che molti operatori e tatuati stiano portando avanti una prassi del tatuaggio dove la prima motivazione è la decorazione del corpo. Altri però documentano ancora un significato dietro la decisione del tatuaggio sebbene questo stia diventando sempre più una questione personale e originale: in questo scenario il senso primordiale del simbolo viene meno e lascia spazio alla sua citazione e rielaborazione.

Certamente viviamo un’epoca inedita dove il tatuaggio è vissuto con una leggerezza estrema e per certi versi molto affascinante. Il rovescio della medaglia è però il rischio di farsi prendere la mano, ricoprendosi di tatuaggi belli ma vuoti e quindi suscettibili di perdere interesse con il tempo.

A questo punto nasce l’esigenza di sostituirli con altro e infatti non è infrequente la richiesta di coprire un tatuaggio con un altro oppure di farselo cancellare con il laser.

Dire se questo sia giusto o sbagliato non è possibile. Certo è che il tatuaggio del XXI secolo è qualcosa di molto diverso per simboli e significati rispetto a quello che ho provato a raccontare nel libro.

Fabio Brivio, classe 1972, si interessa di tatuaggi dall’età di 17 anni ed è affascinato dal significato dei segni. Una laurea in Storia Medievale e un master in Informatica e Comunicazione gli hanno aperto le porte del mondo editoriale. È responsabile per l’Editoria e la Formazione in Apogeo, editore del gruppo Feltrinelli specializzato in manualistica professionale. Quando può, cammina lungo antiche vie. Vive tra Milano e Bologna.

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