“Cuore di tenebra” di Joseph Conrad: riassunto trama

Cuore di tenebra, Joseph Conrad, riassunto, tramaCuore di tenebra (Heart of Darkness) è un «racconto dello scrittore inglese di origina polacca Joseph Conrad (Józef Teodor Konrad Korzeniowski, 1857-1924), pubblicato sul “Blackwood’s Magazine” nel 1899 e successivamente incluso nel volume Gioventù e altri due racconti (1902).

Marlow – che qui per la seconda volta, dopo Gioventù, compare nel ruolo di protagonista e voce narrante – sin da fanciullo si è sentito attratto da un grande fiume africano, in una regione inesplorata del continente (il Congo), che sulla carta gli sembrava simile a un enorme serpente; molti anni più tardi, viene ingaggiato dalla Compagnia (belga) che in quella regione esercita il commercio per comandare una delle imbarcazioni usate per il trasporto dell’avorio. Giunto in Africa, constata inorridito gli effetti di quella colonizzazione che, secondo la propaganda del tempo, dovrebbe portare la luce della civiltà e del progresso nel “cuore delle tenebre”, mentre in realtà vi porta solo rapina e genocidio oscurando con la sua tenebra il “cuore bianco” dell’Africa.

Per incarico della Compagnia, egli parte alla ricerca di un certo Kurtz, un agente che dovrebbe trovarsi in una zona dell’interno ma di cui non si hanno più notizie e sul conto del quale circolano strane e inquietanti voci. Risalendo il fiume, Marlow ha l’impressione di viaggiare all’indietro nel tempo verso i più remoti primordi del mondo: un silenzio immenso, una natura selvaggia, un’umanità “preistorica”… Quando finalmente il battello sta per approdare all’accampamento di Kurtz, si leva un clamore terribile: i nativi non vogliono che i bianchi portino via colui che per loro è diventato ormai non solo un capo ma una specie di divinità. Kurtz infatti, proprio lui che era andato in Africa con “grandi e nobili idee” di civilizzazione, ha subìto una drammatica metamorfosi trasformandosi in un selvaggio più selvaggio degli stessi nativi: guida razzie nell’interno, presiede a danze notturne che si concludono con “riti innominabili”, insomma è il bianco che, abdicando alla propria coscienza e alla propria identità, ha ceduto a ciò che Marlow chiama “il fascino dell’abominio”, ossia a tutto ciò che la civiltà proibisce e reprime e che qui invece, nella “wilderness”, riaffiora e dilaga senza più freni o ritegno.

Benché malato e quasi in fin di vita, Kurtz non vorrebbe lasciare la foresta e la “sua” tribù, e a stento Marlow riesce a trattenerlo sul battello che deve riportarlo al “quartier generale”. Inizia il viaggio di ritorno, ma ormai è troppo tardi per salvare Kurtz: perso nella sua tenebra interiore, nel suo “cuore fatto di tenebre”, egli muore pochi giorni dopo gridando “L’orrore! L’orrore!” ed è seppellito nel fango del fiume quasi per cancellarne la memoria. E tuttavia quel grido, dice Marlow, è stato un supremo atto di “autoconoscenza” e, come tale, una vittoria: con esso Kurtz ha “tirato le somme” e si è giudicato. Perciò Marlow lo definisce “un uomo notevole” e rimarrà fedele al suo ricordo custodendone la – tragica – verità senza rivelarla a nessuno, nemmeno alla fidanzata di Kurtz, alla quale, quando lei gli chiede quale sia stata l’ultima parola pronunciata da Kurtz morendo, Marlow risponde: “Il vostro nome”. Una pietosa menzogna; ma anche l’amara, scettica consapevolezza che il mondo ha bisogno di illusioni e finzioni per sopravvivere.

Racconto fra i più autobiografici di Conrad (che fu in Congo per alcuni mesi nel 1890 e registrò le sue esperienze in due taccuini pubblicati postumi: i Diari del Congo), Cuore di tenebra venne scritto in un momento in cui in tutta l’Europa, ma particolarmente in Inghilterra, infuriava una violenta campagna di stampa contro i metodi della politica coloniale di Leopoldo II in Congo. Ma il fatto che né il Belgio né il Congo siano menzionati significa che, al di là di essi, Conrad intendeva mettere in scena – e condannare – il colonialismo stesso in quanto tale, cioè la spoliazione e spartizione del “grande corpo” dell’Africa allora perseguita da tutte le nazioni europee (e di cui l’apolide Kurtz è il simbolo).

D’altra parte, la condanna dei crimini del colonialismo (una condanna che non ha paragoni nella letteratura del tempo) si raddoppia nell’analisi della “degenerazione” a cui va incontro l’uomo “civile” quando dentro di lui vengono meno i – labili – freni inibitori su cui qualunque civiltà si edifica. Un tema, questo, che Conrad aveva già affrontato in un altro racconto di ambientazione africana, Un avamposto del progresso (1897), e che qui riprende sviluppandolo fino alle estreme conseguenze.»

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