
Che legame esiste tra creatività e intelligenza?
Piero Angela nel dettare un suo viatico per il mio libro, ha scritto: “L’intelligenza è la capacità di saper rispondere a una domanda. La creatività è rispondere a una domanda che non è stata posta”. Difficile dire qualcosa di meglio. Di solito le persone creative sono anche (ma non necessariamente) intelligenti, mentre non basta essere intelligenti per essere creativi. Vale anche per la cultura: è utile alla creatività, ma se assunta come valore assoluto diventa un fattore di inibizione. Il creativo guarda a ciò che lo circonda con l’innocenza di un bambino, non deve essere troppo condizionato dall’autorità di chi è stato creativo prima di lui. Le misure del Quoziente Intellettuale, inoltre, non misurano tanto l’intelligenza quanto l’adattamento della persona a quel genere di test. Meglio diffidarne. Nelle conclusioni del libro provo a disegnare l’identikit delle persone creative che ho conosciuto: “La loro vocazione è precoce: l’imprinting avviene tra i 5 e i 12 anni. Hanno un interesse principale e molti altri interessi attorno. I loro Maestri possono essere più o meno grandi ma devono soprattutto essere entusiasti di ciò che insegnano e lasciarsi superare dagli allievi, davvero o per finta. Accanto al settore professionale, i creativi coltivano uno o più campi amatoriali, riescono a concentrarsi sul problema e nello stesso tempo ad aprirsi a distrazioni provenienti dai dintorni del problema e dalla serendipity, hanno una personalità spiccata, non si inchinano all’autorità, sono anticonformisti, flessibili e spontanei, hanno una intelligenza associativa e impulsiva, non si vergognano delle loro emozioni, nutrono una curiosità superiore alla media, sono disposti a rischiare (…) hanno un pensiero fluido – laterale e divergente – quello che riconfigura il problema e scatena il gioioso istante “Eureka!”. Il solito Einstein l’ha espresso bene: “La creatività è un cervello che si diverte”. E con sornione understatement una volta aggiunse: “Creatività è saper nascondere bene le proprie fonti”.
Dunque, si nasce creativi o lo si diventa?
In parte la creatività è già nel patrimonio genetico. Tutti nascono un po’ creativi. Qualcuno di più. Pochissimi molto di più. Ma la creatività è almeno al 50 per cento frutto dell’ambiente, delle relazioni personali, delle esperienze fatte. La scuola dovrebbe coltivare e incoraggiare la creatività. Succede quando gli studenti risolvono un problema di matematica, disegnano senza vincoli o svolgono un tema libero. Ma in generale, per sua natura, la scuola deve trasmettere nozioni e verificare che siano state apprese. Dunque presenta soluzioni, non problemi, e di conseguenza trascura le potenzialità creative degli studenti a favore di doti come la memoria, la diligenza, il pensiero convergente. Ancora più dimenticata è la creatività che richiede doti manuali. Con pochi laboratori e mal attrezzati, la manualità è la grande esclusa della nostra scuola. Di solito sentiamo dire che l’Italia è un paese creativo. Forse è vero nel campo della moda, del design e della gastronomia. Ma se guardiamo alle nostre esportazioni hi-tech siamo di gran lunga sotto la media europea. Per dare un futuro al nostro paese è invece indispensabile incoraggiare la creatività, e in particolare la creatività tecnico-scientifica.
Quasi tutto ciò che abbiamo intorno a noi è frutto della creatività: tv, computer, automobili, telefono, medicine; ma anche poesie, romanzi, musica, film, quadri. La civiltà stessa è il risultato di questa meravigliosa capacità di mettere insieme ciò che la natura ci offre, dai materiali ai colori, dalle fonti di energia ai fenomeni fisici, chimici e biologici. Ma il prodotto della creatività non è il semplice accostamento di vari ingredienti (tela e colori per i quadri, ingranaggi per le macchine, suoni e voci per la musica). Ciò che conta è il modo originale, innovativo e funzionale con cui questi ingredienti sono stati messi insieme.
Quali fattori possono stimolare la creatività?
Un ambiente intellettualmente aperto, non dogmatico, è il fattore fondamentale, Tecniche come quella del brainstorming possono liberare una creatività altrimenti repressa o inibita. Ma ricordiamoci che tra le doti della personalità umana, la creatività è una delle più misteriose. Memoria e apprendimento, per esempio, si valutano abbastanza facilmente. Gli esami scolastici misurano proprio queste abilità. La capacità di inventare, scoprire e creare cose nuove, risolvere un problema che per anni ha tormentato decine di scienziati, è invece una dote inafferrabile: spesso neppure l’individuo creativo è consapevole dei meccanismi che lo portano a inventare, scoprire leggi della natura, dipingere, comporre musica. Gli psicologi, tuttavia, hanno tentato di analizzare la creatività. Un buon metodo è quello di studiare come si è arrivati a scoperte e invenzioni. Famoso è il caso di Archimede, matematico greco vissuto nel III secolo prima di Cristo. Il tiranno Ierone gli aveva chiesto di verificare se la sua corona fosse realmente tutta d’oro. Il peso corrispondeva, ma l’artigiano poteva aver usato una lega di altri metalli, ingannando il tiranno. Occorreva misurare non solo il peso della corona, ma anche la densità del materiale di cui era fatta. E per misurarne la densità occorreva conoscerne il volume. Archimede provò con metodi matematici. Invano. Troppo complicato: la corona non era né un cilindro, né un cono, né una sfera. Poi, un giorno, immergendosi per fare il bagno in una vasca ben colma, notò che aveva fatto versare fuori acqua in quantità uguale al volume del suo corpo. Dunque per conoscere il volume della corona sarebbe bastato misurare quanta acqua avrebbe fatto uscire da un vaso pieno dalla forma geometrica ben misurabile. Secondo la leggenda, Archimede provò una tale gioia che balzò fuori dalla vasca e corse nudo per la strada gridando “Eureka!”, “Ho trovato”.
Questo aneddoto rappresenta bene le varie fasi di un processo creativo. C’è un problema da risolvere: accertare che la corona sia davvero tutta d’oro. All’inizio si cerca la soluzione con metodi già noti (la geometria). Se questo sistema non dà risultati, si arriva a un punto morto. Occorre guardare al problema da un diverso punto di vista. Qui si innesta l’atto creativo: mettere insieme il fatto che un oggetto, qualunque forma abbia, sposta un volume di acqua pari al proprio volume, e il fatto che l’acqua è liquida, quindi può essere contenuta in un vaso di forma geometrica regolare facilmente calcolabile (cilindro, cubo…).
Un altro modo per arrivare a soluzioni creative consiste nel procedere per prova ed errore, come ha fatto l’evoluzione biologica. L’”illuminazione” come quella di Archimede è tipica delle grandi scoperte di scienza di base. Il sistema per prova ed errore è tipico dell’innovazione scientifica e tecnologica meno radicale, ma spesso economicamente molto redditizia.
Esiste però una differenza profonda tra la creatività scientifica e quella artistica. La prima richiede la perfetta conoscenza di tutto quanto hanno già scoperto e inventato gli altri prima di noi; la seconda non ha questa necessità (anche se conoscere la storia delle arti non guasta!). Ciò dipende dal fatto che la scienza è frutto di un lavoro collettivo: le scoperte di chi ci ha preceduto sono gli ingredienti per scoprire e inventare cose nuove. Nell’arte invece conta di più la singola personalità del pittore, del musicista, del poeta. Ma in entrambi i campi la creatività deve avere delle regole. La pura stravaganza (come spesso avviene nella moda, nella musica pop o nell’arte) non è creatività. Il modo nuovo di concepire il problema da risolvere, il quadro da dipingere o la storia da raccontare è il primo passo ma dopo questo atto controcorrente (Guilford parla di un “pensiero divergente”, De Bono di un “pensiero laterale”), la creatività deve rispettare norme precise, richiede metodo e fatica. Come disse Edison parlando dei suoi 1090 brevetti, arte e scienza sono al 10 per cento ispirazione, al 90 per cento traspirazione, cioè sudore.
Piero Bianucci, dopo una laurea in filosofia e 14 anni di critica letteraria in un quotidiano, è diventato uno dei più noti scrittori scientifici. Tra i suoi ultimi libri, Camminare sulla Luna (Giunti, 2019) e Pellegrini dell’Universo (Solferino, 2022). Collabora con La Stampa, la Rai e la radio svizzera. Insegna Giornalismo scientifico in un Master dell’Università di Padova e progetta iniziative culturali. Per i ragazzi da 5 a 11 anni ha ideato e realizzato il centro didattico interattivo “Xké? – Laboratorio della Curiosità”. Per il suo lavoro di divulgatore la International Astronomical Union gli ha intitolato l’asteroide 4821 in orbita tra Marte e Giove.