
Come riuscì Mustafa Kemal Atatürk a creare dalle ceneri dell’Impero ottomano una nazione moderna e occidentalizzata?
Riuscì nel suo intento, almeno in parte, perché non bisogna mai dimenticare la dualità che caratterizza la società civile turca, che si divide in una parte occidentalizzata e moderna e un’altra più arcaica e retrograda, e che persiste tutt’ora, anche se con diverse sfumature. In linea di principio egli riuscì nel suo progetto politico attraverso l’uso di diversi strumenti, quali: la forte vocazione nazionalistica, che si concretizzava nella costruzione “artificiosa” sia della nazione Turchia, sia dei suoi cittadini. Egli riuscì a creare il perfetto cittadino turco: che parlava turco, era musulmano, istruito e dedito allo stato. Riuscì nell’immane sforzo di creare una nazione ricorrendo al sostegno popolare e dando una speranza ad un popolo che da troppi anni era alla deriva, impegnato quasi ininterrottamente da circa un decennio in guerre, l’ultima delle quali mondiale.
Su cosa ancorò il suo progetto di stato-nazione?
Da un punto di vista personale posso affermare che da grande leader quale è stato, pur con dei picchi di autoritarismo, riuscì a coagulare attorno a sé il consenso popolare e a circondarsi di persone competenti che portassero avanti il suo progetto politico. Era il classico uomo giusto al momento giusto. Da buon militare quale era, ideò una strategia vincente: popolo e potere. Diventando paladino del popolo e gestendo lo stesso potere in suo nome.
Da un punto di vista politico lo ancorò al desiderio del popolo di essere indipendente e libero da ingerenze straniere. L’occidentalizzazione era contemporaneamente strumento ed obiettivo. Rompere con il passato imperiale era la priorità per un paese che si rivolgeva all’occidente e che ad esso voleva accostarsi. Il progresso era una delle caratteristiche che la Turchia doveva possedere per poter accedere al consesso delle nazioni moderne. E progresso fu, non solo tecnologico, grazie all’aiuto tedesco ed italiano, ma anche sociale e politico: basti ricordare il ruolo che lo stato demandò alle donne e relativi diritti che furono riconosciuti, primo tra tutti il diritto al voto attivo e passivo e la riforma del diritto di famiglia.
Quale ruolo aveva l’Islam nella costruzione dell’identità nazionale?
Gli studi più recenti sull’argomento hanno dimostrato che Mustafa Kemal non intendeva affatto eliminare totalmente la religione dalla vita dei suoi cittadini. L’Islam semplicemente diventò uno strumento nelle mani dello Stato. La religione diventò, non senza problemi, un elemento da inserire nella sfera privata dei cittadini, non doveva governare e disciplinare la vita pubblica e gli affari dello stato e dei turchi. Vi è da parte dello stato una strumentalizzazione della religione, non della fede. Del resto l’apparato religioso non perse mai la sua importanza, semplicemente trovò altre vie per continuare nella sua opera sociale. Importante in questo frangente il contributo fattivo delle confraternite sufi che continuarono a rappresentare un pilastro della società turca e non solo dal punto di vista religioso.
Quali attori politici e sociali parteciparono al suo progetto politico?
Anche se il protagonista incontrastato del progetto politico: Turchia, fu Mustafa Kemal, esso si avvalse sempre della collaborazione di quelli che poi con il passare degli anni diventarono importanti uomini politici, primo tra tutti İsmet Inönü, che fu braccio destro e successore alla carica di presidente della repubblica, nonostante tra i due i rapporti fossero in qualche occasione tesi. Se invece vogliamo parlare di attori politici e sociali includente le istituzioni un ruolo prioritario ebbe l’esercito, che ebbe l’onore e l’onere di liberare quel che rimaneva dell’ormai dissolto impero ottomano e preparare la strada per la costruzione di una nuova nazione, assicurando in primis i suoi confini. Una volta determinata l’ampiezza geografica della nuova Turchia non rimaneva che costruirla per intero, nel senso che era necessario “costruire” innanzitutto una nuova identità nazionale, che ripudiava il passato e si proiettava in un futuro semisconosciuto dai più, con una marcata impronta occidentale. Bisogna considerare che la stragrande maggioranza della popolazione non aveva idea di cosa fosse l’appartenenza ad una nazione e il concetto di Stato era diluito dall’esperienza imperiale, che prevedeva la presenza di diverse etnie che avevano convissuto più o meno pacificamente per secoli. Nella costruzione della Turchia moderna l’elemento turco prende il sopravvento a caratterizzare tutta la storia recente della giovane nazione. Per riuscire nell’obiettivo di costruire questa nuova realtà statuale Mustafa Kemal chiamò a raccolta tutti i possibili attori sociali, dai movimenti femministi, ai circoli più progressisti, eliminando dalla scena pubblica quanti riteneva retrogradi e anti moderni.
Quali resistenze incontrò Atatürk?
Un progetto politico che prevedeva la creazione ex novo di una nazione ovviamente non poteva non incontrare delle resistenze. In questo caso Mustafa Kemal ne incontrò di numerose e di vigorose. Esse arrivarono da diversi ambienti. Forti furono quelle che arrivarono dagli ambienti religiosi che mal tolleravano la strumentalizzazione dello stato rispetto al loro ambito. Ma non furono le sole: poco conosciute ma non per questo meno importanti, le resistenze portate avanti da intere tribù curde, che non avevano intenzione di piegarsi all’omologazione voluta dal governo, che voleva creare solo cittadini turchi, fedeli alla nuova nazione. Numerose furono le rivolte, represse nel sangue, che videro la distruzione di intere tribù o la migrazione forzata di esse in territori lontani da quelli di origine, in modo da spezzare i legami tribali e il sostegno ai ribelli. Altre resistenze arrivarono dagli ambienti politici che lo stesso Kemal aveva creato: alcuni dei suoi più stretti collaboratori, con i quali aveva condiviso il periodo della guerra di indipendenza o il primo periodo repubblicano lo avversarono perché notarono un repentino cambio di linea politica, con un accrescimento esponenziale del potere nelle mani dell’uomo unico. Inoltre, la democrazia non era reale, nel senso che vi era un solo partito che deteneva il potere, il partito kemalista. Alla lunga questa situazione creò delle fratture in seno alla classe dirigente che vide numerose defezioni e in alcuni casi esili più o meno volontari.
Come si manifestò la trasformazione in atto nel paese?
Ogni ambito della vita dei cittadini turchi cambiò, rispetto al passato imperiale. La trasformazione in atto toccò sia l’aspetto personale sia quello pubblico dei turchi. In linea con la netta rottura con il passato imperiale si misero in campo tutta una serie di riforme che interessarono ad esempio: la lingua, con l’introduzione dell’alfabeto latino e il divieto di utilizzare parole che avessero origine persiana o araba; cambiò il vestiario che il buon cittadino turco doveva indossare, doveva essere di foggia occidentale, sia per gli uomini che per le donne; fu riformato il sistema giuridico, mutuato dai codici europei, svizzero e italiano in particolare; furono riformate le scuole e i relativi programmi scolastici, fu riscritta la storia della Turchia, che rinnegava tenacemente il passato e poneva nuove basi per fornire una legittimazione al nuovo potere statale kemalista; fu riformata la costituzione. Potremo continuare a lungo indicando ad esempio: la legge che impose ai turchi la scelta di un cognome, ovviamente di etimologia turca; la legge che fece diventare la moschea di Santa Sofia un museo (recentemente si è invertita questa decisione, suscitando grande scalpore a livello internazionale); si impose il giorno di riposo dalle attività lavorative, scegliendo la domenica, come da tradizione cristiana, per sottolineare un avvicinamento all’occidente. Non bisogna poi dimenticare tutte le leggi che di fatto diedero preminenza all’elemento turco della popolazione discriminando gli esponenti delle minoranze, come ad esempio il divieto di svolgere determinate professioni o mestieri, dal medico al cocchiere.
Oltre ciò poniamo l’accento sui cambiamenti che interessarono le donne e i diritti che indirizzano verso la parità di genere. Il diritto di voto, l’istruzione obbligatoria, il nuovo diritto di famiglia, la possibilità di accedere al mondo del lavoro, quando in precedenza le donne erano limitate alle attività della sfera domestica. Tutte queste misure, assolutamente progressiste per il periodo avevano due obiettivi: uno era quello di fornire all’estero un’immagine moderna della nuova Turchia e le questioni di genere sono da sempre utilizzate e strumentalizzate dai governi che cercano di costruirsi un’immagine positiva: l’altro obiettivo rientrava nella politica interna: creare una donna al servizio dello stato che avrebbe cresciuto ed educato uomini fedeli ad esso.
A distanza di quasi un secolo dalla fondazione della Repubblica turca, e in piena era Erdoğan, quale bilancio si può trarre del progetto di Mustafa Kemal Atatürk?
Nel corso degli anni il progetto politico di Mustafa Kemal e il kemalismo con esso, è stato al centro di intensi dibattiti interni alla nazione. Ha subito degli aggiustamenti e delle modifiche. Rimane però nella società civile turca un forte attaccamento a questo modello, soprattutto da parte delle classi dirigenti e da quella fetta della popolazione urbanizzata che ha vissuto ed è stata educata secondo i principi kemalisti. Dopo cento anni la figura di Atatürk è ancora molto forte nell’immaginario collettivo. Ma la Turchia sta cambiando, niente rimane statico in eterno, cambiano le priorità e cambia il pensiero politico. Oggi in quella che non definirei piena era Erdoğan, ma il periodo finale della parabola politica del presidente della repubblica, si notano infatti già da tempo le disfunzioni nel suo governo, tra le tante il recente accentramento di potere nelle sue mani che se da un lato dimostra tutto il suo potere dall’altro, e lo sappiamo storicamente, denota una intrinseca debolezza, il kemalismo rappresenta l’opposizione. L’attuale debolezza richiama in campo anche Atatürk, personaggio cardine che Erdoğan sta cercando di sostituire nella cultura popolare. Ci si potrebbe chiedere cosa è rimasto della Turchia voluta e costruita con un “progetto di ingegneria politica” da quello che ancora è considerato il padre della Patria. È rimasta la Turchia. Questa nazione nata dal nulla e dalla disperazione della guerra è frutto della volontà di un uomo e del suo entourage e pur nelle difficoltà essa è protesa verso il futuro. In questo momento sta attraversando un periodo in cui i governati stanno ponendo l’accento sul nazionalismo, che è un tratto caratteristico della politica turca e sul populismo, per riuscire a risolvere i gravi problemi economici, derivanti anche dallo strenuo sforzo di far diventare la Turchia un paese centrale nello scacchiere mediterraneo e medio orientale. Operazione dispendiosa che la Turchia potrebbe non essere in grado di sostenere.