
di Andrea Jelardi
Mondadori
La biografia di Luciano De Crescenzo
Per l’ingegnere napoletano, classe 1928 e di famiglia borghese, il successo arride grazie a Maurizio Costanzo, che lo invita, nel 1978, ospite del suo talk show «Bontà loro», in onda sul primo canale Rai, per presentare il suo primo libro filosofico-umoristico, appena pubblicato e intitolato Così parlò Bellavista. De Crescenzo, che ha percorso le tappe di una brillante carriera alla IBM, poco prima del cinquantesimo compleanno, ha infatti deciso di cambiare radicalmente vita per fare lo scrittore.
«Personalità fra le più poliedriche degli ultimi decenni, Luciano De Crescenzo ha tra i suoi meriti maggiori – ma anche mal digeriti da certa critica – quello di aver divulgato materie specialistiche come la filosofia, la mitologia e l’informatica, e contemporaneamente di essere riuscito a diffondere un’immagine obiettiva e senza dubbio coinvolgente dell’amatissima Napoli […].
Carismatico, colto, affabile e simpatico, è stato infatti l’unico autore italiano ad aver avuto, con caparbietà e coraggio, la capacità di far parlare in dialetto partenopeo i filosofi e gli dei dell’antica Grecia e persino i computer, mentre contemporaneamente – senza clamori né polemiche – restituiva ai napoletani la dignità perduta, l’anima, il colore e il folklore […]. Talvolta critico e talvolta indulgente, ma sempre appassionato, lucido e autoironico, ha infatti svelato al mondo intero l’essenza della sua città […].
Giocando sull’eterno contrasto italiano fra Nord e Sud e utilizzando come termini di paragone Napoli e Milano, ha elaborato la sua celebre teoria filosofica degli uomini d’amore e degli uomini di libertà, dimostrando che un loro incontro è possibile perché in fondo «si è sempre meridionali di qualcuno», ma ha pure tracciato – attraverso il racconto di semplici «fattarielli» – un profilo organico dell’epicureismo partenopeo, ovvero uno stile di vita fondato sulla relatività, sull’ottimismo, sulla speranza e sul limitato impegno […].
Creatore del professor Gennaro Bellavista, famosissimo protagonista di libri e film e suo alter ego, l’ex ingegnere ha incarnato nella seconda vita da scrittore e uomo di spettacolo il napoletano borghese, colto, saggio e divertente, appassionato e geloso custode non soltanto dei valori, ma anche dei contrasti e dei luoghi comuni partenopei […].
Incomparabile raccontatore ed eccellente divulgatore, nel contempo ha fatto appassionare praticamente chiunque ad argomenti che fino ad allora terrorizzavano gli editori e gli autori televisivi poiché non interessavano quasi nessuno, e ci è riuscito semplicemente parlando ovunque con disinvoltura di filosofia, mitologia, storia e informatica, sempre con uno stile sobrio, divertente, leggero, in cui la cultura si mescola alla quotidianità […].
Una personalità effettivamente troppo vulcanica e poliedrica per rientrare in una categoria definita, ma al tempo stesso un uomo geniale e imprevedibile che amava molto parlare degli altri e poco di se stesso, tanto da confessare, dopo aver pubblicato nel 1989 la prima autobiografia: «Nel libro tutto c’è tranne che la mia vita, c’è la vita di quelli che ho incontrato».
In quelle pagine invece Luciano rivive nei ritratti del bambino che fu compagno di scuola e di giochi di Bud Spencer, del ragazzo che patì la fame durante la guerra, del goliarda degli anni universitari quando fu allievo del matematico Renato Caccioppoli ma si arrangiava a fare il ragioniere in una casa d’appuntamenti, dell’ingegnere disoccupato che vendeva tappeti e diventò poi dirigente della più grande azienda informatica del mondo. […]
Un autore del quale Napoli è stata la massima musa ispiratrice […] amatissimo dalla gente che – come tutti i grandi – non tarderà a essere riscoperto e pienamente rivalutato anche dalla critica per aver fatto cultura divertendo, cesellando piccoli capolavori letterari e cinematografici con la razionalità dell’ingegnere e l’acume del filosofo, animato dalla passione e dallo spirito ineguagliabile, struggente, sincero e dissacrante dell’autentico napoletano.»