«Con la dottrina delle upaniṣad, il fulcro del karman si sposta nel campo dell’etica, e individua il risultato dell’azione compiuta, inteso come un frutto (phala) suscettibile di recare conseguenze in questa stessa vita o nelle successive. La dottrina sacerdotale prevede tre tipi principali di azione: intrapresa, accumulata, di là da venire (prārabdha, sañcita, āgāmin). L’azione intrapresa, prārabdhakarman, indica quelle impregnazioni subconscie (vāsanā) che, prodotte dagli atti compiuti nelle esistenze precedenti a quella presente (definibile come quella già iniziata e non ancora terminata) dall’individuo, sono destinate a essere in essa fruite. Sono così forti che la loro riattualizzazione dovrà necessariamente verificarsi nel corso dell’esistenza attuale, senza poter essere procrastinata in un futuro più lontano.
La medesima origine, le esistenze precedenti l’attuale, ha l’azione accumulata, sañcitakarman, le cui vāsanā rimangono però latenti nell’esistenza presente per manifestarsi solo in quelle future, perché solo allora saranno “mature”, pronte cioè a essere esperite nella loro pienezza. L’azione di là da venire, āgāminkarman o sañcīyamānakarman infine è costituito dai frutti (phala) di quegli atti che, compiuti nella presente esistenza, matureranno e saranno perciò fruibili solo nelle successive.» – tratto da Dizionarietto di sanscrito per filosofi di Alberto Pelissero, Morcelliana editrice