“Contro i cristiani” di Porfirio

Contro i cristiani, Porfirio«Il fatto che l’edizione dei frammenti del Contro i cristiani di Porfirio (Tiro, 233 d.C. – Roma, 305 d.C.) sia stata realizzata proprio da Adolf von Harnack (Dorpat, 1851 – Heidelberg, 1930) è, a prima vista, del tutto paradossale. Come mai, infatti, un teologo protestante che si era già distinto nei decenni precedenti per la tesi della ellenizzazione del cristianesimo (Hellenisierung des Christentums) – un fenomeno, a suo giudizio, storicamente spiegabile, ma da superare a favore della de-ellenizzazione, già propugnata da Lutero – si interessò a Porfirio, un filosofo neoplatonico del III secolo, fenicio di origine, campione dell’ellenismo e fieramente anticristiano? E come mai Harnack dedicò almeno dieci anni della sua vita (dal 1911 al 1921) alla raccolta dei frammenti del Contro i cristiani di Porfirio?

La prima risposta che verrebbe in mente è che il teologo tedesco si avvicinò a Porfirio con lo stesso intento apologetico dei Padri della Chiesa, sia greci che latini, che risposero polemicamente alle tesi del Contro i cristiani nei numerosi scritti intitolati Contro Porfirio, e che quindi costituiscono la fonte – a loro volta frammentaria – per la ricostruzione dell’opera (andata perduta, perché proscritta già da Costantino nel 313 d.C., e poi definitivamente data alla fiamme in ogni sua copia nel 448 d.C., per ordine congiunto degli imperatori di Oriente e d’Occidente, i cugini Teodosio II e Valentiano III, successori rispettivamente di Arcadio e di Onorio). […]

Negli stessi anni in cui Clemente e Tertulliano […] elaboravano le due diverse concezioni della dottrina cristiana, ad Alessandria, probabilmente tra il 175 e il 180 d.C., Celso sferrò il primo significativo attacco culturale alla nuova fede (in realtà, per essere precisi, ci sono altri casi di poco precedenti o coevi, quali Frontone di Cirta e Luciano di Samosata), nello scritto intitolato Alethes Logos (che generalmente viene tradotto come Discorso vero, ma che si potrebbe tradurre più correttamente come Il vero Logos). In questo scritto, che conosciamo dalla confutazione fattane da Origene nel Contro Celso, il filosofo alessandrino risponde evidentemente a Giustino, sviluppando una polemica contro la figura di Cristo sia sul fronte ellenico sia sul fronte ebraico. La strategia ellenica di Celso è portata avanti con gli strumenti della filosofia: Gesù Cristo – un uomo in carne ed ossa – non può essere il Logos divino, perché mai Dio potrebbe farsi corpo, cioè materia. […] Diversa, ma non per questo meno interessante, è la strategia ebraica di Celso, portata avanti con gli strumenti della filologia: Cristo non può essere il Messia annunciato dai profeti di Israele, perché, a una lettura più attenta della Bibbia, non risulta affatto che le profezie si siano avverate nella vita terrena di Gesù; anzi, a giudizio di Celso, appare evidente che gli evangelisti hanno forzato il senso dei libri profetici e hanno adattato maldestramente le profezie agli episodi della vita di Gesù. Questa doppia strategia è anche condita da una serie di ingiurie e calunnie nei confronti di Gesù, che sarebbe stato un mago e un ciarlatano, e avrebbe ingannato il suo popolo. […]

Porfirio fu uditore di Origene in gioventù, in quanto il teologo alessandrino si era trasferito a Cesarea (in Palestina) già nel 231, ove fondò un’altra scuola catechetica (in cui si formò Eusebio qualche anno più tardi), per morire poi a Tiro nel 254, la città fenicia dove Porfirio era nato nel 233. Porfirio doveva avere quindi tra i diciotto e i vent’anni e, secondo alcune testimonianze (che si trovano tutte nella presente raccolta di Harnack), era anche cristiano. Poi, stando alle medesime testimonianze, abbandonò la fede in Gesù Cristo, e andò girovagando alla ricerca di altri maestri, quali Longino ad Atene (da cui apprese il rigore filologico) e Plotino a Roma (di cui ereditò lo spessore filosofico). In tarda età maturò una fiera avversione per il cristianesimo, il che lo portò a scrivere il Contro i cristiani forse anche, stando a Lattanzio, in funzione della politica anticristiana di Diocleziano; e a sviluppare una dottrina teologica e una produzione allegorica esegetica del tutto alternativa a quella di Origene, ma anche molto diversa da quella di Celso.

Le maggiori differenze tra Celso e Porfirio sono due: se Celso aveva attaccato direttamente Cristo (come impostore e imbroglione), Porfirio se la prende invece con i cristiani (con gli evangelisti, ma soprattutto con Origene), che hanno fatto di Gesù un dio e hanno causato così grandi sventure ai medesimi seguaci del Maestro. […] La seconda differenza consiste nell’uso dell’allegoria come criterio ermeneutico: Celso la rigettava del tutto, mentre Porfirio la ammette, ma a determinate condizioni; si può interpretare allegoricamente un testo solo a condizione che l’autore di quel testo abbia voluto celare verità più profonde sotto la lettera; questo, per Porfirio, non si può dire della Bibbia, ma si può dire di Omero e dei poeti greci ispirati.»

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