“Confini. Storia di frontiere, muri e limiti da Roma a Schengen” di Fausto Andrea Marconi

Dott. Fausto Andrea Marconi, Lei è autore del libro Confini. Storia di frontiere, muri e limiti da Roma a Schengen edito da Passaggio Al Bosco: quando nasce il concetto e la pratica del confine?
Confini. Storia di frontiere, muri e limiti da Roma a Schengen, Fausto Andrea MarconiLa pratica del confine è antica quanto lo è la civiltà umana. Si badi bene, non l’umanità, ma la Civiltà umana. Sul quando nasce il concetto di confine non avrei risposte, anche perché si parla di preistoria e non si hanno dunque fonti scritte e documentarie per rispondere in maniera oggettiva a questa domanda. Ma non penso di andare molto lontano se vi dico che il concetto di confine è antico quanto lo è la nostra civiltà. C’è pure qualcuno che sostiene che la delimitazione territoriale sia un istinto animale presente da sempre nella nostra natura, non è forse innato pure negli animali? Che delimitano il proprio territorio per nutrirsi attraverso la caccia o per difendere i propri cuccioli? Occupandomi di storia però non posso sostenere tale tesi, perché non avendo prove storicamente attendibili non è possibile dare una risposta esatta. Per quanto riguarda invece la “pratica” del confine posso essere più preciso. Essa infatti nasce quando nasce la civiltà. Questo perché le comunità agricole dovevano darsi un ordine ed una divisione che non era invece necessaria per le tribù di cacciatori-raccoglitori. L’attività agricola prevede infatti lo stanziamento e la sedentarietà. È molto interessante, a riguardo, notare come in tutte le religioni antiche, la prima pratica che l’uomo riconosce della divinità è quella di dividere, ordinare e delimitare. Tutte azioni legate al concetto e alla pratica del confine. Che l’universo derivi dal Caos primigenio o sia stato creato direttamente da Dio, l’azione divina è infatti sempre rivolta alla giusta e corretta disposizione delle cose nel Cosmo. Così come il Dio della Bibbia colloca i pesci nel mare, gli uccelli nel cielo, e l’uomo e gli animali sulla terra, allo stesso modo il dio di Ovidio o Esiodo assegna confini precisi ad ogni cosa. Dal tutto indistinto del Caos, gli dèi, o Dio, danno forma alla vita compiendo diverse separazioni. Niente è più lasciato al caso, ovvero, al Caos. Un’altra parola che spiega bene questo concetto è Kultur, che in tedesco significa “civiltà”. Kultur deriva dal latino colere, coltivare, che è all’origine del nostro “cultura”, cioè qualcosa che va coltivato con cura ed attenzione. Al contrario di civiltà o cultura, Kultur racchiude entrambe, esprimendo con chiarezza il legame che esiste fra la civiltà e l’agricoltura; e quindi la delimitazione dei campi e del lavoro: il limite.

Quale ruolo hanno giocato i confini nella storia dell’umanità?
I confini hanno svolto un ruolo vitale nella storia dell’umanità intera, dalle Americhe fino all’Asia, dall’Europa all’Africa più profonda. I confini non sono infatti da intendersi solo come frontiere, come delimitazioni fisiche o meno fra una comunità vicine e rivali. “Confini” sono infatti anche tutte quelle limitazioni etiche, morali e civili che hanno interessato le diverse comunità umane della Terra. Confini sono le regole e le leggi che gli uomini si sono autoimposti per limitare la propria libertà e garantire la pace e l’ordine nella propria comunità. Ma i confini non sono solo questo, i confini infatti sono alla base della stessa civiltà umana. Dico questo perché la civiltà umana, come la conosciamo noi, è nata proprio quando l’uomo ha lentamente abbandonato la vita nomade e seminomade delle grandi migrazioni per abbracciare l’agricoltura, proprio come dicevo prima. L’agricoltura, di fatto, non è di per sé stessa un delimitare, confinare, proteggere e dividere? Le prime comunità umane che hanno conosciuto e sviluppato l’agricoltura si sono dovute fermare in un posto, e in questo luogo hanno creato non solo campi, ma anche case, villaggi e città. Gli archeologi hanno addirittura identificato il muro più antico del mondo, trovato proprio in Mesopotamia, e datato a circa 6000 anni fa se non erro. E questo non lo dico per dire, per scrivere questo volume ho raccolto numerose fonti storiche che provano il profondo rispetto e l’attenzione che le antiche civiltà avevano per i confini. Egiziani, Greci, Romani, tutte le antiche civiltà della storia riconoscevano addirittura nei confini un che di sacro, di divino. Per esempio nell’antico Egitto il Faraone, dio vivente e guida suprema di tutto il popolo, era considerato il difensore del popolo e i confini del regno erano una sua incarnazione. Lo stesso valeva per le pietre di confine utilizzate da Greci e Romani. Il secondo re di Roma, Numa Pompilio, istituì una legge che puniva con la morte coloro che spostavano le sacre pietre di confine che dividevano fra loro non solo i campi, ma anche il territorio della città di Roma da quelli delle città vicine. L’importanza dei confini nella storia umana è davvero onnipresente, basti pensare all’attuale sistema di Stati-Nazionali che si riconoscono proprio in base alla sovranità che ognuno ha su un determinato territorio. Una situazione mondiale questa, che non dobbiamo dare per scontata ma che è andata definendosi nel corso degli anni, a partire dall’età moderna e dai trattati di Augusta (1555) e di Westfalia (1648).

Quale valore avevano i confini nella cultura romana?
Il confine, sia esso religioso, morale, etico o civile, aveva nella cultura romana un ruolo centrale. Anzi, direi che senza il confine non sarebbe mai esistita una civiltà romana. Poiché Roma nasce quando Romolo, re e sacerdote, incide con un vomere di bronzo il sulcus ed il pomerium nella terra del colle Palatino. Roma comincia ad esistere quando la volontà divina si manifesta sul terreno del Lazio; sono gli dèi a benedire questo rito fondativo che hanno approvato e voluto. Fra i due fratelli è Romolo il prescelto; è lui che, attualizzando il volere divino, deve compiere l’imprese e fondare una nuova comunità. E Non è un caso che sia proprio Romolo e non Remo, che sarebbe il primo dei due ad essere nato, ad avere il diritto divino di dar vita alla nuova civitas. Infatti, Romolo rappresenta il perno fra l’umano ed il divino. Il futuro re lascia l’ambiente pastorale per costruire una città, una comunità nuova ben ordinata e definita. Al contrario di Remo che fallisce l’iniziazione giovanile per diventare Uomo, Romolo la supera, diventando cittadino e padre. Roma è quindi ordine e civiltà, sia sacro che politico, gli storici parlano infatti di “rivoluzione romulea”. Bisogna prestare però attenzione quando si parla della civiltà romana si tende ad elogiare il muro, come il Vallo di Adriano o il fantomatico limes, di per sé stesso. Ma il muro fisico non è niente in confronto alla sua importanza sacrale e spirituale. E chi non comprende questo, è destinato a cadere, come Remo, che è ancora legato al mondo non civilizzato e non capisce l’importanza delle mura, la quale travalica la loro forma fisica. Da questa incomprensione deriva lo scherno al fratello divenuto re e sacerdote e l’affronto del salto delle mura. Remo non solo non capisce, ma rifiuta la valenza sacrale, politica e ordinatrice del rito che Romolo sta eseguendo. Remo non riconosce l’importanza spirituale del muro e per questo viene punito istantaneamente con la morte.

La Grande Muraglia Cinese costituisce forse la rappresentazione più icastica del concetto di confine: quali vicende ne hanno segnato la storia?
La storia della Grande Muraglia Cinese è molto simile a quella di quasi tutti le muraglie ed i muri costruiti nell’antichità dalle civiltà tradizionale. Il suo ruolo di “argine” e di “barriera impenetrabile” era ridotto rispetto alla loro vera funzione, ovvero quella di filtro. Al pari delle dogane e delle barriere del nostro tempo infatti, la Grande Muraglia Cinese, così come il Vallum o il Fossatum romano in africa del nord, servivano al contempo per contenere le minacce dei popoli barbarici al di là del confine ed allo stesso tempo come filtro. Queste costruzioni erano sempre alla frontiera che gli imperi civilizzati condividevano coi grandi spazi delle popolazioni nomadi o seminomadi, e quindi, per i popoli civilizzati, “barbare e incivili”. Ciononostante bisogna stare attenti: le grandi civiltà imperiali, come Roma e la Cina, hanno costruito queste grandi “muraglie” anche per esportare la propria civiltà. Costruzioni come il Vallum o la Grande Muraglia significavano strade, mercati, caserme, templi e tutto il resto. Poi, essendo un filtro, permettevano l’uscita o l’ingresso nel territorio imperiale o da questo di mercanti e commercianti. Entrambi gli imperi regolamentavano molto severamente i passaggi attraverso la frontiera. Purtroppo noi oggi siamo abbastanza suggestionati dall’idea del muro impenetrabile, influenzati dalla letteratura e dal sapere comune, un misto fra la Barriera di Martin e di Game of Thrones e l’idea del Limes irto di pali aguzzi e fortezze; abbastanza lontana dalla realtà.

Come si è evoluta la nozione di confine nel mondo medievale e moderno?
Onestamente devo dire che per spiegare questo cambiamento è servito un libro intero, sarebbe difficile ridurre il tutto in poche parole. Però, per arrivare all’essenza, il cambiamento è avvenuto quando l’Europa ha iniziato a guardare al confine in maniera diversa, propriamente più “moderna”. Il confine infatti, fino alla piena età medievale, era un qualcosa di politico e civile ma anche religioso allo stesso tempo. Questo non significa che i confini e le frontiere fossero sacre ed inviolabili o che fosse impossibile superarle, ma esisteva tutto un rapporto diverso. Esisteva il Sacro Romano Impero che univa al suo interno, senza livellare le differenze, popoli e regni diversi, esisteva il Papato, che univa sotto un unico cielo tutto il cristianesimo. La rovina di questi due ordini sovra spirituali e metapolitici furono fra le origini del Mondo Moderno. Se il Medioevo era decisamente legato alla tradizione romana e al concetto romano di frontiere, nell’età moderna osserviamo un’evoluzione nuova, che seguiva i mutamenti avvenuti negli Stati stessi. I punti focali di questo processo storico furono due: la pace di Augusta del 1555, e gli accordi di Westfalia del 1648. La seconda soprattutto è stata riconosciuta come “il vero e proprio atto di nascita del moderno stato nazionale”, e di conseguenza anche del sistema delle frontiere oggi mondialmente riconosciuto ed accettato. Una prima sistemazione dei conflitti causati dalla Riforma protestante, (1525), si ebbe con la pace di Augusta. Con questo trattato si affermò per la prima volta nella storia la “sovranità nazionale”. Con la formola cuius regio eius religio. Sarà solo con la definitiva formazione e imposizione degli Stati-Nazionali che il concetto moderno del confine prenderà il sopravvento. Si parla infatti di con-fine, di finis (cioè fine, confine in latino) condiviso, e non più di finis, di frontiere imposte da un grande impero. Vi è una reciproca presa di coscienza.

Cosa ha significato la Cortina di ferro per i confini moderni? 
La cortina di ferro come il Muro di Berlino sono stati confini del tutto anomali, nel senso che erano diverso dai muri a cui siamo stati abituati nel corso della storia umana. I muri tradizionali, come abbiamo visto prima, erano filtri e punti di civilizzazione e collegamento fra un mondo civilizzato ed uno più barbarico, non inferiore, ma tendenzialmente non sedentario. Mentre la cortina di ferro impostasi nel corso del XX secolo era totalmente alieno alle civiltà de grandi imperi tradizionali come quello Romano o quello Cinese. La cortina di ferro, a mio avviso, era anomala per due motivi: il primo era il fatto che, in Germania, divideva lo stesso popolo. La seconda era la sua forma provvisoria; nel senso che lungo la linea di ferro si è combattuta quella guerra fredda fra i due grandi vincitori della II Guerra Mondiale: l’occidente materialista e capitalista democratico, e l’oriente materialista comunista monopartitico. Due facce della stessa medaglia. Per l’Europa la cortina di Ferro fu una lenta agonia, e bisogna essere estremamente felici della sua fine. Scrivendo il libro ho pure scoperto chi è stato il primo ad utilizzare questo termine, e non fu Churchill come tutti credono, non svelerò però il segreto…

Gli accordi di Schengen hanno abbattuto frontiere interne tra gli Stati membri dell’UE: è la prima volta che ciò accade nella storia?
Sì e no. Bisogna però fare attenzione a non generalizzare, nel senso che il caso dell’Unione Europea è unico nella storia. Stiamo infatti parlando di un’Unione che è economica, prima che politica, e non ha al suo centro una costituzione ma dei trattati. È dunque uno Stato non Stato, i cui membri sono liberi di entrare ed uscire, vedere Brexit, ma soprattutto hanno ancora una sovranità nazionale più o meno forte. Vi starete chiedendo perché allora ho risposto così evasivamente. Il fatto è che lo Stato Nazionale Moderno, figlio della rivoluzione francese, nasce proprio con l’abbattimento delle frontiere e dei confini interni fra le tante piccole patrie e comunità che componevano lo Stato Composito della prima età moderna. Quindi si, è già avvenuto in quasi tutta Europa al volgere del XIX secolo e no, è la prima volta che accade fra Stati -ipoteticamente- sovrani.

Quale funzione possono svolgere oggi, al tempo della globalizzazione planetaria e dell’immigrazione di massa, i confini?
Oggi più che mai i confini e le frontiere sono sotto violento attacco. Globalizzazione, internet, missili intercontinentali e comunità sovranazionali totipotenti ne minacciano l’esistenza. I confini sono messi a dura prova soprattutto dalla finanza e dal capitalismo che meno confini hanno meglio possono circolare liberi per il mondo. Se devo dire la mia, però, mi auguro che i confini continuino a fare quello per li abbiamo inventati: proteggere e filtrare. Confine non significa infatti muro invalicabile, chiusura e necessariamente isolamento. La frontiera ha un suo compito specifico e serve a filtrare, a dividere e non isolare. Come dicevo prima, pure le grandi muraglie della storia permettevano il passaggio attraverso di esse. L’immigrazione soprattutto ha bisogno di confini, perché si deve dividere ciò che è utile alla comunità da ciò che gli è nocivo, penso ad esempio a tutti quei terroristi legati al Daesh che sono fuggiti dalla Siria in seguito alla sconfitta militare dello Stato Islamico, dove sono? Come facciamo a non sapere che sono già in Europa? Servono i controlli, ma non per escludere, semplicemente per proteggere l’ordine e la pace.

Quale futuro, a Suo avviso, per i confini?
Non un futuro roseo, sicuramente, se le cose andranno avanti così. Non saranno infatti i muri, o i ponti o i ponti levatori a salvare l’umanità. Men che meno l’Umanità si salverà cancellando ogni frontiera, anzi, questo sarebbe il primo passo verso il Caos e l’anarchia sovrana. Il problema è che parlando di confini si persa la bussola e il discorso è diventato ideologico. Io spero vivamente che si ritorni a guardare le cose per il verso giusto, senza il velo dell’ideologia e della fazione politica. Confine vuol dire civiltà, vuol dire filtro e protezione, e senza questa sicurezza rischiamo di andare incontro a crisi come quella di questi giorni legata al Coronavirus che si sta diffondendo per il paese. Bastavano dei controlli poco invasivi alla frontiera, eppure non sono stati fatti.

Fausto Andrea Marconi è originario della provincia di Brescia e diplomato al liceo classico della città. Dal 2016 è uno dei fondatori del giornale online Oltre la Linea, (www.oltrelalinea.news), di cui è vice-responsabile. Su Oltre la linea si occupa principalmente di storia, storia del pensiero, storia militare, filosofia e storia delle religioni. Ha conseguito una laurea in Storia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Da anni collabora con diverse realtà locali e nazionali occupandosi di filosofia, storia e politica. Il volume Confini, storia di frontiere muri e limiti da Roma a Schengen per Passaggio al Bosco Edizioni è la sua prima pubblicazione.

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