
Il tipo di tesi a cui il libro fa riferimento è quello che si elabora nelle facoltà umanistiche, con particolare attenzione, negli esempi, alla facoltà di lettere e filosofia, trattandosi di quella frequentata dall’autore. I consigli sono tuttavia applicabili anche ad altre facoltà umanistiche, nonché, negli aspetti generali se non nel metodo, anche alle tesi sperimentali delle facoltà scientifiche.
Nel primo capitolo l’autore chiarisce innanzi tutto che cos’è una tesi di laurea e a che cosa serve; si addentra quindi nelle modalità di stesura vere e proprie: la scelta dell’argomento, i metodi di ricerca del materiale, il piano di lavoro.
Il primo importante consiglio che Eco fornisce, apparentemente ovvio ma in realtà per nulla banale, è che “chi vuol fare una tesi deve fare una tesi che sia in grado di fare”. Ciò implica non soltanto un’adeguata scelta dell’argomento, ma anche la valutazione delle “forze” dello studente, in termini di tempo da dedicare al lavoro da svolgere, di conoscenze linguistiche, di possibilità di consultare le fonti bibliografiche.
In relazione alla scelta dell’argomento, Eco fornisce quattro suggerimenti, naturalmente indirizzati a coloro che, per svariate ragioni, non siano costretti ad affrontare un argomento già preventivamente scelto dal relatore. In primo luogo, il tema scelto deve rispondere agli interessi del candidato. È poi opportuno che le fonti a cui debba ricorrere siano facilmente reperibili, oltre che maneggiabili, ossia facilmente comprensibili dal candidato stesso e infine che il quadro metodologico scelto sia alla portata dell’esperienza del candidato. Anche l’estensione dell’argomento è importante: è deleterio selezionare un tema troppo vasto, poiché sarà evidente che lo sforzo richiesto per trattarlo in modo approfondito, oltre che per dire qualcosa che non sia già stato detto, sarà eccessivo per il singolo studente. Eco consiglia quindi di limitarsi a trattare un tema molto specifico, in modo da poterlo sviscerare adeguatamente e conoscerlo a fondo. Nel caso in cui scelga di dedicarsi a uno specifico autore, Eco suggerisce ancora di evitare, se possibile, autori contemporanei, l’approccio ai quali risulta più complesso: “Sull’autore antico esistono almeno delle griglie interpretative sicure su cui si può ricamare, mentre sull’autore moderno le opinioni sono ancora vaghe e discorsi, la nostra capacità critica è falsata dalla mancanza di prospettiva, e tutto diventa enormemente difficile”.
Il problema delle fonti è uno degli aspetti che Eco tratta in modo più ampio ed è sicuramente un argomento di estrema importanza e attualità. Benché sia evidente che nel 1977 gli studenti avessero a disposizione modalità di ricerca molto diverse da quelle che hanno a disposizione oggi, le riflessioni di Eco su questo aspetto sono forse ancora più valide oggi di quando sono state scritte.
Eco, infatti, sottolinea la fondamentale differenza tra “fonti” e “letteratura critica”, da tener sempre ben presente per chi si appresta ad elaborare una tesi: la letteratura critica è “fonte di seconda mano”, ossia appunto solo un’elaborazione delle fonti primarie. I resoconti fatti da altri autori, sia pure integrati da ampissime citazioni, non sono una fonte, ma al massimo sono da considerare fonti di seconda mano. Si tratta di un aspetto fondamentale: anche se apparentemente le fonti sembrano più facilmente reperibili rispetto agli anni in cui Eco scriveva (forse ad esempio lo studente non sarà più tenuto ad andare a Buffalo a consultare il manoscritto originale dell’Ulysses di Joyce, per citare l’esempio di Eco, ma potrà reperirne una comoda scansione sul sito web della biblioteca), può risultare più complesso discernere chiaramente tra le fonti primarie, ossia la voce dell’autore, da rielaborazioni inserite sul web, che possono essere gravate tagli e omissioni.
Ancora, tali fonti primarie, ma anche i testi principali della letteratura critica sull’argomento devono risultare accessibili. “Da questi problemi”, ammonisce Eco, “non si esce decidendo di lavorare solo su quel che si ha, perché della letteratura critica si deve leggere, se non tutto, almeno tutto ciò che conta, e fonti bisogna avvicinarle direttamente”.
A tal proposito c’è la questione della lingua, tema sul quale Eco è perentorio: non si può fare una tesi su un autore straniero se questo autore non viene letto in originale; non si può fare una tesi su un argomento se le opere più importanti su di esso sono scritte in una lingua che non si conosce, non si può fare una tesi su un autore o su un argomento leggendo solo le opere scritte nelle lingue che si conoscono.
Passando poi ad esaminare il lavoro pratico di stesura della tesi, l’autore consiglia approcciare prima di tutto proprio quegli elementi che molto spesso si tende a stilare alla fine, ossia titolo, introduzione e indice. Naturalmente tutti e tre questi elementi potranno subire delle variazioni in corso d’opera, ma porvi una certa attenzione all’inizio permette allo studente di comprendere meglio su che cosa si vorrà focalizzare e iniziare a preparare un piano di lavoro, che prenderà la forma di un indice provvisorio. La prima bozza dell’introduzione servirà invece per fissare le proprie idee e dar loro una linea direttrice, utile anche per discutere meglio con il proprio relatore che cosa si desidera fare. Eco poi fornisce un’utile descrizione pratica di come schedare fonti primarie e secondarie, annotando per ciascuna tutti gli aspetti fondamentali in modo poi da poterle associare e reperire facilmente nel momento in cui si assemblerà il materiale. Se i riferimenti a “grossi fogli di carta” e a “pennarelli a punta fine” possono sembrare anacronistici, di certo non è affatto superato il metodo estremamente analitico che Eco propone e che potrà facilmente essere replicato in Word e in Excel per una schedatura ancora più puntuale. E sempre a proposito della schedatura, Eco mette in guardia contro la tentazione di liquidare alcuni autori come insignificanti solo perché meno noti: “Bisogna registrare tutte le opinioni espresse sul nostro argomento, anche perché non è detto che le idee migliori ci vengano dagli autori maggiori”.
Vengono quindi i consigli per la stesura, tra cui “non siete Proust”, e quindi niente periodi lunghi, e “non siete e.e. cummings”, e quindi niente utilizzo creativo della punteggiatura, e poi assolutamente “non usate puntini di sospensione, punti esclamativi e non spiegate le ironie”. Nel medesimo capitolo, Eco illustra poi il sistema delle note e le corrette modalità per riprodurre le citazioni, fornendo una serie di esempi pratici.
In conclusione, “fare una tesi significa divertirsi e la tesi è come il maiale, non se ne butta via niente”. La scelta di un argomento di proprio interesse aiuta a fare le cose con gusto, aver selezionato un argomento non troppo ampio ma gestibile ed essersi concessi una quantità di tempo adeguato per venirne a capo aiutano ad affrontare il lavoro in modo più sereno.
“Voi dovete vivere la tesi come una sfida”, raccomanda lo scrittore, “Lo sfidante siete voi: vi siete posti all’inizio una domanda a cui non sapevate ancora rispondere. si tratta di trovare la soluzione in un numero finito di mosse. Talora la tesi può essere vissuta come una partita a due. Il vostro autore non vuole confidarvi il suo segreto, voi dovete circuirlo, interrogarlo con delicatezza, fargli dire quello che non voleva dire ma che avrebbe dovuto dire”.
Silvia Maina