“Come respirare. Discorso sulla musica e la sua anima” di Samuel Romano

Come respirare. Discorso sulla musica e la sua anima, Samuel RomanoSi intitola Come respirare. Discorso sulla musica e la sua anima il libro di Samuel Romano, per tutti Samuel, la voce dei Subsonica.

Afferma Samuel: «Fare musica per me è come respirare», «un atto necessario, tutto sommato semplice, naturale» al quale non ci si può sottrarre, «lo devi fare, punto e basta.»
«La musica è un’arma. E un mezzo»: «ci sono persone che per tutta una vita cercano il modo per poter essere felici, senza sapere che ascoltare un certo tipo di musica – il che implica uno studio, la devi cercare, trovare […] – li renderebbe sereni. Una volta che trovi la tua musica, quella che ti rispecchia, che tocca le corde giuste del tuo essere, potresti arrivare persino a conoscere meglio le tue emozioni. Puoi prenderle e portarle un po’ più in là, dove vuoi.»

Il musicista torinese apre il suo cuore, rivelandoci le sue riflessioni più intime; vive gli anni della maturità: «Comincio a sentire il peso degli anni. […] Avverto gli acciacchi, sì. Sull’orlo – meglio, il baratro – dei cinquant’anni registro così tanti scricchiolii sottopelle legati a questo corpo che mi accompagna al mondo che, quando finisco la tournée, so che dovrò dargli tempo di riassestarsi.»

Il tempo che passa registra il mondo che cambia e magari, «a un certo punto non riesci più a impadronirti di ciò che ti circonda. È lì, eppure ti sembra così lontano. Hai altre esigenze, cambia il modo di percepire. Prendi la trap, per esempio. Non è che perdi la capacità di valutare il fascino di un linguaggio nuovo sulla scena musicale, sai come si è sviluppato, da cosa è costituito, riesci a leggerne il codice […], sai anche quanto vi sia, probabilmente, necessità, oggi, di quel linguaggio. Pure, quella nuova tendenza non sarà mai tua.»

Anche la musica cambia: «Viviamo un’epoca che ha trasformato l’atto creativo in rapido gesto. Se penso ai dischi che facevo fino a qualche anno fa. Solo per realizzarli ci mettevamo un anno. E vivevano tre anni. Oggi invece i dischi si realizzano in un mese e durano sei mesi. E sarà sempre meno. […] Questo meccanismo di voracità che abbiamo innescato ha reso, inevitabilmente, più trasparente e sottile la musica che ascoltiamo. Anche il nostro orecchio è diventato più leggero. Si annoia più facilmente. Siamo passati dai brani degli anni Settanta che duravano quattro, cinque minuti, a brani che a volte ne durano solo due.»

Il talento, secondo Samuel, «è una parola spesso sopravvalutata», lui preferisce parlare di «naturalezza», mentre «il più delle volte ci si autolimita. Tutti si bloccano.» Conta semmai, per un musicista, avere «l’abilità di suscitare, generare emozioni nelle persone».
«La storia dimostra che una persona priva di talento ma estremamente determinata, dotata di una buona cultura di base, può ugualmente arrivare al successo. Paradossalmente il talento è l’unico elemento che può anche non esserci […] è il più effimero, e sostituibile, tra gli elementi base di un artista.»

«Conoscere il proprio mondo e avere determinazione, queste sono le doti più importanti.»

Samuel ha sempre cercato di essere se stesso: «Nelle frequentazioni personali, culturali, in ogni incontro fatto, registrato, ho cercato di non svendermi mai.» Perché «il musicista, in qualche modo, ha una funzione sociale. Dona agli altri la possibilità di vedere meglio le cose, con una profondità superiore. Una vita senza musica è più piatta, ha meno emotività, meno slancio. Saprai meno cose. Conoscerai meno vita.»

Ed è sempre la voce di Samuel ad ammonirci: «Fare quel che si ama. Da quando sei sveglio fino a sera. È l’unica cosa che ti renderà vivo, sino alla fine dei tuoi giorni.»

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