“Come ragioniamo” di Marcello Frixione

Prof. Marcello Frixione, Lei è autore del libro Come ragioniamo edito da Laterza: quali diversi tipi di ragionamento esistono?
Come ragioniamo, Marcello FrixioneIl ragionamento è un fenomeno complesso, e le varie forme di ragionamento possono essere classificate in modi diversi. La distinzione più importante è comunque quella tra ragionamenti deduttivi e ragionamenti non deduttivi. Nei ragionamenti deduttivi la conclusione è conseguenza logica delle premesse; vale a dire, se le premesse sono vere, allora necessariamente anche la conclusione deve essere vera. È il tipo di ragionamenti che viene studiato dalla logica. Ad esempio, dalle due premesse tutti gli uomini sono mortali e Socrate è un uomo segue logicamente la conclusione Socrate è mortale. Nelle forme di ragionamento non deduttivo (come ad esempio è il caso del ragionamento induttivo, si veda oltre la risposta alla domanda 4) la conclusione non è mai certa: anche ragionando “bene” a partire da premesse vere si corre sempre il rischio di giungere a una conclusione falsa. Se i ragionamenti deduttivi sono i più affidabili, tuttavia la loro utilità è limitata dal fatto che la conclusione è sempre già implicita nelle premesse, e non consentono quindi di pervenire a conoscenze nuove. Di conseguenza, sia nella vita di tutti i giorni, sia in ambiti specialistici (come ad esempio nella scienza, o nel ragionamento giuridico, o nella diagnosi medica) le forme di ragionamento non deduttivo sono di importanza fondamentale.

In quali errori e fallacie è possibile incorrere nel ragionamento?
Anche in questo caso, i modi di sbagliare sono tanti, e da secoli si è cercato di classificarli, procedendo lungo vie differenti. La più antica classificazione che ci è pervenuta delle fallacie (ossia, quei ragionamenti che sono errati ma che ad una analisi superficiale appaiono convincenti) risale ad Aristotele. Gli errori di ragionamento affliggono sia il ragionamento deduttivo, sia le forme di ragionamento non deduttivo. A mio avviso, il risultato più interessante che è emerso negli ultimi decenni nell’ambito delle ricerche della psicologia cognitiva è il fatto che gli esseri umani sbagliano in modo sistematico e regolare: gli esperimenti degli psicologi mostrano che tutti siamo portati a commettere errori in compiti che, rispetto alle teorie normative del ragionamento come la logica o la teoria della probabilità, dovrebbero risultare banali (si veda più oltre, la risposta alla quinta domanda). E questi errori non dipendono da fattori come la cultura di provenienza, il livello di istruzione o le capacità cognitive. Insomma, lasciati a noi stessi, perlopiù siamo tutti dei cattivi ragionatori. Questo giustifica l’importanza dell’educazione al ragionamento.

Che differenza esiste tra ragionamento formalizzato e ragionamento ordinario?
Per studiare il ragionamento i logici si mettono in condizioni, per così dire, “ideali”, prescindendo da tutta una serie di “elementi di disturbo” che affliggono il ragionamento quotidiano, o ordinario.

Ad esempio, nel ragionamento ordinario premesse e conclusioni sono espresse in linguaggio naturale, e le lingue naturali (come l’italiano, l’inglese o il greco antico) hanno una struttura sintattica che non è “trasparente” dal punto di vista logico: può accadere che enunciati con forma grammaticale simile abbiano forma logica profondamente diversa (un esempio banale è dato dai due enunciati Anna e Carla sono genovesi e Anna e Carla sono sorelle). Inoltre tutte le lingue naturali presentano casi di ambiguità: esistono espressioni identiche che hanno significati diversi. Per evitare questi problemi, in logica si impiegano linguaggi artificiali, che escludano le ambiguità e nei quali la forma grammaticale rispecchi la forma logica.

Inoltre la logica è una disciplina formale: la correttezza dei ragionamenti deve dipendere esclusivamente dalla forma logica di premesse e conclusioni, e non dal loro contenuto specifico. Le prestazioni inferenziali degli esseri umani nel ragionamento ordinario sono invece pesantemente influenzate dal contenuto.

O ancora: in logica si assume che tutte le premesse utilizzate in un ragionamento siano rese esplicite; nel ragionamento ordinario invece è quasi la norma che certe informazioni vengano date per scontate e assunte implicitamente.

Nei ragionamenti ordinari quindi la struttura logica, che viene messa in evidenza nei ragionamenti formalizzati, risulta spesso nascosta, e non sempre è ovvio riconoscerla.

Come si sviluppa il ragionamento induttivo?
L’induzione è un esempio tipico di ragionamento non deduttivo, di ragionamento cioè in cui la conclusione non è conseguenza logica delle premesse (si veda la risposta 1). Esempi di inferenza induttiva sono i seguenti:

Tutti i corvi osservati sino ad ora sono neri (premessa)
Quindi: Tutti i corvi sono neri (conclusione)

oppure:

Tutti i corvi osservati sino ad ora sono neri (premessa)
Quindi: Il prossimo corvo che osserverò sarà nero (conclusione).

Viene proposta cioè una generalizzazione a partire da una serie di casi particolari. Il carattere non deduttivo di queste inferenze è dato dal fatto che la verità delle premesse non garantisce quella della conclusione: anche se effettivamente tutti i corvi osservati sino ad ora sono neri, nulla esclude che da qualche parte possa celarsi qualche corvo, ad esempio, verde. Il ragionamento induttivo svolge un ruolo di primaria importanza in innumerevoli ambiti, dalla vita quotidiana alla pratica scientifica. Esso pone tuttavia anche complessi problemi filosofici, che hanno dato luogo a un lungo dibattito che, a partire da Hume, prosegue fino ai giorni nostri.

Quale ruolo svolge la probabilità nel ragionamento?
Ragionare sulle probabilità è di importanza cruciale in molti settori (si pensi ad esempio all’ambito medico). Tuttavia anche nel ragionamento probabilistico gli esseri umani sono tutt’altro che ragionatori perfetti, e sono vittime di errori sistematici del tipo di quelli discussi nella risposta alla seconda domanda.

Ad esempio, in base a un principio elementare del ragionamento probabilistico, la probabilità di una congiunzione “A e B” non può mai essere maggiore delle probabilità dei due congiunti A e B considerati separatamente. Tuttavia, in un esperimento che è diventato un classico di questo settore di ricerca, gli psicologi Amos Tversky e Daniel Kahneman hanno dimostrato che questo assunto viene sistematicamente violato dai ragionatori umani. Ai soggetti dell’esperimento viene presentato il profilo di un personaggio immaginario chiamato Linda: “Linda è una trentenne, single, molto brillante. Si è laureata in filosofia, e da studentessa si interessò molto ai problemi di discriminazione e della giustizia sociale, e partecipò anche a manifestazioni antinucleari”. Dopo di che ai partecipanti viene chiesto di valutare se sia più probabile che

i. Linda è impiegata di banca

oppure che

ii. Linda è impiegata di banca e femminista.

Ci troviamo esattamente nella situazione menzionata sopra: ii. è una congiunzione di cui i. è uno dei congiunti, per cui la probabilità di ii. deve essere minore rispetto a quella di i. Tuttavia, la maggior parte delle persone ritiene erroneamente ii. più probabile di i.

Che cos’è un ragionamento non monotòno e quali logiche segue?
In matematica una funzione si dice monotòna se ha un andamento sempre crescente oppure sempre decrescente. Analogamente, il ragionamento deduttivo viene detto monotòno in quanto l’insieme delle conclusioni cresce monotonicamente al crescere dell’insieme delle premesse: se, dato un certo insieme di premesse, aggiungo delle premesse nuove, non può accadere che alcune delle conclusioni che potevo trarre in precedenza debbano essere scartate. Viceversa, il ragionamento non deduttivo è non monotòno: aggiungendo premesse nuove può accadere che alcune delle conclusioni precedenti debbano essere eliminate.

Un esempio classico di ragionamento non monotòno è il seguente (si tratta di un caso di ragionamento per default). Date le due premesse:

Gli uccelli tipicamente sono in grado di volare.
Titti è un uccello

si trae la conclusione:

(*) Titti (fino a prova contraria) è in grado di volare.

Cioè, in mancanza di informazioni più specifiche, si assume provvisoriamente che Titti abbia le caratteristiche di un uccello tipico, e che quindi possa volare. Ma supponiamo ora che si ampli l’insieme delle premesse aggiungendo:

I pinguini sono uccelli atipici che non sono in grado di volare.
Titti è un pinguino.

Ora la conclusione (*) dovrà essere scartata. Si tratta di una forma di ragionamento in cui si “salta alle conclusioni” a partire da informazioni incomplete (come spesso siamo costretti a fare in innumerevoli situazioni reali), con la consapevolezza che tali conclusioni potrebbero dover essere ritirate; in ciò consiste il carattere non monotòno di queste inferenze.

Data l’importanza di questo tipo di inferenze in innumerevoli contesti, ne sono stati proposti modelli di tipo logico (le cosiddette logiche non monotòne), sviluppati soprattutto nell’ambito dell’intelligenza artificiale.

In che modo limiti di informazioni e limiti di risorse condizionano il ragionamento?
In quanto agenti razionali finiti, noi siamo sottoposti fondamentalmente a due tipi di vincoli: a) limiti nell’accesso alle informazioni; b) limiti di risorse computazionali. Per quel che concerne il punto a), noi non possiamo accedere a tutte le informazioni che potrebbero esserci utili. Di qui la necessità di “saltare alle conclusioni” a partire da informazioni incomplete, come accade nel ragionamento per default (si veda la risposta precedente). Ma anche se potessimo disporre di tutte le informazioni necessarie, altre difficoltà resterebbero irrisolte. Svolgere compiti inferenziali è infatti estremamente costoso dal punto di vista delle risorse computazionali richieste, ossia del tempo di calcolo e dello spazio di memoria impiegati. Ad esempio, già il ragionamento proposizionale, che è la forma di ragionamento più semplice studiata dai logici, richiede risorse che presumibilmente risulterebbero proibitive non solo per gli esseri umani, ma per qualunque ipotetico calcolatore che realisticamente si potrebbe concepire. In ciò consistono i limiti di cui al punto b). E questo giustifica il fatto che spesso nel ragionamento ordinario si adottino euristiche, ossia “scorciatoie” che perlopiù funzionano ma che talvolta possono indurre in errore.

In sintesi, il fatto che gli esseri umani siano tutt’altro che ragionatori perfetti potrebbe dipendere da una combinazione di fattori diversi.

Marcello Frixione insegna presso l’Università di Genova, e ha insegnato presso l’Università di Salerno. Ha tenuto, tra gli altri, corsi di Filosofia della mente, Logica, Filosofia del linguaggio e Filosofia delle scienze cognitive. La sua attività di ricerca si situa nell’ambito della filosofia delle scienze cognitive. Oltre a Come ragioniamo (Laterza, 2007-2021), ha pubblicato vari volumi – tra cui Filosofia del linguaggio (con Massimiliano Vignolo, Mondadori Università, 2018), Introduzione alle logiche modali (con Samuele Iaquinto e Massimiliano Vignolo, Laterza, 2016) e Funzioni, macchine, algoritmi (con Dario Palladino, Carocci, 2004) – e numerosi articoli su riviste specialistiche.

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